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Rosberg

sembra scusarsi

per una vittoria

arrivata per

grazie ricevuta

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Stefano Semeraro

«Lo sport è fatto anche di buona e di cattiva sorte». Verissimo, ma di solito

è più facile farsene una ragione quando si vince. Meglio se con onestà, senza

infierire, riconoscendo i meriti del fato. E godendosi il momento, che poi du-

rerà a lungo, perché come diceva un grande del tennis, Ivan Lendl, «fra ven-

t'anni nessuno si ricorderà come hai vinto, ma tutti vedranno il nome sull'albo

d'oro». E il nome di Nico Rosberg, nella casella “GP di Monaco”, fra ven-

t'anni ci starà almeno tre volte. Come quelli di Graham Hill, Ayrton Senna e

Alain Prost. Tre leggende vere a cui Rosberg per ora può solo con guardare

con rispetto, misto a un po' di imbarazzo. Nico non deve chiedere scusa a

nessuno, è chiaro, ma è il primo a riconoscere che il tris è frutto di situazioni

che sono andate molto oltre il suo controllo. «Quando ho visto davanti la sa-

fety-car non me ne capacitavo – ha ammesso – mi sono chiesto: ma Lewis

dove è finito. Poi ho guardato negli specchietti, ho visto che stava lottando

con Vettel ma neppure in quel momento mi sono sentito sicuro. Temevo che

con le supersoft sarebbe venuto a prendermi».

La bestia nera di Hamilton

O è un grande attore, riconosciamolo, o ha detto la verità, e cioè che il primo a

stupirsi per la coppa che gli ha consegnato il Principe è stato lui. Che è nato in

Germania, figlio di un finlandese, ma che a Monte-Carlo da tempo ha la sua

casa. E che fra le stradine del Principato è ormai diventato la bestia nera di Ha-

milton, l'uomo che continua a soffiargli il successo nel GP più glamour di tutta

la F.1, e che anche nello scorso weekend ai punti, oltre che moralmente, è uscito

vincitore, grazie alla qualifica super e a 65 giri condotti da dominatore assoluto.

«Lewis oggi avrebbe meritato il successo più di me, ne sono conscio e posso im-

maginare cosa sta provando. Lo sport ci regala anche momenti dolorosi. Io ho

fatto il possibile per gestire le gomme. Alla fine erano fredde come pietre, ma

non ho mai pensato di cambiarle. Il box mi teneva informato della situazione, ho

cercato di arrivare fino alla fine. E' andata bene. Lewis però era più veloce di me,

quindi devo lavorare duro per essere pronto per Montreal». E per accettare,

quando verranno, anche momenti meno felici.

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