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MONDIALE RALLY

MESSICO

Il colpaccio messo a segno da Sébastien Ogier sui quattordici chilometri e spiccioli di El

Chocolate, la consistente prestazione del ritrovato Mads Ostberg e quella al solito assai

gagliarda di Andreas Mikkelsen. E l'impresa compiuta dalla gente della M-Sport per dare

modo a Ott Tanak di rimettersi in auto il più presto possibile. Sì, d'accordo, però tutto il

resto è noia. Con solo qualche spolverata di gioia. Quella dei due norvegesi che occupa-

no i gradini bassi del podio messicano e, soprattutto, quella del pluridecorato francese

che inMessico ha rastrellato la sua terza vittoria stagionale – la ventisettesima in una car-

riera che tutto fa pensare sia ancora lunga – e incamerato anche i tre punti destinati al

più veloce nella Power Stage finale. Consolidando un primato nella classifica iridata che

neppure a usare la lanterna di Diogene si riesce a scorgere chi potrà togliergli.

“E' stato un bel successo, uno di quelli che avranno sempre un posto speciale nei miei

ricordi”, butta lì l'asso della Volkswagen a cose fatte. Dopo aver ribadito che, al via, pro-

prio non pensava di riuscire a farcela a imporsi. Non in una gara dove la posizione di par-

tenza gioca un ruolo molo importante. “Con la prospettiva di mettere le ruote su trecen-

to chilometri di strade da spazzare, non potevo illudermi di spuntarla”, osserva. Invece

l'ha fatto. Battuto nella kermesse di Guanajuato, Ogier s'è rifatto subito dopo in quella di

Leon. Ma è stato sulla terra del secondo tratto vero del terzo appuntamento della stagio-

ne iridata che ha realizzato il suo ennesimo capolavoro. Scrollandosi di dosso la sagamo

sempre più ingombrante di Thierry Neuville e quella degli altri suoi avversai di giornata.

Merito delle condizioni climatiche, dice: “Le temperature insolitamente basse del vener-

dì ci hanno convinto ad affrontare la prima boucle con pneumatici teneri ed è stata la scel-

ta vincente”. Vero, verissimo. Ma per renderla tale ci hamesso anchemolto del suo. Aggre-

dendo la prova con la determinazione dei grandi veri. Consolidato il primato, ha conti-

nuato a fare quello che gli riescemeglio: distribuire qualche scoppola qui e là ai suoi avver-

sari senza aver l'aria di mettercela tutta. “Gli altri mi hanno dato una mano commetten-

do qualche errore”, minimizza. Per evitare l'accusa di falsa modestia aggiunge: “Immagi-

no che a metterli in condizione di sbagliare sia anche stato il ritmo che abbiamo provato

a imporre...”. Già, il ritmo. Quello che lui riesce (quasi) sempre a tenere alto a lungo. Di

certo più a lungo di una concorrenza che lo teme e lo rispetta. Di Ostberg e di Mikkelsen,

di Neuville e di Meeke, di Sordo e di Kubica. E ovviamente di Latvala, il grande sconfit-

to della trasferta americana.

INCORREGGIBILE

LATVALA

Ancora lui, l'incorreggibile. Jari-Matti Latvala concede l'ennesimo

bis: come in Svezia, anche in Messico paga con un busso la voglia di

provare a mettere il sale sulla coda a Sébastien Ogier. E tornano in

mente le sue tantissime divagazioni quando, ufficiale Ford, rovina-

va tanti, troppi fine settimana a Malcolm Wilson. Ha talento, il fin-

landese, e sa come farsi perdonare dai suoi datori di lavoro e dai suoi

meccanici ai quali, imperterrito, continua a offrire giornate molto

piene. Lo rifarà, prima o poi. Ma intanto le sue speranze di vincere

il titolo iridato sfumano. Almeno per quest'anno, quello che nelle

sue intenzioni – e forse in quelle di Jost Capito – avrebbe dovuto

essere punteggiato di successi. E al di là delle dichiarazioni al solito

soft, è chiaro che i vertici della Volkswagen c'è chi comincia a chie-

dersi se vale davvero la pena continuare a puntare su di lui.