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Carlo Baffi
Monza, 5 settembre 1970. Sono le ore 15, quando scattano
le prove ufficiali del 41° Gran Premio d’Italia. Per via del
caldo torrido molti concorrenti restano fermi ai box in at-
tesa che la temperatura cali di qualche grado. Tra le poche
monoposto scese in pista c’è la Lotus 72 di Jochen Rindt, il
leader della classifica iridata. L’austriaco è intento a cercare
quelle prestazioni che gli sono mancate il giorno prima e
viaggia con una configurazione scarica, senza ala posteriore.
Alle 15.15 la monoposto numero 22 coi colori rosso-oro
della Gold Leaf si trova a circa 40 metri dalla Curva Parabo-
lica, quando inizia ad ondeggiare per poi scartare verso si-
nistra e colpire il guard-rail di protezione posto all’esterno
del tornante. Nel violento schianto, avvenuto a circa 240 km
orari, la Lotus perde dapprima la ruota anteriore sinistra,
poi compie altri rimbalzi contro la barriera, striscia lungo la
pista e dopo aver perso anche la ruota anteriore destra si
arena sulla sabbia della via di fuga.
Il destino
alla Parabolica
A soccorrere Rindt, interviene il personale dell’ambulanza po-
sizionata vicino al luogo dell’incidente, subito seguiti dal dot-
tor Perfilippo Carassai del Centro di Rianimazione
dell’Università di Milano, che trova il corpo del pilota nella vet-
tura ormai tagliata in due. «Mentre gli scopro il petto per au-
scultare il cuore – dichiarerà Carassai – noto che dalle ferite
della gamba, che penzola fuori dalle lamiere, e da quelle del to-
race, non esce una goccia di sangue. Segno che Rindt è in ar-
resto cardiaco». I soccorritori non si perdono d’animo,
praticano il massaggio cardiaco e trasportano il malcapitato al
Centro Medico dell’Autodromo, dove si trovano il dottor Merli
(rianimatore dell’Ospedale Maggiore di Milano) ed il profes-
sore Rovelli (medico federale CSAI). Qui è presente per la
prima volta il Centro Mobile di rianimazione, ovvero uno spe-
Quarantacinque anni fa il tragico incidente che costò la vita a Jochen Rindt
durante le prove del GP d’Italia. Sotto accusa finirono i soccorsi - che invece
furono impeccabili - e soprattutto le soluzioni estreme adottate dalla Lotus
progettata dal genio di Colin Chapman. La gara andò a Regazzoni, ma il titolo,
grazie al vantaggio accumulato, finì lo stesso a Rindt, il primo e unico campione
del mondo postumo della storia della F.1
Foto della buca da Autosprint