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TCR SERIES
Stefano Comini
Dario Sala
Photo 4
Qualcuno gli ha dato l’appellativo di novello James Hunt, altri
lo hanno paragonato a Charles Barkley. Come la stella NBA dei
76ers e Suns, o il campione degli anni ’70, Stefano Comini non
ama i giri di parole. Arriva al punto direttamente senza filtri.
Questo, unito ad uno stile particolare di vivere il paddock, ha
fatto sì che gli venissero attribuiti questi appellativi. In fondo gli
è andata bene, perché sono personaggi che hanno scritto la
storia del loro sport e sono rimasti impressi nella memoria di
tutti come un dolce ricordo. Come i due di cui sopra, Comini af-
fronta le gare con una grinta pazzesca. Ha una guida spettaco-
lare, non molla mai un avversario e non sembra davvero avere
paura di nulla. Ai suoi avversari fa venire i capelli bianchi per-
ché quando pensano di averlo passato, lui sbuca da qualche
altra parte. Con queste doti ha stravinto l’Eurocup Mégane
Trophy e si è imposto in altre categorie a ruote coperte. Oggi
è uno dei protagonisti della neonata TCR Series che affronta
con una Seat Léon della Target Competition. Fino ad ora ha
vinto quattro gare ed è al secondo posto della graduatoria
staccato di sole due lunghezze.
Ti riconosci nei paragoni che hanno fatto di te?
“Il paragone con James Hunt mi piace… io però non mi drogo.
Mai provato neppure una canna in vita mia. Ogni tanto non ri-
nuncio a bere qualcosa e durante i fine settimana di gara e
fumo le mie 200 sigarette. Tutto qui. In realtà devo dire che il
mio stile nei weekend di gara è molto differente dalla mia vita
reale. Sono uno molto tranquillo. Lavoro, sono una sorta di
uomo tutto fare. Preferisco stare e casa. Esco ogni tanto. Mi
godo la mia vita sui monti sopra Lugano perché di base sono un
montanaro. Mi piace starmene fra le vacche e i cavalli che pa-
scolano”.
Quasi un professionista…
“Ni. In realtà non vivo grazie all’automobilismo. E alla mia età
per campare devo inventarmi mille cose. Dal coach driver, al-
l’istruttore di guida e poi dal 2010 possiedo dei simulatori di
guida che affitto ai miei clienti. Tante cose che mi permettono di
andare avanti. Eseguo anche molti lavori da carpentiere. Adesso
sto finendo di ristrutturare una casa in cui vivo con la mia com-
pagna. Mi sto dando da fare con tre operai”.
Però il Comini pilota è uno che ad un certo punto sembrava av-
viato ad una folgorante carriera nelle ruote coperte. Almeno così
si pensava dopo il trionfo nella Mégane.
“Quello è stato lo spartiacque. Dopo quella vittoria sono andato
in Giappone a fare il test con la Nissan GTR. Mi ero preparato be-
nissimo. Sia dal punto di vista fisico sia con l’inglese. Ho studiato
anche la cultura giapponese proprio per avvicinarmi quanto più
possibile alla loro mentalità. Andò molto bene visto che con il
bagnato fui otto decimi più veloce di Michael Krumm, il pilota
che aveva sviluppato la macchina. Non mi spiego ancora le ra-
gioni perché non vi fu uno sbocco, anche se alcune cose di quel
test vennero omesse. A quel punto ci rimasi molto male e decisi
che avrei corso a modo mio ovvero divertendomi, ma soprat-
tutto facendo divertire. E’ un principio. Voglio che la gente si ri-