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LEWIS,

L’ANTI-FERRARISTA

Stefano Semeraro

Lewis Hamilton è il Peter Pan della F.1, il campione

vintage che infiamma i cuori e non permette alla pas-

sione di invecchiare. Aveva perso la sua ombra per

sei lunghi anni, l'ha ritrovata alla Mercedes con una

stagione sfolgorante ed è difficile immaginare, oggi,

un appassionato di motori che non lo vorrebbe nella

sua squadra preferita. Ferrari compresa. L'unto del-

le corse purtroppo però non la pensa così. La Ferra-

ri la rispetta, ci mancherebbe, ma non è la sua osses-

sione. Da ragazzino sognava di correre con la McLa-

ren, l'Anticristo per chiunque tifi rosso, per tornare

grande è dovuto trasferirsi in Germania, ma in real-

tà non si è mai mosso dalla sua Inghilterra. La Patria

delle corse, la sua Patria.Hamilton è un integralista

della strada britannica alle corse automobilistiche, e

in questo l'anti-ferrarista perfetto, quello destinato a

restare per sempre un avversario. Unmagnifico riva-

le. Elisabetta gli ha già assegnato un'onorificenza

importante (OBE), prima o poi arriverà anche il tito-

lo di baronetto, lui non perde occasione per fare sfog-

gio di British Pride. «Sono orgoglioso si essere bri-

tannico e di rappresentare il mio Paese – ha detto in

questi giorni – Ci siamo solo io e Jenson in F.1. Sven-

tolare la bandiera quando vinci un Gp è uno dei

momenti che ti rendono più orgoglioso, che ce ne sia

uno a Silverstone è molto importante, averne no a

Londra sarebbe pazzesco». Ogni tanto qualcuno sug-

gerisce che in futuro Hamilton potrebbe approdare

in Italia, per concludere in bellezza una carriera fan-

tastica ma nonostante tutto non ricca dei trofei che

avrebbe meritato. Alzi la mano chi si opporrebbe, ma

difficilmente succederà. «Non homai sognato di cor-

rere con la Ferrari – ha dichiarato il neo-campione

del mondo pochi giorni fa – la sua livrea rossa splen-

de magnificamente, ma se voglio una macchina ros-

sa posso sempre comprarmi una Mercedes di quel

colore». Uno spot a favore della Casa tedesca che gli

ha permesso di riassaporare una gioia che gli era

sfuggita troppe volte, certo. Ma forse qualcosa di più.

Una dichiarazione non di disamore o di dileggio, ma

di lontananza. Di non appartenenza. Le “bandiere”

nello sport esistono sempre di meno, e in fondo è sta-

to proprio lui, mollando la sua culla allaMcLaren per

accasarsi a Stoccarda, a dimostrare che per vincere

si possono anche ignorare le ragioni del cuore. Ma la

sensazione è che nel numero quasi sconfinato dei

piloti che guardano alla Rossa come al sacro Graal

della F.1, indipendentemente dalle sue vittorie, non

sia compreso Hamilton. L'idea che non vedremo mai

al volante della Ferrari un pilota che al Drake sareb-

be piaciuto immensamente è fastidiosa. Ma proba-

bilmente dovremo farcene una ragione.