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Marco Cortesi
Liz Power non ha visto un solo giro della
gara che ha regalato a suomaritoWill il pri-
mo titolo IndyCar in carriera. Dopo averlo
visto già tre volte perdere l'occasione all'ul-
timo appuntamento della stagione, non ne
ha voluto sapere. Con una cuffia in testa, si
è limitata a stritolare per oltre due ore e
mezza una povera bottiglietta d'acqua
ascoltando le conversazioni col muretto.
Marg Power è invece restata in hospitality
per quasi tutto il tempo, spostandosi in pit-
lane solo quando il figlio era ormai pratica-
mente sicuro del risultato. E, sicuramente,
dev'essere stata una soddisfazione straor-
dinaria tanto per lei quanto per il marito
Bob. Lui però non era presente: pilota dilet-
tante da sempre, era impegnato nel Queen-
sland Formula Ford Championship. Dopo-
tutto al cuore non si comanda, tanto che i
quattro fratelli Power, tenendo fede al
nome, sono tutti stati tirati su a pane e
motori sin da piccoli ma, ciononostante,
solo Will è riuscito a sfondare nel mondo
delle corse professionistiche. Gli altri sono
rispettivamente un commercialista (fin qui
nulla di strano), un ballerino di break dan-
ce e un popolare comico che gira l'Austra-
lia in tour e che alla bandiera a scacchi sì è
lanciato urlando per le strade di Toowoom-
ba. A ben vedere, neanche Will all'inizio
pensava di fare il pilota sul serio. Il suo
sogno è sempre stato quello di diventare
batterista in una rock band. Ma mentre
lavorava per l'azienda di famiglia, le prime
esperienze a quattro ruote l'hanno portato
su un'altra strada. Iniziando piuttosto tar-
di rispetto agli standard attuali, e anche a
quelli di allora, Will ha debuttato con le
ruote scoperte a 20 anni, conquistando vit-
torie in Formula Ford, Formula Holden e
Formula 3 a dispetto dei budget risicati.
Arrivato in Europa, dopo una deludente
esperienza in Formula 3 si è messo in
mostra nellaWorld Series Renault con due
vittorie ed il settimo posto finale nel 2005,
nonostante quattro gare in meno disputa-
te. Abbastanza da impressionare Derrick
Walker, che l'ha voluto per la ChampCar
su una vettura tutta a tema australiano. Ma
più che le vittorie in ChampCar, sono sta-
te le sensazioni di Roger Penske il vero
artefice del Will Power che vediamo. Poche
possibilità concesse, tutte colte al volo,
l'hanno portato ad essere il pilota più vin-
cente della scuderia del Capitano. Anche se
il titolo dovuto aspettare il 2014 tra diffi-
coltà sugli ovali e l'innata capacità di
Power nel complicarsi la vita da solo. Da
sempre folle ed estroverso, ha sempre
pagato una scarsa solidità caratteriale,
sicuramente spettacolare per chi guarda,
ma foriera di grandi delusione. Lo step
decisivo è stato l'acquisire la competenza e
la necessità necessarie per restare al verti-
ce su ogni tipo di pista. E l'anno "di pausa"
nel 2013, senza essere tra i candidati al
titolo, gli ha permesso di concentrarsi su
sé stesso. Pur se oscurati coperti dai tanti
errori, i risultati su sono visti. I piazzamen-
ti e le vittorie sugli anelli sono state le com-
ponenti decisive della sua rincorsa. Condi-
ti dall'affermazione al Milwaukee Mile, la
sua bestia nera. Il 2014 ha messo Will
Power nella condizione di entrare, a 33
anni, nella vera maturità. Buttandosi sem-
pre a capofitto nelle situazioni, anche trop-
po, ma riuscendo ad avere quel pizzico di
continuità che nel confronto con Dario
Franchitti e Ryan Hunter-Reay era dram-
maticamente mancata. Chissà se, sfondata
una porta, si tratterà dell'inizio di una nuo-
va era.
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