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Spazio
Rosetta
I
L
12
NOVEMBRE È AVVENUTO IL
“
TOUCH
-
DOWN
”
DELLA SONDA LANCIATA OLTRE
DIECI ANNI FA DALL
'A
GENZIA
S
PAZIALE
E
UROPEA ALLA CACCIA DELLA COMETA
“67P/C
HURYUMOV
–G
ERASIMENKO
”. A
NDREA
T
OSO
,
CHE HA GUIDATO IL TEAM DI TECNICI
E INGEGNERI DELLA
D
ALLARA CHE HA COLLABORATO ALL
'
IMPRESA
,
REALIZZANDO IL TRAPANO
ELETTRONICO INCARICATO DI PERFORARE LA SUPERFICIE DELL
'
OGGETTO CELESTE
,
CI RACCONTA
COME È NATA E COME SI È SVILUPPATA QUESTA STRAORDINARIA AVVENTURA
uno sprint fra le stelle
Andrea, stavolta ci occupiamo di cose
davvero fuori... dal mondo. Del resto
siamo entrambi abbastanza adulti,
diciamo così, per ricordarci di quando
negli anni '60 e '70 si parlava di “corsa
allo spazio”. Ci racconti cosa è la
missione Rosetta?
«Nell’immaginario collettivo le comete sono
oggetti celesti misteriosi, portatori di
sventura o fatti epocali, studiati dagli
astronomi fin dal tempo dei caldei; le
comete non sono pianeti ma riaffiorano
quasi dal nulla nella geografia del sistema
solare; una cometa e la sua coda di luce,
causata dai detriti che perde quando si
avvicina al sole riempie il cielo, poi ritorna
nelle oscurità profonde. Sì, le comete un po’
inquietano i nostri ritmi giornalieri. L’idea
alla base della missione è semplice e
intrigante perché nasce dalle necessità e
dell’intelligenza.“Less is more” è uno slogan
spesso usato in ambito sportivo ed è molto
adatto per descrivere questa avventura.
Negli anni 2000 il programma spaziale
americano era in auge con
gli Shuttle, la
stazione spaziale, le prospettive di arrivare
su Marte. Al contrario, l’Agenzia Spaziale
Europea (ESA) e le sue affiliate tra cui l’ ASI
(Agenzia Spaziale Italiana) era povera di
finanziamenti perché le varie nazioni erano
e sono spesso divise su tutto. ESA cercava
un’idea forte per giustificare un’impresa
nuova e mettere alla prova la cultura
scientifica europea. L’idea di fondo era: non
possiamo andare su Marte, non possiamo
sviluppare un sistema di satelliti
geostazionari…è possibile
andare su una cometa con poche
risorse economiche e grazie
all’ingegno die nostri bravi
scienziati? Da lì è partita la
scintilla. Il Politecnico di
Milano, ed in particolare il
Dipartimento di Ingegneria
Aerospaziale guidato dalla
professoressa Amalia Ercoli
Finzi, si è proposto come guida scientifica,
ha trovato prima l’appoggio dell’ASI, poi il
consenso dell’ESA. Una società del settore,
di nome Tecnospazio, ora ribattezzata
Galileo Selex, ha ricevuto l’incarico di
coordinare tempi, costi e specifiche
dell’intero progetto e trovare aziende
con esperienza nel settore
dei compositi e dei
materiali leggeri (trasportare anche solo un
grammo ad una distanza di 400 milioni di
chilometri costa se consideri che la luce ci
impiega oltre 20 minuti). Tecnospazio ha
cercato tra le aziende del Motorsport perché
questo settore è il più contiguo a quello
Spazio in quanto i materiali, i controlli
qualità, le lavorazioni sono
simili al più solo
semplificati. E così
insieme a tante altre aziende,
hanno trovato Dallara. Onestamente
non siamo stati la prima scelta: Ferrari
declinò la richiesta perché troppo
impegnata nel campionato Formula 1».
Bellissima e affascinante sfida,
soprattutto per chi ha avuto come
eroi d'infanzia da una parte Thor
Heyerdahl e dall'altra Neil Armstrong.
Che problemi progettuali pone una
avventura del genere?
«Ovviamente la sfida tecnica è stata
soprattutto mentale! Immagina di svolgere
un esperimento mentale, senza un
laboratorio che possa riprodurre tutte e
insieme le condizioni reali in cui l’oggetto
deve operare: vuoto quasi assoluto,
temperatura e pressione prossime
allo zero, irraggiamento