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FIA GT
GARE A BAKU
NATO PER DURARE
LA CITTÀ LO MERITA
Già, perchè se una cosa è chiara è che il
Baku World Challenge è nato per durare.
Lo vuole il governo azero, affamato di even-
ti internazionali che consentano di mettere
in mostra sulla scena globale un paese in
piena crescita che in pochi conoscono e
sanno collocare al posto giusto su un map-
pamondo; lo vogliono i munifici sponsor
locali legati al petrolio che è il toccasana del
paese, primo fra tutti, Manuchehr Khan-
gah, patron del gruppo Aztexnika, che ha
pagato il conto quest’anno; lo vuole Ratel,
cui non pare vero di aver trovato un evento
di prestigio a costo zero per il suo campio-
nato; lo vogliono i team e l’élite del GT,
attratti dalla novità e dai ricchi premi. Dove
esiste più una gara dove ti pagano per veni-
re a correre e il vincitore intasca un assegno
di 100.000 euro? “Vogliamo fare di Baku
l’evento stellare del GT, come Montecarlo
lo è per la F.1 oMacao per la F.3”. Come cit-
tà, Baku sarebbe certamente degna di un
tale onore e molto più interessante di tante
altre spuntate fuori dal e sul nulla. Ricca di
una storia millenaria, nel crocevia di tante
culture, la “città delle luci”, sorge su una
stupenda baia sul Caspio ed è un patchwork
di stili architettonici, dal moresco al neo-
classico, dalla grandiloquenza sovietica al
futurismo più audace. Vi si respira l’aria
frizzante di una società in piena crescita e
che si apre al mondo, un’aria non ancora
inquinata dal consumismo sfrenato della
recente abbondanza né rarefatta da estre-
mismi religiosi né da diatribe politiche che
il regime blindato sull’altare delle grandi
priorità nazionali: la riconquista della pro-
pria identità e lo sviluppo.
TRACCIATO CITTADINO
A SUD DELLA BAIA
A Baku, per la verità, si era già corso lo scor-
so anno, quando Hartmut Bayer, il promo-
tor specializzato nel creare circuiti urbani
(ricordate Bucarest?) organizzò una gara di
GT e una di F.1 storiche nelle vialoni del cen-
tro, attorno al mastodontico Palazzo del
Governo. Da allora sembra essere passata
una vita, perchè è cambiato tutto. Il traccia-
to si è spostato a suddella città, nel quartiere
a suddella baia, caratterizzatoda ampi spazi
sul bel lungomare e dove sorgono il penno-
ne con l’immensa bandiera, che è una delle
immagini più caratteristiche di Baku, e il
Crystal Hall, altro vanto degli azeri, legato
ad un momento di gloria. E’un palaspetta-
coli costruito in tempo record per ospitare
l’Eurofestival del 2012, conseguenza del
successo nella rassegna canora nel 2011 e
primo evento davvero globale organizzato
(con successo) dal paese. In quanto a Bayer,
è statomessoda parte quando è sorta la pos-
sibilità di avere un evento inquadrato in un
campionato FIA, cosa che è avvenuta quasi
casualmente tramite Thierry Boutsen,
riconvertitosi in uomo d’affari di successo.
Venuto da queste parti a vendere jet privati,
l’ex pilota di F.1 è stato decisivo per mettere
in contatto gli azeri, Ratel e la FIA. Non è
un caso dunque che tutta la parte operativa
e logistica del progetto sia stata affidata a
un’organizzazione belga, capeggiata da
Jean-François Chaumont, il coordinatore
della 24 Ore di Spa, e che belgi fossero pure
la maggior parte degli ufficiali di gara, con
Pierre Delettre race director e il citato
Bruynseraede come ispettore FIA, mentre i
commissari di percorso erano, in maggior
parte, quelli dell’Hungaroring, una scelta
felice per lamaggior vicinanza culturale con
gli interlocutori locali.
BOUTSEN AMBASCIATORE
PRIMA I RALLY POI LA F.1
In quanto a Boutsen, è stato intronizzato
ambasciatore e simbolo dell’evento, il che
lo ha costretto a rimettersi al volante del-
l’Arrows F.1 biposto per poter scorrazzare
gli ospiti locali e il suo amico Khangah. Ma
Thierry, oggi 55enne, rassicura: “Non ho
nessuna intenzione di tornare a correre, è
un capitolo chiuso. E’ stato simpatico
rimettersi nell’abitacolo di unamonoposto,
non succedeva da vent’anni esatti. Ho fatto
le cose per bene, facendo pure un test di
preparazione a Magny-Cours qualche set-
timana fa. Sono rimasto stupito da come gli
automatismi tornino velocemente, ma non
cambio idea... Sono tornato al volante solo
per far piacere agli ospiti e agli amici”, fra
cui anche sua moglie Daniela.
Gli azeri, in ogni caso, non intendono fer-
marsi qui. Affacciatisi al motorsport mon-
diale con il Baku World Challenge, vogliono
farsi un posto al sole e cominciare a svilup-
pare l’automobilismo locale che, fuoristrada
a parte, è inesistente, per mancanza di infra-
strutture. Hirmat Aliyev, un entuasiasta
ragazzotto che dirige la federazione locale, si
rifà addirittura alle carovane “via della seta”
che attraversavano il Caucaso tanti secoli fa
per spiegare la passione degli azeri per qual-
siasi cosa si muova su ruote, anche se lo stile
di guida locale sembra una sfida alla ragione,
e ammette: “Abbiamo parlato con Jean Todt
e potremmo avere un rally mondiale dopo il
2015”. La topografia estremamente variega-
ta del “Paese del Fuoco”, che ha ben nove
degli undici tipi di clima ufficialmente reper-
toriati nel mondo, certamente si addice a un
rally. Ma Aliyev conferma anche che l’obiet-
tivo supremoè avereuncircuitopermanente
e un GP di Formula 1 nel giro di cinque anni.
Una nazione di appena nove milioni di abi-
tanti benedetta dall’oro nero, che qui non è
solo il caviale degli storioni del Caspio, e che
prima della crisi mondiale aveva un incre-
mento annuo del PIL che viaggiava attorno
al ... 24%, ha tutti i mezzi necessari per inse-
guire qualsiasi sogno...
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