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Dopo otto stagioni dall’uscita di scena di Speed, un pilota

americano ha preso il via di un Gran Premio del mondiale.

Lo ha fatto col team meno competitivo presente, ma finalmente

il californiano è riuscito a coronare un sogno a lungo inseguito

Masimo Costa

Fa sempre un po’ scalpore constatare che una potenza come

gli Stati Uniti non riesca ad essere presente in grandi forze

nella massima espressione del motorsport. Non con piloti,

non con squadre, non come fornitore di motori. Nel 2016 ar-

riverà il team di Gene Haas che godrà del supporto tecnico

tutto italiano della Ferrari (motore, cambio e altre fondamen-

tali parti meccaniche oltre che del lavoro in galleria del vento

della scuderia) e della Dallara. Dunque, di americano non ci

sarà molto se non i dollari di mister Haas. Sul fronte piloti, la

stessa Indycar da diversi anni soffre di una mancanza di piloti

di qualità a stelle e strisce anche se questa stagione Graham

Rahal, talento in realtà mai sbocciato, se l’è giocata fino alla

fine, Marco Andretti è ormai un veterano che appassisce al-

l’ombra del padre Michael e del nonno Mario, Ryan Hunter-

Reay non ha mai avuto la voglia di guardare all’Europa

seriamente mentre l’unico prospetto interessante potrebbe

essere Josef Newgarden. In F.1, l’ultimo americano apparso

al via di un Gran Premio è stato Scott Speed, allevato dal pro-

gramma Junior Red Bull, che ha disputato l’intero campio-

nato 2006 con la Toro Rosso, ma nel 2007 dopo 10 gare è

stato appiedato per frizioni interne con Franz Tost e il mana-

gement della squadra faentina. Speed non è più riuscito a

tornare in F.1 ed ha chiuso la sua avventura con 28 Gran

Premi disputati. Lo scorso weekend questo vuoto che perdu-

rava da otto anni è stato finalmente colmato da Alexander

Rossi che tra gli americani è quello che da più tempo giro-

vaga l’Europa nel tentativo di entrare in F.1. Dopo aver corso

in F.BMW, F.Masters, GP3, Renault 3.5 e GP2, che lo vede

tuttora al secondo posto in campionato, Rossi ha finalmente

trovato il modo di debuttare nel mondiale. Ci aveva già pro-

vato con la Caterham, per la quale aveva svolto diversi test e

guidato anche in alcuni venerdì nei fine settimana dei Gran

Premi, poi è passato alla Marussia, poi divenuta Manor. Tro-

vato un gruzzolo di sponsor, Rossi ha scalzato Roberto Merhi

e con la vettura più lenta in pista ha fatto quel che ha potuto.

Almeno ha visto il traguardo e questo è già un buon inizio

considerando anche le difficoltà del tracciato di Singapore.

Rossi sarà sulla Manor anche a Suzuka, Austin, Città del Mes-

sico e San Paolo, ma gli impegni con la GP2 gli faranno saltare

Al Sakhir e Abu Dhabi, dove tornerà Merhi.