

Carlo Baffi
Buenos Aires, 10 gennaio 1971. Sono le 9 e
55’ locali, mentre è in corso di svolgimen-
to la “1000 Chilometri di Buenos Aires”,
prima prova del Trofeo Internazionale
Marche, riservato alla categoria sport pro-
totipi. Da circa un’ora e mezza i concorren-
ti si stanno danno battaglia sui 6.121 metri
dell’Autodromo Municipale della capitale
argentina. Al comando c’è la Ferrari 312P
della coppia Giunti-Merzario, che cerca di
allungare sulla favorita Gulf-Porsche 917
del duo Rodriguez-Oliver, partita dalla
pole. Dietro, le altre due Porsche 917 pilo-
tate da Larrousse-Elford e Bell-Siffert. Al
box della Matra è attesa la 660 pilotata dal
34enne francese Jean-Pierre Beltoise, che
partito col 6° tempo, occupa la sesta piaz-
za. L’equipe transalpina, ha previsto una
sosta dopo il 38° passaggio, per rifornire e
far salire in vettura l’altro pilota: il france-
se Jean-Pierre Jabouille. Anche la Ferrari
aspetta il rientro del leader Giunti, che
dovrà cedere il volante a Merzario. La
Matra però, tarda ad arrivare, segno che è
successo qualcosa. La marcia di Beltoise
procede infatti a rilento, il suomotore Sim-
ca tossisce ed il segnalatore della pressio-
ne è sullo zero: si trova a secco. Il francese
si affida alla riserva, sperando così di rag-
giungere i box: innesta la marcia, ma il car-
burante non arriva e la Matra si ferma a
metà della curva a gomito che immette sul
rettifilo delle tribune. Se il cambio fosse
stato in folle, la vettura non si sarebbe
bloccata e si sarebbe portata sulla destra.
I box distano qualche centinaio di metri ed
il transalpino non ha alcuna intenzione di
alzare bandiera bianca. Vuole riprendere
la gara, quindi esce dall’abitacolo ed inizia
spingere da dietro la sua 660. Deve portar-
si da sinistra verso destra per procedere in
direzione della pit-lane. Spinge per un
poco, si ferma, si porta in prossimità del-
l’abitacolo per correggere lo sterzo e torna
in coda alla vettura a spingere. Tutto ciò
per duecento metri zigzagando al fine di
sfruttare la pendenza, mentre sfrecciano
gli altri concorrenti, tra i quali Giunti. Una
scena allucinante di crescente pericolo,
che ha luogo sotto gli occhi di tutti, orga-
nizzatori compresi.
URTO INEVITABILE
FERRARI NELLE FIAMME
L’ azione di Beltoise prosegue fino a quan-
do sopraggiunge la Ferrari 512M di Mike
Parkes della scuderia Filippinetti, tallona-
ta dalla rossa ufficiale Giunti. Entrambi
procedono ad oltre 200km/h. Il francese
si accorge delle due macchine e per timo-
re di essere investito, si sposta immedia-
tamente verso destra abbandonando la
660 ferma in mezzo alla pista. Parkes,
essendo davanti, vede la Matra e riesce ad
evitarla scartandola. Giunti invece no e si
trova improvvisamente davanti la 660:
l’urto è inevitabile. La parte anteriore
destra della Ferrari colpisce la parte
posteriore sinistra della Matra. La 312P,
inizia a girare su se stessa, andando a
sbattere a sua volta a destra poi arrestan-
dosi al centro della pista, vicino alla linea
d’arrivo, avvolta dalle fiamme. Il vapore
presente nei serbatoi quasi vuoti, ha cau-
sato l’esplosione. Giunti è bloccato all’in-
terno dell’abitacolo, dalle distorsioni del
telaio e delle cinture. Quando i vigili del
fuoco domano l’incendio, i soccorritori
riescono ad estrarre il pilota dalle lamie-
re. Purtroppo non respira più. Si cerca
allora di rianimarlo ed ecco che ricomin-
cia debolmente a respirare. Viene allora
deciso il trasporto al Policlinico Fernan-
dez. Ma una volta sull’ambulanza, la
situazione precipita nuovamente e quan-
do Giunti arriva all’ospedale intorno alle
14.40 (ora italiana) è privo di vita. I medi-
ci cercano di tenere nascosta la notizia,
ma devono ufficializzare il decesso.
Secondo il referto, il pilota presenta ustio-
ni di terzo grado per oltre il 60% del cor-
po; altrettanto gravi sono le fratture subi-
te alle vertebre cervicali. Ma si parla anche
di uno scompenso cardiaco provocato dal-
lo choc.
Ecco quel che è successo quel drammatico 10 gennaio 1971 quando una pericolosa manovra di Beltoise
innescò l’incidente che risultò fatale al giovane italiano