Italiaracing.net Magazine - page 66

66
INDYCAR
DARIO FRANCHITTI
Massimo Costa
Anche i colossi hanno un’anima. Una spina
dorsale che può fare crack. Un cervello che
può rischiare di fare le bizze. E Dario Fran-
chitti ha detto stop, troppi rischi, troppa
paura di finire come uno di quei giocatori
di football che, a forza di botte in testa, si
ritirano quarantenni, ma mentalmente
provati come ottantenni. E come non capir-
lo. A 40 anni compiuti lo scorso 19 maggio,
lo scozzese di Edimburgo ha dunque deci-
so, su consiglio medico, di appendere defi-
nitivamente il casco al chiodo. Non è il
modo migliore per fermare la sua passione,
il suo lavoro, per rompere col suo grande
amore. Ma non si poteva fare diversamen-
te. L’incredibile volo contro le reti di prote-
zione nella penultima gara IndyCar del
2013 nel tracciato cittadino di Houston, il
7 ottobre, rimarranno le ultime immagini
agonistiche di una lunga e prodigiosa car-
riera sviluppatasi negli Stati Uniti. In
quell’occasione, Franchitti aveva riportato
fratture alle vertebre e ad una caviglia oltre
che una nuova commozione cerebrale dopo
quelle accumulatesi nel corso degli anni. Il
recupero è stato lento e positivo, ma a un
mese dal contatto conTakuma Sato e il con-
seguente decollo verso le reti che avevano
reso la suamonopostoDallara un ammasso
di ferraglia e carbonio, capace di assorbire
a meraviglia l’impatto, è arrivata la senten-
za degli specialisti in camice bianco. Basta
con le corse. Dura da digerire e infatti Fran-
chitti sta ancora metabolizzando: “Sarà
complicato non salire più su una monopo-
sto o un altro tipo di vettura da competizio-
ne, non vivere le emozioni di una gara.
Avrei preferito fermarmi in altra maniera,
ovviamente, le corse sono la mia vita. Ho
40 anni, 30 ne ho trascorsi sulle piste, pote-
te capire quanto sia difficile impormi che
ora non dovrò più mettere il casco. Ero
pronto per partecipare al campionato 2014
con Ganassi, avrei voluto provare a vincere
di nuovo la 500 Miglia di Indianapolis, ma
è tutto finito. Devo un attimo capire quel
che farò, magari potrei rimanere nel mon-
do del motorsport e mettere a disposizione
la mia esperienza. Ne parlerò con Chip
Ganassi. Come diceva il mio amico Greg
Moore, ci vediamo là davanti”.
Già, non è un caso che nel suo commiato
Franchitti abbia ricordato le parole del
canadese, scomparso drammaticamente
nel 1999 nell’ultima gara CART di Fontana.
Lo scozzese e Moore erano molto uniti e
quell’incidente lo ha segnato tantissimo.
Nel 2000, Franchitti nel ruolo di vice cam-
pione non ha saputo mai esprimersi sui
livelli della stagione precedente anche a
causa di un violentissimo contatto con le
barriere a Homestead che l’aveva lasciato
con un’altra commozione cerebrale, e due
fratture a bacino ed anca. Un altro dramma
lo ha colpito nel cuore 12 anni dopo quando
nella corsa finale Indycar del 2011 a Las
Vegas, ha trovato la morte Dan Wheldon,
inglese come lui, emigrato in USA alla
ricerca del successo. Due famiglie, quella di
Wheldon e Franchitti (all’epoca ancora
sposato con l’attrice Ashley Judd) che si
frequentavano al di fuori dei paddock. E
anche in questo caso, Franchitti, che nel
2011 si era laureato campione, l’anno
seguente non è più stato lui. Ma se il “buio”
del 2000 è stata una parentesi, il dopo
Wheldon è proseguito per tutto il 2013.
Aveva perso il tocco Franchitti. Nessuna
vittoria, col team Ganassi, per due campio-
nati interi mentre il suo compagno Scott
Dixon dopo il difficile inizio di campionato
2013, risolti i problemi di assetto ha saputo
recuperare fino alla conquista del titolo.
Forse i 40 anni hanno iniziato a farsi sen-
tire, forse la delusione derivante dalla rot-
tura con la moglie ha avuto il suo effetto
così come la tragica scomparsa diWheldon.
Poi, quel suo incidente di Houston, che iro-
nia della sorte l’ha ricongiunto con Ashley,
ma l’ha separato dalla sua grande passione.
Un botto ha ricordato altri voli terrificanti
di Franchitti. Nel 2007 sul veloce ovale di
Michigan si è agganciato in pieno rettifilo
con Wheldon (guarda il destino) mentre
lottavano per il comando. Dario è decollato
è poi colpito dalle vetture che seguivano.
Sembrava una pallina che rimbalzava via.
Ne è uscito illeso. Poche settimane dopo, un
altro volo inquietante sull’ovale del Kentuc-
ky, addirittura a gara finita, quando ha col-
pito il posteriore della vettura di Matsuura,
ha compiuto due giravolte in aria cadendo
di taglio contro il muro. Ancora illeso, per
fortuna. Anche in Nascar, dove era emigra-
to tentando nuove esplorazioni, a Talladega
2008 dopo un testacoda è stato colpito in
pieno da un avversario nella fiancata del
guidatore. Ne è uscito piuttosto scosso, con
una caviglia a pezzi ed una carriera stock-
car praticamente finita. Insomma, la fortu-
na è spesso stata dalla sua parte, un po’
meno nel 2003 quando cadendo dallamoto
nei pressi della casa di famiglia a Edimbur-
go, sollecitò le vertebre è fu costretto a un
lungo stop. Dieci anni fa gli hanno dato l’ok
per tornare in pista, oggi non più. Quelle
vertebre sono state troppo sollecitate ed è
anche emerso che Franchitti, per i colpi
ricevuti, ha anche qualche problema di
memoria. Insomma, meglio salutare le cor-
se, nulla cancellerà i quattro campionati
vinti e le tre 500Miglia di Indianapolis con-
quistate.
Franchitti con l’amico Dan Wheldon
Indianapolis 2010
1...,56,57,58,59,60,61,62,63,64,65 67,68,69,70,71,72,73,74,75,76,...102
Powered by FlippingBook