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FORMULA 1
GP INDIA
COMPAGNI DEBOLI?
PILOTA ANTIPATICO?
Altra obiezione: ha corso con un compagno di squadra molto più
debole di lui. Vero anche questo, e vero anche che in qualche (ehm,
ehm…) caso il team ha avuto un occhio di riguardo per il Prescelto
(da Helmut Marko) piuttosto che per Crocodile Calimero. Ma anche
questo fa parte del gioco, anche se è lecito – e qui ricadiamo nel caso
delle domande che non avrannomai risposta – chiedersi se Seb aves-
se vinto tanto se al suo fianco invece di un Webber si fosse trovato,
come capitò a Prost, un nuovo Senna. Alzi la mano chi può dirlo.
Terza obiezione: Vettel è antipatico, quindi non può essere il più
grande. Obiezione odiosa, e che Sebastian ha confessato di aver
accusato inmaniera pesante quest’anno. E’ vero, inMalesia, quando
sorpassò a tradimentoWebber, le critiche le andò a cercare. E il prez-
zo di quel gesto poco sportivo le ha pagate poi in Canada a Monza,
e a Singapore, con i fischi sotto il podio. Ci sono campioni del cuore,
come sono stati Senna e Villeneuve (che pure non ha mai vinto nul-
la), che si incidono nella memoria al di là dei titoli e dei Gran Premi
vinti, delle pole segnate, dei punti conquistati. E probabilmente Vet-
tel non faràmai parte della categoria. Ma non è questo un buon argo-
mento per sporcare i suoi grandi meriti.
CAMPIONE DI ETICA
E GRAN LAVORATORE
All’inizio della carriera era un “bambino” di talento, ma che si inner-
vosiva troppo quando il gioco si faceva duro, che sorrideva e dispen-
sava battute dopo le pole, ma si irritava quando gli toccava di dover
rimontare o battagliare. Il Vettel tetra-campeon è un pilota maturo,
un campione che sa sudarsi le vittorie faticando anche durante le
libere, i test, dannandosi nei briefing con gli ingegneri. Si chiama
etica del lavoro, e in questo Vettel ricorda da vicino Schumacher. Un
fuoriclasse che i sorpassi li sa fare, eccome, e anche quando servono.
Che sa domare alla perfezione la sua Red Bull spremendone fuori
un rendimento ancora superiore al previsto (ad esempio in uscita di
curva). Poi c’è il rovescio della medaglia, gli argomenti portati da chi
quando Bernie Ecclestone lo definisce “migliore di Senna” e “pari a
Roger Federer o Muhammed Ali”, si sentono ribollire il sangue. Vet-
tel vince perché la sua Red Bull è migliore delle altre monoposto. E
qui è tanto difficile tentare di separare con il bisturi i meriti di Vettel
da quelli (grandissimi) di Newey & Co., quanto probabilmente inu-
tile. In F.1 non si si vince con una macchina più debole della concor-
renza: non ne sarebbe capace Vettel, né lo avrebbero fatto Fangio,
Prost, Schumacher o Senna. I grandi piloti sanno, però, estrarre il
meglio da una vettura, e Vettel questo lo ha fatto spesso, se non sem-
pre. Non sapremo mai se Alonso o Hamilton al suo posto sarebbero
riusciti a fare altrettanto. Il sospetto c’è, ma è una delle tante doman-
de a cui lo sport non può dare una risposta. In questo senso para-
gonarlo a Schumacher ha un senso, a Fangio, che ha corso in un’epo-
ca lontana e tanto diversa, molto meno.
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