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Marussia sta cercando di evitare la stessa
fine con l'aiuto di due miliardari anglo-
indiani, Baljinder Sohi e Sonny Kaushal,
che hanno fatto la grana con l'acciaio e ora
– pare - sarebbero disposti a scucire 70
milioni di euro per salvare 190 posti di lavo-
ro, ripianare i 38 milioni di debiti accumu-
lati dal team posseduto dal russo Andrei
Cheglanov, e rilanciarne le ambizioni.
Di chi è la colpa di questa situazione? Secon-
do i più critici della FIA, che si sarebbe “ven-
duta” agli interessi di Ecclestone, il quale ha
liquidato il vecchio patto della Concordia,
dove erano rappresentati gli interessi di tut-
ti, e creato lo Strategy Group dove a coman-
dare sono in cinque, guarda caso tutti quel-
li che non hanno nessuna intenzione di far
passare un serio tetto al budget.
«Dal 2010 in F.1 sono entrati tre nuovi team
– commenta amaro Bob Fearnley, il team
principal della Force India – e tutti e tre
sono collassati (senza considerare la USF1
che non è mai neppure riuscita a nascere,
ndr). Ma era già scritto dall'inizio, e se
andremo avanti così ne perderemo degli
altri. Se ci fosse stato un reale contenimen-
to dei costi e una distribuzione più equa del
prize money, la Marussia e la Caterham
avrebbero potuto farcela». Al momento il
team russo riceve solo 7,6 milioni di dollari
di premio, ma se riuscisse a finire nona in
campionato – traguardo non impossibile
anche se reso più problematico dal dram-
matico incidente a Jules Bianchi – il contri-
buto arriverebbe a 50. Il problema è lo stes-
so di tutte le società “chiuse”: per arrivare ai
soldi, bisogna già averne. Anche Monisha
Kalterborn, la team principal della Sauber,
da tempo lancia grida di dolore sull'insoste-
nibile pesantezza del vivere nel Circus («noi
faremo di tutto per esserci anche nel 2015,
ma guai a pensare che la F.1 sia uno sport
troppo forte per non crollare»), e oggi anche
l'ex presidente della Fia Max Mosley pian-
ge lacrime un po' coccodrillesche («nessu-
no ha voluto al tempo un plafonamento dei
budget, i piccoli team non sono stati aiuta-
ti»). La verità, forse, è drammaticamente
quella riassunta da Narain Karthikeyan,
l'ex driver malese della HRT: «La F.1 è
semplicemente troppo cara per i team pic-
coli. Ad Austin in pista ci saranno solo 18
macchine, ma nessuno resterà choccato. E
nessuno, dopo il primo giro, rimpiangerà
l'assenza di Caterham e Marussia». E' il
mercato, gente. O almeno, così vogliono
farci credere.