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Carlo Baffi
Monza, 26 maggio 1955. Sono da poco passate
le 13, quando sul popolare tracciato brianzolo,
sicompieuntragicodestino.AlbertoAscari,due
volte campione del mondo F.1 e asso indiscus-
so del volante, perde la vita in una drammatica
uscita di pista. E’ un incidente destinato a far
discutere, per via dei troppi misteri, che ancor
oggi aleggiano intorno ad esso e al personaggio.
A MONACO RIPESCATO
DAI SOMMOZZATORI
Per cercare di far luce sui fatti, occorre tornare
adunantefattoaccadutoladomenicapreceden-
te, durante il GP di Monaco. E’ l’81° giro, Asca-
ri, che ha da poco preso il comando, esce velo-
cissimo dal tunnel per dirigersi verso la chicane
del porto. Ad un tratto la sua Lancia D50 sban-
da, punta verso il mare, travolge transenne e
sacchi di sabbia, finendo la sua corsa nel Medi-
terraneo. L’immediato arrivo di un sommozza-
tore recupera il pilota sbalzato fuori dall’abita-
colo, che una volta salito sulla barca dei soccor-
si perde i sensi. Rinvenuto all’ospedale, il pilo-
ta lamenta solo una contusione al naso, oltre
allo choc. I giorni successivi, tornato nella sua
casa milanese di Corso Sempione, “Ciccio” tro-
va il modo di scherzare coi giornalisti sull’epi-
sodio, sottolineando che se avesse letto il suo
oroscopo avrebbe evitato di correre. Si riferisce
infatti a quanto appreso da un vicino di stanza
nel corso della sua breve degenza monegasca;
trattasidiunradiocronistafrancese,chenelcor-
so del GP è caduto nella sua postazione, frattu-
randosi una gamba. L’elemento curioso è che
costui avesse la stessa data e ora di nascita di
Ascari. Dunque un giorno poco fortunato per i
nati inquella costellazione. Un guasto inspiega-
bile (qualcuno metterà sott’accusa i freni) , che
scuote il pilota, non tanto per il “tuffo” inmare,
quanto per ciò che potrebbe presagire una sor-
te infausta. A seguito di un brutto incidente
occorsogli negli anni delle gare motociclistiche,
Ascari s’è convinto di essere protetto da una
buona stella; non si considera un pazzo del
volante, sa valutare i pericoli, ma al tempo stes-
sosostienecheadognigaraildestinosiedesem-
pre accanto al pilota. Parliamo di un’epoca in
cui gli standarddi sicurezza sonopressoché ine-
sistenti e di conseguenza gli incidenti mortali
sono una costante. Lo stesso Ascari, in passato
è stato protagonista di incidenti seri, ma senza
subire gravi conseguenze, ma dopo Monaco
qualcosacambia.Forseilpilotaavvertel’esigen-
za di risalire in vettura al più presto al fine di
dimostrare che è ancora il campione di sempre.
Pensieri che si rincorrono nella mente di “Cic-
cio”, che nella propria abitazione milanese si
concede qualche giorno di riposo, come ordina-
togli dai medici.
Se non ché, la mattina del giovedì successivo
riceveunatelefonatadell’amicoEugenioCastel-
lotti, che lo invita aMonza ad assistere alle pro-
ve per il Gran Premio Supercortemaggiore, in
programma nel fine settimana. Ascari accetta e
passa a prendere l’amico fraterno Gigi Villore-
si. Una volta in autodromo, i due si siedono in
tribuna centrale, fino a quando “Ciccio” decide
di fare una visita ai box, malgrado Villoresi cer-
chi di dissuaderlo. Nelle insoliti vesti di spetta-
tore Ascari incontra i tanti amici della Ferrari,
scuderia per cui ha corso sino a due anni prima.
Può così ammirare la nuova Sport “750Monza”
tre litri che insolitamente non veste una carroz-
zeria rossa, bensì ancora d’allumino sagomato.
D’improvviso il campione si rivolge a Castellot-
ti, chiedendogli:” Posso fare un paio di giri?”
Una richiesta che spiazza un po’ tutti, dal
momento che Ascari non è più un pilota del
Cavallino e potrebbero esserci dei problemi
legati all’assicurazione. Stupisce ancora di più
vedere Ascari chiedere a Castellotti il casco e i
guanti. Un gesto decisamente inconsueto, per-
ché veniva meno quel rito che aveva sempre
accompagnato ogni gara di “Ciccio”. Era tal-
mente legato ai suoi accessori personali, che
nelle acque di Monte Carlo chiese al sommoz-
zatore accorso in suo aiuto di reimmergersi e
recuperare il suo casco azzurro. Si racconta che
durante le prove di un Gran Premio, nel vedere
il suo caschetto spostato dal muretto dei box,
Ascari avesse abbandonato il circuito per tor-
narsene in albergo.
QUELLA VOGLIA
FATALE DI GUIDARE
Ebbene, non curante della superstizione, Asca-
ri si cala nell’abitacolo della Ferrari e mette in
moto. Compie i primi due giri ad andatura
moderata, poi parte per il terzo. Il fragore degli
8000 giri si avvertono sempre più in lontanan-
za, mentre la vettura si dirige verso le curve di
Lesmo. Il rombo torna a salire, verso la curva
del Vialone (oggi intitolata ad Ascari) per lan-
ciarsi lungo il rettifilo. Ma ecco che cessa all’im-
provviso sostituito da una breve successione di
tonfi sordi, seguito da un silenzio irreale, come
racconteranno dei testimoni presenti in corsia
box. Alla vista dei primi soccorritori, appaiono
due lunghe striscenere cheattraversano lapista
verso l’esterno, segno inequivocabile di una
bruscamanovra e qualchemetro dopo, il corpo
straziato del pilota con indosso i brandelli della
camiciaazzurra. Pocopiù in là tra i cespugli, gia-
ce il relitto della Ferrari a ruote capovolte. La
notizia fa subito il giro dei quotidiani, le cause
dell’incidente sono però sconosciute dal
momento che non vi sono testimoni oculari.
L’errore umano è quasi impossibile, visto che
Ascari conosce Monza a memoria. Qualcuno
parla di unmalore; forse perché il pilota non s’è
ancora ristabilito dall’incidente di Monaco? O
forse per via dei gas della benzina, dal momen-
to che Ascari respirava solo con la bocca per via
delsettonasalefratturato?Pocoprobabile,visto
che in soli tre giri, non si possono respirare così
tanti gas da svenire. Anche la “750Monza” fini-
sce sotto accusa; Mike Hawthorn sosterrà che i
pneumatici ed i cerchioni erano incompatibili
tra loro e sarebbero stati la causa della brusca
derapata.Ma spunta anche l’ipotesi dell’ostaco-
lo improvviso. Qualcosa (un animale selvatico
sbucato dal parco), o qualcuno ha attraversato
la pista nel momento in cui stava sopraggiun-
gendo la vettura. Magari uno di quegli operai
che in quei giorni lavorano alla costruzione del-
le curve sopraelevate.
UN DRAMMA
INSPIEGABILE
Successivamente comincerà a circolare una
voce secondo cui Ascari avrebbe cercato di evi-
tare un uomo comparso improvvisamente
davanti a lui. Costui, distrutto dalla colpa, si
sarebbe prima confessato ad un sacerdote e poi
suicidato. Si dovrà attendere il 2001, quando il
giornale svizzero “Rinascita” del 14 settembre,
pubblicherà il raccontodiAngeloConsonni, che
all’epoca aveva sette anni e che si trovava col
nonno in prossimità della curva del Vialone.
Consonni racconta di aver visto due operai
intenti ad attraversare la carreggiata per rag-
giungere un capanno,mentre si sentiva soprag-
giungere un’auto. Se il primo è lesto, il secondo
tentenna e si ferma. Subito dopo, quel bimbo,
avverte uno strano silenzio e vede la Ferrari
girare su se stessa e rovesciarsi. Detto ciò, man-
ca a tutt’oggi una spiegazione ufficiale dei fatti
emolti interrogativi sonosenzarisposta. Perché
mai un uomo maniacale e superstizioso come
Ascari, sale su un’auto di un altro pilota, rinun-
ciando ai suoi talismani? La voglia di scacciare
i dubbi è plausibile, ma Villoresi sosterrà che il
suocaroamicoavrebbeavutopauradiaverpau-
ra. Vivere con il timore costante di un pericolo
immaginario, porta inesorabilmente ad una
mancanza di lucidità. E Ascari è ossessionato
dalla scomparsa del padre Antonio, il popolare
asso degli anni ‘20, perito tragicamente il 26
luglio del 1925 nel Gran Premio di Francia a
Monthlery. A distanza di trent’anni esatti, sem-
pre adettadi Villoresi, Ascari continuavaa ripe-
tere:”Io quest’anno non lo passo. E’ accaduto
anche a mio padre, ho la sua stessa età.” Un
padre ed un figlio dalle vite quasi parallele.
Scomparsi lo stesso giorno, il 26, a 36 anni 10
mesi e 13 giorni Alberto; a 36 anni 10 mesi e 11
giorni Antonio, con entrambe le vetture capot-
tate. Si aggiunga che Ascari non sopportava i
gatti neri ed in particolare il numero 13 con tut-
ti i suoi multipli. Nasce il 13 di luglio 1918 e le
lettere che formano il nome ed il cognome sono
13. Il suo esordio in F.1 avviene il 13 maggio
1950, ottiene 13 vittorie, 13 pole con la Ferrari e
17 podi. La Lancia sulla quale vola inmare reca
il numero 26, un multiplo di 13, lo stesso del
giorno della fatale uscita di pista a Monza.
Quando si dice, le coincidenze.
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