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IL FATTO
Stefano Semeraro
E poi viene il momento in cui perdi il controllo. Capita a tutti
nella vita, anche ai campioni in quel concentrato di vita che si
chiama sport. Novanta minuti, 30 giri o 15 riprese di tensione
e adrenalina. Di stress accumulato magari in giorni e giorni che
improvviso esplode, shackerato dalla voglia di vincere, dalla
paura di perdere tutto in un secondo, dopo averlo costruito
per settimane, mesi, magari anni. Rabbia, quasi sempre.
Freddo calcolo, a volte. Nel mondo dei motori i precedenti del
calcetto di Valentino Rossi a Marc Marquez a Sepang sono
tanti, e illustrissimi. Pensate a Michael Schumacher, che nel
1994 durante il GP d'Australia ad Adelaide, l'ultimo della sta-
gione, prende a sportellate Damon Hill. Schumi guida la clas-
sifica con 92 punti, l'inglese ne ha uno di meno, al giro 36 i due
duellano, si toccano mentre Hill tenta di passare il tedesco sulla
Benetton. Schumi è out, ma campione perché dopo un vano
tentativo di riparare i danni alla sua Williams anche l'avversario
deve ritirarsi. Seguono polemiche infuocate, che si ripetono nel
'97 quando Schumi prende a ruotate Jacques Villeneuve che
tenta di sorpassarlo “por fuera” alla curva Dry Sack di Jerez de
la Frontera, al 48esimo giro del GP di Spagna: anche in quel
caso l'ultima e decisiva gara della stagione con in ballo il titolo
fra i due litiganti. La commissione disciplinare della Fia due set-
timane dopo parlò di “reazione istintiva, non deliberata”, ma
Schumacher fu squalificato dal campionato, ancora ad oggi
l'unico ad aver subito una sanzione del genere in F.1. Molto
poco istintivo, e molto deliberato invece, era stato il gesto di
Ayrton Senna, che dopo aver perso il mondiale dell'89 per una
curva tagliata dopo un contatto con l'arcirivale Prost, nel '90
pensò bene di rifarsi, buttando fuori il francese alla prima curva
di Suzuka. Di Valentino stesso si ricordano la spallata a Sete
Gibernau a Jerez nel 2005, la gomitata (e il dito medio) rime-
diata da in Giappone nel 2001 Max Biaggi, il duello ruvido con
Stoner a Laguna Seca nel 2008: guarda caso lo stesso tracciato
dove Marquez nel 2013 beffò il Dottore con un “taglio” al li-
mite del regolamento al famoso 'cavatappi'. Se si esce di pista
e si entra in campo la memoria vola subito alla testata di Zi-
dane a Marco Materazzi nella finale dei Mondiali del 2006 in
Germania, e poi alla “mano de dios” di Maradona che ai Mon-
diali del 1986 trafigge – non vista dall'arbitro - l'Inghilterra, o
ancora a quella altrettanto birichina di Thierry Henry contro l'Ir-
landa nelle qualificazioni mondiali del 2009. Come si vede
anche qui si tratta di fuoriclasse, come pure numerini uno 1 (del
tennis) erano Jimmy Connors, il re degli Antipatici del tennis,
che pur di averla vinta contro il nostro Barazzutti arrivò a can-
cellare il segno di una palla con il piede, e Ilie Nastase, il prin-
cipe dei provocatori che durante un Masters tanto fece per
irritare Arthur Ashe che alla fine il campione nero abbandonò
il campo (ma alla fine lo squalificato fu il romeno!). Nel rugby ha
fama di scorretto Richie McCaw, il capitano degli All Blacks, ta-
lento immenso ma costantemente in equilibrio sul filo del rego-
lamento, pronto a disturbare con ogni e mezzo l'azione degli
avversari – tanto che qualche giorno fa si è beccato un cazzotto
in campo da parte del francese Picamoles (che è stato peraltro
rapidamente espulso). Tirare in ballo l'orecchio mezzo staccato
da Mike Tyson ad Evander Holyfield nel mondiale dei massimi
del '97 pare eccessivo, e comunque l'elenco dei cattivi per
scelta – da Roy Keane (13 rossi nella premier League), a Pa-
squale Bruno, da Bill Laimbeer e i “bad boys” dei Chicago Pi-
stons nella Nba di fine anni '80, al cuore oscuro del baseball
Usa, Ty Cobb, che affilava i tacchetti prima di buttarsi a piedi
uniti sui difensori – ci porterebbe lontano, troppo lontano dalle
colpe di Valentino. Ma una cosa è certa: anche i campioni sba-
gliano. I più grandi hanno però la forza di ammetterlo, e di scu-
sarsi.
Mike Tyson ed
Evander Holyfield
nel mondiale
dei massimi del '97