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Stefano Semeraro
Per Damon Hill - che qualche garetta contro avversari tosti, in
fondo, l'ha anche vinta - il GP di Monte-Carlo «è stata una delle
più belle imprese di Lewis Hamilton. Certo, il pasticcio della
Red Bull lo ha aiutato, ma questo non toglie nulla alla sua pre-
stazione. Mi ha ricordato la vittoria di Senna a Donington nel
'93, quando non fece molti stop. Lewis ne ha fatto solo uno,
completando tutto uno stint con le gomme da bagnato, poi è
passato alle slick e le ha fatte durare. Stupefacente».
Sette mesi di digiuno
Poi il capolavoro
Quello della Mercedes è stato un azzardo, ma ha pagato, so-
prattutto perché al volante c'era un driver in stato di grazia,
cui probabilmente i sette mesi di digiuno di vittorie hanno re-
galato una riserva di grinta in più. Ma se l'Hamilton dei tempi
selvaggi avrebbe rischiato di farsi prendere la mano dalla voglia
di strafare, il Lewis tri-campeon sa come coniugare massima
velocità e massimo controllo. «E' stata la gara più dura che mi
ricordi», ha riconosciuto Hamilton stesso. Una di quelle che
scremano, che dividono i buoni, magari gli ottimi piloti, dai fuo-
riclasse. E sotto la pioggia di Monaco è emersa tutta la diffe-
renza che ancora separa Hamilton dal suo compagno di
squadra. Se i punti di distacco fra i due si sono ridotti da 43 a
24, la rimonta morale è stata ancora più cospicua. E come ogni
volta che si vince, diventa facile anche complimentarsi con gli
avversari battuti. «Sono arrivato in pista pensando che dovevo
farcela da solo, perché nessuno mi avrebbe regalato niente»,
racconta Hamilton. «Non sapevo se avrei vinto, ma la pioggia
aveva aperto una finestra di possibilità. A un certo punto ho
pensato che Nico avesse un problema; quando mi sono trovato
dietro di lui ho realizzato che ero molto, molto più veloce. E
sapevo anche che nessuno di noi avrebbe vinto al gara se ri-
manevo alle sue spalle».