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Con SuperMario
a 250 all'ora
La giornata è iniziata prestissimo, sveglia alle 5 per essere in cir-
cuito in tempo per un giro sulla “doubleseater”, la Dallara a
due posti che serve a portare a spasso fan e vip. Mario An-
dretti, anni 76, l'aria da cavaliere jedi di un automobilismo che
non c'è più - ma che leggi nelle sue mani forti, dure, piene di
gioielli che raccontano vittorie - ispeziona tutte le vetture con
scrupolo. Poi si infila la tuta e torna se stesso: Super Mario, Pie-
done, ovvero il campione di F.1 del '78 con la Lotus, il vinci-
tore di quattro campionati IndyCar. Tocca a te, adesso: i
ragazzi della Fastest Seat ti legano come un salame, giù la vi-
siera e per un minuto e spiccioli sei anche tu un 'cavaliere del
rischio', sparato ai 250 all'ora fra i muretti e i curvoni in appog-
gio che ti tolgono il fiato, lungo il tracciato che accarezza le
palme e fa vento agli yacht attraccati nella marina. «Was
good?», ti dicono alla fine, agitando il polliccione. Very good,
rispondi copiando il gesto e togliendoti il casco. Peccato sia
durato così poco...
Un pit sotto
gli occhi
Tornato comune mortale, ti viene un filo più facile capire cosa
provano i piloti veri, che in gara si prendono a sportellate infi-
lando un sorpasso dove, quando eri tu a infilartici dentro, ti
sembrava non potesse passare uno spillo. «Occhio a Montoya,
ha montato le nere...», gracchia la cuffia. «Copy that, ricevuto».
Tattiche, consigli, decisioni immediate. «Facciamo il pit fra
sette giri.... no, aspetta, bandiera gialla! Rientra subito». Il pit-
stop dura manciata di secondi e tutto succede lì, sotto i tuoi
occhi, a due metri di distanza. A portata di selfie. «Bravo Scott,
sei rientrato secondo, non hai perso posizioni», si compiace
Mike Ganassi. La pioggia per ora non arriva, il pomeriggio è
lungo. Al giro 57 una decina di macchine si aggroviglia alla
prima curva, un autoscontro quasi comico, fra messicani che
inveiscono e italiani - Luca Filippi -, che riescono a cavarsela. Il
tempo di ripulire la pista e il circo riparte. Per la gioia del pub-
blico che qui, nell'universo abitabile delle corse americane, si
sente a casa, nel proprio cortile, e non in prigione.
PS: alla fine la gara l'ha vinta Juan Pablo Montoya, il colom-
biano che a inizio Millennio sarebbe dovuto diventare l'anti-
Schumacher in F.1 e che ora, a 40 anni suonati, sculaccia ancora
i giovani leoncini della IndyCar. Secondo Simon Pagenaud,
terzo Ryan Hunter-Reay. Luca Filippi, dopo essere stato anche
4°, è scivolato al 20° posto. Papà Scott Dixon ha chiuso set-
timo, si è preso un bel bacione da Poppy, Tilly ed Emma e se
ne è andato via salutando il pubblico che gli sorrideva e chie-
deva un selfie sgranocchiava nachos e hot-dog.
La “doubleseater”
portata in pista
da Mario Andretti