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IL PERSONAGGIO
TOM KRISTENSEN
Filippo Zanier
Da quando Tom Kristensen ha ufficializza-
to il proprio ritiro dalla scena racing, chi
pensava a battere o almeno a eguagliare il
suo record di vittorie a Le Mans ha tirato
un sospiro di sollievo. Il mirino è fissato
sulle nove vittorie assolute, e da lì non si
muoverà più per molto tempo visto che il
secondo nella speciale classifica dei succes-
si nella Classica della Sarthe è Monsieur
Jacky Ickx con le sue 69 primavere. Il tito-
lo di Mr. Le Mans gli sarebbe spettato di
diritto, ma lui non lo ha mai reclamato per
sé, lasciando con signorilità che venisse
ancora utilizzato per identificare il suo pre-
decessore belga. Del resto, in venticinque
anni di carriera ai massimi livelli, a Tom
Kristensen di fare notizia è sempre interes-
sato ben poco. Notizia, e di quelle da prima
pagina, lo è pero diventato suo malgrado
perché il suo approccio, tutto improntato
sugli obiettivi e sul duro lavoro necessario
per raggiungerlo, gli ha garantito un curri-
culum che nessun collega può vantare. Dal
1991, stagione che lo vide trionfare nella F.3
tedesca quando aveva 24 anni, il pilota
danese non è in praticamai sceso dal podio:
primo in F.3 giapponese nel 1993, secondo
in F.3000 due anni dopo, primo a Le Mans
nel 1997 su una Porsche del teamJoest con-
divisa con Michele Alboreto, con cui centrò
il primo dei suoi nove successi sul doppio
giro d'orologio. Poi, dal 2000, l'ingresso
nella famiglia Audi, con cui ha conquistato
le più grandi affermazioni della carriera:
oltre ai successi a LeMans quelli nell'ALMS
e nelle grandi classiche americane, ma
anche risultati fuori dalle Sport, con i due
terzi posti assoluti ottenuti sempre con la
Casa negli anelli in un contesto iper-com-
petitivo come quello del DTM, dove ha
chiuso sull'ultimo gradino del podio nel
2005 e nel 2006. A dimostrazione che
nonostante l'età più vicina ai 50 anni che ai
40 la competitività era ancora quella di
sempre, nel 2013 sono arrivati sia il titolo
Mondiale Endurance che l'ultimo successo
alla 24 Ore di Le Mans, che Tom ha dedi-
cato all'amico Allan Simonsen, scomparso
proprio in quell'edizione della gara. In real-
tà avrebbe voluto dedicarla al padre, ma a
lui Kristensen sperava di poter dedicare il
decimo alloro, magari nel 2014. Poi, la cifra
tonda non è arrivata e alla fine, alla bella
età di 47 anni, Kristensen ha deciso che
poteva bastare così, imitando le decisioni
che due dei suoi storici compagni di succes-
si avevano già deciso di dire basta nelle ulti-
me due stagioni: Allan McNish, ritiratosi
alla fine dello scorso anno, e "Dindo" Capel-
lo, che pur continuando a gareggiare con
Audi Sport Italia nel GT Italiano aveva
deciso due stagioni fa di dire basta alle
LMP1 e a Le Mans.
Proprio a Capello, che con Kristensen ha
condiviso tre delle vittorie più belle, abbia-
mo chiesto di raccontarci il lato più priva-
to del campione danese, per andare oltre i
numeri che ne raccontano soltanto il lato
agonistico.
Come è iniziato il rapporto fra te e
Kristensen?
"Con Tom ho sempre avuto un rapporto
basato sul rispetto, che poi col tempo è
diventato amicizia. Il momento in cui fra
noi si è formato un legame davvero specia-
le, però, è stato la fine del 2002, quando ci
siamo presentati alla Petit Le Mans, che
allora si faceva in due. Io non avevo più
niente da chiedere a quella stagione perché
a causa di problemi avuti nelle gare prece-
denti non potevo più vincere il titolo. Tom
invece era in lizza per il campionato e arri-
vò a quel fine settimana nervosissimo. Pri-
ma della gara mi accorsi che in macchina
tremava per la tensione, non sembrava
nemmeno lui, e infatti alla fine del primo
doppio stint, quando si fermò ai box per il
cambio pilota, eravamo appena settimi. Mi
resi conto che lui proprio non c'era e diedi
il massimo per riportare la macchina
Dindo Capello
festeggia
con McNish e
Kristensen la
vittoria a Sebring
nel 2006