Italiaracing.net Magazine - page 29

Carlo Baffi
L’Havana, 24 febbraio 1958. Sono le sei pomeri-
diane, quando il cinque volte iridato argentino
JuanManuel Fangio, si intrattiene con un gruppo
di amici, tra cui il manager Marcello Giamberto-
ne, nellahall del famosoHotel Lincoln, dove allog-
gia nella stanza 810. Fangio ha da poco concluso
le prove del Gran Premio di Cuba, dove al volante
di una Maserati 450S ha siglato la pole position a
pari merito con l’inglese Stirling Moss su Ferrari
335 S. La corsa, ha luogo infatti sul circuito citta-
dino ricavato dal Malecon, i 5 chilometri di lungo-
mare che collegano il porto al quartiere residen-
zialediMiramar. Unevento voluto a tutti i costi da
Fulgencio Batista y Zaldivar, presidente e dittato-
re, allo scopo di migliorare la propria immagine e
attirarefacoltosituristidaiviciniStatiUniti.Lapri-
ma edizione, targata 1957, ha riscontrato un note-
volesuccessoedhasalutatol’affermazioneproprio
di Fangio al volante di unaMaserati 300S. Batista
cerca in tutti i modi di rilanciare l’economia di un
paese, dove la corruzionedilaga e buonapartedel-
le finanze sono nelle mani della mafia statuniten-
se. Da qui il malcontento sfociato dapprima nel-
l’opposizione politica, successivamente trasfor-
matasi nel movimento rivoluzionario. Non man-
cano gli scontri a fuoco tra l’esercito regolare ed i
ribelli, capitanati dall’avvocato Fidel Castro Ruz,
forti anche dell’arrivo di volontari tra cui il medi-
co argentino Ernesto Guevara (il celebre “Che”).
Ovviamente, Fangio è la star dellamanifestazione,
si dice che il governo gli abbia pagato un ingaggio
dicirca7.000dollari.IlMinistrodelleForzeArma-
te,ilpotentegeneraleFernandezMirandahaaddi-
rittura organizzato in suo onore un fastoso ricevi-
mento pochi giorni prima della corsa.
DALLO SCHERZO ALLA REALTÀ
Una serata di gala dove peròGiambertone è rima-
sto vittima di un pesante tiro mancino architetta-
to da Fangio e dagli stessi militari. Il manager del
campione viene improvvisamente arrestato con
l’accusa di essere una spia dei castristi e solo una
volta trasferito al comando delle prigioni, viene
informato dello scherzo. Una situazione parados-
sale che pare andare in scena anche la sera del 24
febbraio,quandoungiovanealtoecorpulentocon
la giacca di cuoio, si avvicina alle spalle di Fangio
e gli punta ad un fianco la canna di una pistola
calibro ’45. “Nel nome del movimento “26 di
luglio”, seguitemi !” – è la frase pronunciata dal-
l’uomo, al secolo Manolo Uziel. Il campione cre-
de si tratti di una vendetta di Giambertone, ma
quando leminacce vengono rivolte anche al grup-
po di amici, realizza che c’è poco da scherzare. In
un attimo Fangio viene spinto in strada, dove lo
attende una Buick grigia col motore acceso, intor-
no alla quale vi sono due individui, probabilmen-
te i “pali”. Una volta dentro la macchina, gli ven-
gono fatti indossare unpaiodi occhiali scuri edun
cappello, per renderlo irriconoscibile. Ormai con-
vinto che si tratti di un rapimentoa scopodi estor-
sione, l’argentino chiede notizie inmerito a quan-
to stia accedendo. Uziel, porge dapprima le sue
scuse e poi spiega che si tratta di un gesto politi-
co, allo scopo di richiamare l’attenzione mondia-
le verso il “Movimento 26 luglio”, l’organizzazio-
ne legata a Castro, le cui gesta vengono minimiz-
zate dal regime. Equale occasionemigliore senon
quella di sequestrare il più grande pilota del
momento, privando il Gran Premio di Cuba della
suapartecipazione?Sarebbeunveroepropriocol-
po basso a Batista.
IL CAMPIONE RAPITO DAI RIBELLI
“Senor, se rimarrete tranquillo non le faremo
alcun male.” – assicura Uziel, aggiungendo che
una volta terminata la corsa, finirà anche la pri-
gionia. Parole che rassicurano non poco Fangio, il
quale si rende conto che è soprattuttonell’interes-
se dei ribelli, garantire la sua salvaguardia. Il viag-
gioperòsubiscesubitouncontrattempo;causaun
banale incidente nel traffico, il commando deve
cambiare auto e proseguire a bordo di una Ply-
mouth nera. La meta dovrebbe essere un covo
sicuro, ma Uziel fa prima tappa a casa sua per
mostrare il penta campione ai propri familiari.
Unaleggerezzachefaemergereunacertaingenui-
tàdapartedi questi sedicenti rapitori. Intantoall’-
Hotel Lincoln, Giambertoneha contattato il gene-
raleMiranda, che credendo, a suavolta, inunpro-
seguimento dello scherzo, riattacca il telefono,
dopo una fragorosa risata. E così fa pure Ernesto
Azua, direttore della corsa. Giambertone è incre-
dulo e al tempo stesso sgomento. Viene però rag-
giunto poco dopo da una telefonata di Miranda.
Questa volto il tono è serio; pare infatti che una
terza persona gli abbia confermato il sequestro.”
Ho già mobilitato i miei uomini, Fangio salterà
fuori” – sentenzia il generale, che pare preoccu-
patoancheperviadiunatelefonataricevutadiret-
tamente dal Presidente, infuriato per l’episodio.
LE BARRICATE DI MOSS
In pochi minuti gli automezzi della polizia circon-
dano il quartiere e danno inizio alle perquisizioni
casa per casa. Fangio ha nel frattempo raggiunto
unavilladovevienericevutodaduedonneelegan-
ti e da un altro membro del commando. L’acco-
glienza è ottima,ma il soggiorno è breve. Il prigio-
niero va trasferito in un’altra dimora, al fine di far
perdere le tracce. Una strategia che funziona dal
momento che i rastrellamenti non portano ad
alcun risultato. Giambertone si vede così costret-
to a recarsi presso alcune stazioni radio-televisive
per rivolgere un appello ai “barbudos, chiedendo
loro la liberazione dell’ostaggio. La rapida diffu-
sione della notizia, agita anche gli organizzatori
che iniziano a temere per la sorte degli altri piloti
iscritti al Gran Premio. Lo stesso Azua fa visita ai
partecipanti pregandoli di non uscire dai rispetti-
vi alberghi, o di cambiare stanze. Nel caos gene-
rale non mancano anche i siparietti comici, come
quando Azua, recatosi all’Hotel Nazionale, bussa
invano alla camera di Moss, non ricevendo alcu-
na risposta dall’inglese, che sospettando si tratti
diuntruccoperrapireanchelui,s’èbarricatomet-
tendo una poltrona contro la porta.
LA CORSA SI TRASFORMA IN TRAGEDIA
Tutto ciò, mentre il “giro turistico” di Fangio pro-
segue: altra auto, altra residenza, ma sempre
all’insegna della cortesia. Anzi, i nuovi padroni di
casa si mostrano perfino interessati alle corse
automobilistiche, verso cui qualcuno mostra
anche una discreta competenza. La conversazio-
ne viene però interrotta, quando la radio trasmet-
te il messaggio di Giambertone, che alla fine riu-
sciràasortireuneffettopositivo.Versol’albainfat-
ti, il manager dell’argentino riceve una telefonata
al Lincoln. Sono i rapitori, che dopo aver dato ras-
sicurazioni sullo stato di salute di Fangio, annun-
ciano che la liberazione avrà luogo appena termi-
nata la corsa. Giambertone provvede subito a
chiamare in Argentina la moglie del pilota, pre-
gandola di essere paziente e al tempo stesso fidu-
ciosa. Trascorsa una nottata tranquilla, Fangio ha
modo di consumare una sostanziosa colazione e
poi via, verso nuovi nascondigli. Nel pomeriggio
Fangio può ascoltare la cronaca del Gran Premio,
apprendendo che la sua Maserati è stata ugual-
mente schierata in griglia e che al volante c’è il
francese Maurice Trintignant. A posteriori, la
mancata presenza in pista si rivelerà quasi un
bene, dal momento che la gara verrà funestata da
ungraveincidente.IlpilotacubanoGarciaCifuen-
tes perde il controllo della propria vettura che
finendo tra il pubblico causa sei vittime e 31 feri-
ti. Una tragedia che induce gli organizzatori ad
interrompere la competizione (vinta da Moss) e
che getta ulteriore discredito nei confronti degli
organizzatori e del governo stesso.
L
A TENSIONE AL POSTO DI BLOCCO
Verso sera, Fangio apprende che è giunto il
momento del commiato: “Gradiremmo riavervi
tra noi Senor Fangio, quando Cuba sarà liberata
dal regime di Batista” – dice Faustino Perez, lo
stratega dei rivoltosi. Terminata la cena, ripren-
dono i viaggi in auto. E come in tutte le spy story
chesirispettano,nonmancanemmenolasuspen-
ce finale.Nel corsodell’ultimo tragittoverso l’Am-
basciata Argentina, luogo scelto per il rilascio, la
macchina si imbatte in un posto di blocco. I poli-
ziotti però vogliono solo accendersi le sigarette e
non riconoscendo il campione, gli chiedono se ha
del fuoco. Mentre Fangio, con tanto di cappello e
occhiali scuri risponde che non fuma, uno degli
accompagnatori porge un fiammifero alla guar-
dia. Sono attimi di grande tensione, che svanisce
non appena l’autopuò ripartire. Sono ormai le 22,
ed ecco che la Ford giunge a destinazione. “El
chueco”, come viene soprannominato in Argenti-
na il fuoriclasse, scende e si dirige verso l’amba-
sciata scortato da uno dei suoi accompagnatori,
che ad un certo punto si congeda dicendo: “Siete
libero Senor e scusateci ancora per il disturbo.” A
Fangio non resta che varcare la porta e riabbrac-
ciare Giambertone che lo sta attendendo freneti-
camente. Cala così il sipario, dopo 27 ore, su una
vicendachehadettadellostessoFangiononfupoi
così traumatica, anzi. Piuttosto diede un grosso
risalto al movimento castrista, che il 30 dicembre
di quello stesso anno, sconfisse nella battaglia di
Santa Clara l’esercito di Batista e prese il potere.
Fangio conservò sempre un ottimo ricordo dei
suoi sequestratori, tanto che nel 1982 fece ritorno
nell’isola per incontrare Perez, divenuto Ministro
del Commercio con l’estero. Un rendez-vous
anche per fini commerciali, visto che “El chueco”
ricoprendo il ruolo di presidente della Mercedes
Argentina, cercò di vendere dei camion ai cubani.
Business che però non gli riuscì.
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