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FORMULA 1
GP UNGHERIA
Filippo Zanier
Da una parte l'orgoglio del campionissimo che non si
arrende mai e che, tanto per mettere le cose in chiaro,
negli ultimi due Gran Premi ha recuperato la bellezza
di 36 posizioni. Dall'altra un pregiudizio nei confron-
ti della squadra che cresce sempre più: perché pur se
campione sei comunque umano e se di due macchine
quella che si rompe è sempre la tua, se per due volte
di fila un problema tecnico in qualifica ti costringe a
prendere il via ultimo mentre il tuo compagno si pren-
de la pole, è normale iniziare a dubitare. E se poi in
gara nonostante tutto riesci a tornare davanti e ti arri-
va un ordine di scuderia, lasciare strada "a quell'altro",
tedesco come il marchio che rappresentate, allora for-
se davvero non è un caso. Forse il tuo team ti sta gio-
cando contro, forse hanno già deciso chi deve vincere
il mondiale e ti stanno trasformando nel Mark Web-
ber caraibico, forse il marketing vale più della pista, e
chissà cos'altro. Fantasmi, dubbi più che umani che si
affollano nella mente di Lewis Hamilton dopo il Gran
Premio in terra magiara, sospetti che ormai l'ex irida-
to non nasconde nemmeno più. Emblematiche in tal
senso le sue parole dopo la qualifica, dopo aver dovu-
to parcheggiare la sua W05 a bordo pista con il retro-
treno avvolto dalle fiamme: "Siamo al punto in cui non
è più sfortuna, deve essere qualcos'altro. Tante cose
mi stanno passando per la testa, ma cercherò di tra-
sformarle in energia positiva", ha detto alla stampa
britannica.
Detto fatto: dopo uno spavento a inizio gara, con un
testacoda alla curva 2 del primo giro che resterà l'uni-
co errore di una corsa straordinaria, Lewis ha dato
spettacolo. Sull'Hungaroring, pista su cui non si sor-
passa (dicono gli altri), Hamilton ha dato il via a un
vero e proprio festival della rimonta che lo ha visto
sopravanzare sette vetture nei primi sei giri, guada-
gnare altre cinque posizioni grazie al tempismo fortu-
nato della safety-car e poi appiccicarsi a SebastianVet-
tel alla ripartenza, mettendolo sotto pressione costan-
te fino a indurlo all'errore, il testacoda del 31° passag-
gio all’ultima curva. Il capolavoro è continuato con un
clamoroso sorpasso all'esterno su un arcigno Jean-
Eric Vergne tre tornate più tardi e, una volta a pista
libera, con un ritmo impressionante impresso alla pro-
pria gara, soprattutto tenendo conto che il britannico
era su una strategia a due soste e che gli pneumatici
medium con cui ha affrontato il secondo stint di gara
dovevano durare per ben 30 giri. A impreziosire il tut-
to, poi, è arrivata a gara e gomme quasi finite la resi-
stenza strenua nei confronti di Daniel Ricciardo pri-
ma, con l'australiano che è passato solo dopo nume-
rosi tentativi, e di Rosberg poi, di cui ha respinto con
cattiveria l'unico attacco nonostante il tedesco dispo-
nesse di gomme soft praticamente nuove. Un terzo
posto dai toni epici, insomma, che avrebbe avuto tut-
to per permettere a Lewis di entrare nella pausa esti-
va tranquillo: rimonta da annali, tre punti recuperati
al suo rivale nella corsa al titolo (ora Hamilton è a -11
da Rosberg) e una bella iniezione di fiducia.
E invece no. Ironia della sorte, Hamilton esce da uno
splendido GP d'Ungheria con ancora più dubbi e pen-
sieri di quanti non ne avesse all'indomani di Hocken-
heim. La ragione è un ordine di scuderia inatteso che
il pilota inglese si è sentito risuonare nelle cuffie a ven-
ti giri dalla fine, una richiesta di fare passare Rosberg
che, alle sue spalle, era leggermente più rapido e sta-
va correndo su una strategia a tre soste.
Una decisione puramente pragmatica quella di Toto
Wolff e Paddy Lowe, tesa a permettere a Nico di sfrut-
tare al massimo il miglior passo garantito dalle gom-
me fresche, ma che ha ignorato del tutto l'impatto psi-
cologico che un approccio del genere avrebbe avuto su
Hamilton. Mercedes in vantaggio siderale sulla con-
correnza in campionato, appena 14 lunghezze di
distacco tra i due piloti alla vigilia della gara, perché il
pilota inglese avrebbe dovuto accettare improvvisa-
mente i galloni di numero due, cedendo strada al com-
pagno? Un peccato di ottimismo, quello del muretto
Mercedes, riportato immediatamente alla realtà dalla
risposta di Lewis: "Non rallento per Nico. Ditegli che
si avvicini, se riesce a farlo abbastanza può provare a
passare". Un atto di insubordinazione per certi versi,
un atto di giustizia per altri, come ha provato a spie-
gare lo stesso Hamilton dopo la gara: "Nico non era
abbastanza vicino, per farlo passare avrei dovuto ral-
lentare e perdere terreno su Alonso e Ricciardo. E poi
eravamo e siamo in corsa per lo stesso obiettivo, non
vedo perché avrei dovuto lasciarlo passare. Magari il
teamme lo spiegherà nel briefing post-gara". Un chia-
ro rifiuto a chinare la testa di fronte alle esigenze di
squadra, ribadito peraltro anche con la risposta
aggressiva all'ultimo attacco di Rosberg a fine gara.
Di positivo, inMercedes, c'è che dal punto di vista del-
la competitività poco è cambiato. Il team non sta più
utilizzando il FRIC per evitare guai legati alla recente
"querelle", ma la monoposto sembra non essersene
accorta più di tanto. In qualifica a Budapest la RedBull
si è avvicinata molto, ma in termini di passo gara le
frecce d'argento sembrano decisamente al sicuro se si
considera che dopo appena otto giri di gara Rosberg
aveva ben 10" di vantaggio su Valtteri Bottas, il più
vicino dei rivali. Il vantaggio di competitività dello
squadrone teutonico è quindi ancora cospicuo, ele-
mento che porta a maggior ragione a chiedersi se ci
fosse veramente bisogno di esasperare i rapporti con
Hamilton con quella richiesta di cedere il passo. Da
parte sua, Wolff riconosce un errore di valutazione:
"Sono convinto che Rosberg avrebbe potuto vincere,
ma non possiamo aspettarci che a questo punto della
stagione uno dei nostri piloti accetti un ordine che
ridurrebbe le sue chance di vincere il campionato.
Dovremo ripensare la nostra politica in tal senso".
Insomma un po' di compiti a casa, la ricetta giusta per
rovinarsi le vacanze estive...