41
LEWIS,
L’ANTI-FERRARISTA
Stefano Semeraro
Lewis Hamilton è il Peter Pan della F.1, il campione
vintage che infiamma i cuori e non permette alla pas-
sione di invecchiare. Aveva perso la sua ombra per
sei lunghi anni, l'ha ritrovata alla Mercedes con una
stagione sfolgorante ed è difficile immaginare, oggi,
un appassionato di motori che non lo vorrebbe nella
sua squadra preferita. Ferrari compresa. L'unto del-
le corse purtroppo però non la pensa così. La Ferra-
ri la rispetta, ci mancherebbe, ma non è la sua osses-
sione. Da ragazzino sognava di correre con la McLa-
ren, l'Anticristo per chiunque tifi rosso, per tornare
grande è dovuto trasferirsi in Germania, ma in real-
tà non si è mai mosso dalla sua Inghilterra. La Patria
delle corse, la sua Patria.Hamilton è un integralista
della strada britannica alle corse automobilistiche, e
in questo l'anti-ferrarista perfetto, quello destinato a
restare per sempre un avversario. Unmagnifico riva-
le. Elisabetta gli ha già assegnato un'onorificenza
importante (OBE), prima o poi arriverà anche il tito-
lo di baronetto, lui non perde occasione per fare sfog-
gio di British Pride. «Sono orgoglioso si essere bri-
tannico e di rappresentare il mio Paese – ha detto in
questi giorni – Ci siamo solo io e Jenson in F.1. Sven-
tolare la bandiera quando vinci un Gp è uno dei
momenti che ti rendono più orgoglioso, che ce ne sia
uno a Silverstone è molto importante, averne no a
Londra sarebbe pazzesco». Ogni tanto qualcuno sug-
gerisce che in futuro Hamilton potrebbe approdare
in Italia, per concludere in bellezza una carriera fan-
tastica ma nonostante tutto non ricca dei trofei che
avrebbe meritato. Alzi la mano chi si opporrebbe, ma
difficilmente succederà. «Non homai sognato di cor-
rere con la Ferrari – ha dichiarato il neo-campione
del mondo pochi giorni fa – la sua livrea rossa splen-
de magnificamente, ma se voglio una macchina ros-
sa posso sempre comprarmi una Mercedes di quel
colore». Uno spot a favore della Casa tedesca che gli
ha permesso di riassaporare una gioia che gli era
sfuggita troppe volte, certo. Ma forse qualcosa di più.
Una dichiarazione non di disamore o di dileggio, ma
di lontananza. Di non appartenenza. Le “bandiere”
nello sport esistono sempre di meno, e in fondo è sta-
to proprio lui, mollando la sua culla allaMcLaren per
accasarsi a Stoccarda, a dimostrare che per vincere
si possono anche ignorare le ragioni del cuore. Ma la
sensazione è che nel numero quasi sconfinato dei
piloti che guardano alla Rossa come al sacro Graal
della F.1, indipendentemente dalle sue vittorie, non
sia compreso Hamilton. L'idea che non vedremo mai
al volante della Ferrari un pilota che al Drake sareb-
be piaciuto immensamente è fastidiosa. Ma proba-
bilmente dovremo farcene una ragione.