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Stefano Semeraro
Un altro Seb. Un altro “mostro”. SébastienOgier ha con-
quistato il suo secondo mondiale a fianco di Julien
Ingrassia e inevitabilmente la nuova dimensione rag-
giunta con il bis iridato scatena vecchi paragoni e nuo-
vi soprannomi. A dargli del “mostro” è L'Equipe, che gli
ha dedicato due pagine per capire e raccontare chi è il
campione che dopo Loeb ha iniziato a dominare i rally
(quasi) come lui. I nove titoli dell'alsaziano sono lonta-
ni, lontanissimi, ma a quota due Ogier ha già raggiunto
Walter Rohrl, Miki Biasion, Carlos Sainz e Marcus
Gronholm. Nomi importanti, anzi: mostri sacri. E ci è
riuscito dimostrando di saper stravincere, ma anche
semplicemente vincere, senza rischiare troppo, per por-
tare a casa il risultato che conta. «E non sono certo il
primo che si comporta così – ha dichiarato a L'Equipe
– un altro Sébastien lo ha fatto a lungo, ed è l'approccio
giusto. Va bene essere un po' guasconi, ma alla fine biso-
gna saper dimostrare di saper anche gestire un campio-
nato». Alla Volkswagen, Ogier ha dovuto soprattutto
gestire il duello con il compagno di squadra Jari Matti
Latvala, che avrebbe potuto scatenare una faida interna
dalle ricadute drammatiche. Jost Capito, grande boss
del team, però ha fatto onore all'etimologia del suo
cognome e ha compreso che non era il caso di fare pres-
sioni, di stilare gerarchie in corsa, di diramare ordini di
scuderia immischiandosi troppo, e Ogier ha molto
apprezzato. Anche se ha pagato con un paio di brutti
incidenti il poco sereno periodo estivo in cui la discus-
sione sul futuro regolamento disciplinare pareva avere
lui come bersaglio.
«Se sono un egoista? Be', quello secondo me è un trat-
to imprescindibile se vuoi essere uno sportivo di alto
livello», prova a raccontarsi «Per anni mi sono dedica-
to solo ai rally e questo mi ha fatto arrivare così in alto.
Ma in estate mi sono sposato e questo mi ha insegnato
a condividere un po' più il mio tempo, e a capire che se
voglio essere davvero felice ora le corse non sono più
l'unica cosa che conta».
Egoismo e orgoglio, un'altra caratteristica che in passa-
to ha provocato qualche problema a Ogier, cresciuto per
anni nell'ombra opprimente dell'«altro» Sébastien.
«Anche l'orgoglio è necessario per eccellere, ma a volte
per me si è trasformato in qualcosa di snervante, che mi
faceva perdere il senso della misura. Con gli anni ho
imparato a controllarlo. Anche quando ho avuto l'inci-
dente inGermaniami sono detto: non farti distrarre dal-
le discussioni sul futuro, datti una svegliata e non met-
tere in pericolo te stesso e Julien».
Sposato con una tedesca di Monaco di Baviera, la pre-
sentatrice tv Andrea Kaiser, notissima nel suo paese,
Ogier ha imparato anche ad apprezzare le qualità della
Germania nel motorsport: «Corro con la Volkswagen,
ho sposato una tedesca, e abitando vicino al Lago di
Costanza visito spesso Monaco, una città che mi piace
molto, mentre ad esempio, essendo nato in un posto un
po' lontano da tutto, in montagna, non riuscirei mai a
vivere a Parigi. I tedeschi costruiscono delle gran belle
vetture, però hanno un modo di lavorare diverso e biso-
gna rispettare certe procedure. All'inizio può essere
fastidioso, ma sul lungo termine funziona molto bene.
Ecco, se c'è una cosa che devomigliorare è la lingua: non
parlo ancora troppo bene il tedesco – aggiunge Ogier –
Ribery (il nazionale francese stella del Bayern Monaco,
ndr) se la cava meglio di me». Al suo fianco nell'abita-
colo, Julien Ingrassia è l'uomo incaricato di calmarlo, di
farlo sbollire. «Ogni tanto sono impaziente, e allora ten-
do a diventare aggressivo, Julien sa che in quei momen-
ti è meglio lasciarmi in pace, non parlarmi troppo.
Quando sono passato alla Volkswagen ho dovuto vive-
re un anno di transizione senza il Mondiale, nel 2012, e
anche quello stop mi ha aiutato a prendere le cose con
più calma. Se ero impaziente di battere Loeb? La verità
è che ho sempre avuto fretta, anche nella vita privata. E
credo che questo mi abbia aiutato in generale».
L'Equipe gli ha proposto di scegliere fra quattro parole:
riso, sogno, rivincita e rigore. «Scelgo rigore, perché io
sono fatto così ed è una cosa che apprezzo anche negli
altri. Non sopporto invece i disonesti, le cose poco chia-
re. Sono un tipo diretto, mi aspetto che anche gli altri lo
siano. Ma mi piace anche 'sogno', perché diventare pilo-
ta professionista e campione del mondo era il mio sogno
di ragazzo. Fino ad ora l'ho avuta, una carriera da sogno,
ma i sogni non sono finiti: mi piacerebbe correre la 24
Ore del Nurburgring, magari provare l'Audi R18 alla 24
Ore di Le Mans». Perché smettere di sognare, in fon-
do?
Sébastien Ogier
con la moglie
Andrea Kaiser