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MONDIALE RALLY
Argentina
Guido Rancati
Ce l'ha fatta, Kris Meeke ha finalmente
vinto il suo primo rally iridato e di cose da
dire ne avrebbe proprio tante. Ma le parole
non riescono a districarsi nel groviglio di
emozioni che prova e allora ne dice solo
una, la più importante: “Questa è per
Colin”.
Piange, il nordirlandese che da qui a due
mesi festeggerà il suo trentaseiesimo com-
pleanno. Alza le mani al cielo e piange. Di
gioia, come una ragazzino. La strada che
l'ha portato prima sul tetto della DS3 e poi
sul gradino alto del podio argentino è stata
lunga. Il suo viaggio era iniziato una quindi-
cina di anni fa sulle strade della sua isola na-
tale, aveva subito fatto vedere di saperci
fare e non ci aveva messo molto ad appro-
dare nella serie iridata per essere protago-
nista nel mondiale Junior. Sospinto dal
padre, ma anche da Colin McRae al quale
era subito piaciuto quel Pel di Carota che
riusciva a realizzare dei tempi da urlo un po'
dappertutto. Lo scozzese non ci aveva
messo molto a convincersi che poteva es-
sere il suo erede, quello che avrebbe fatto
sognare moltitudini di appassionati del
Regno Unito e l'aveva preso sotto la sua
protezione. Di più, l'aveva quasi adottato
accogliendolo a casa sua. Alti e bassi, illu-
sioni e delusioni. Qualche porta chiusa in
faccia, l'opportunità di continuare a vivere
di corse offertagli dalla Peugeot Uk per es-
sere protagonista nell'Intercontinental Rally
Challenge con una 207 Super2000 curata e
gestita dalla Kronos. Il successo nella serie
diventata in fretta sufficientemente impor-
tante da preoccupare i promotori del mon-
diale, il ritorno sul palcoscenico più
sfavillante. Altri alti e bassi, altre illusioni e
delusioni. Parecchi ritiri, qualche piazza-
mento e quattro medaglie di bronzo. Con
una squadra che non era più l'Armata Rossa
di un tempo, che aveva altre priorità.
Pure la strada che alla fine di una quattro
giorni pazza come poche l'ha portato a
guardare tutti dall'alto è stata lunga. E
piena di trabocchetti. La sua marcia verso il
paradiso era cominciata giovedì sera con un
secondo tempo a un niente, due decimi, da
Sébastien Ogier. Ma quella di San Luis era
solo nella mini-prova, una kermesse breve e
molto poco saporita. Essersela gettata die-
tro le spalle con un risultato molto positivo
non poteva essere bastato ad alimentare le
sue speranze, a regalargli una nottata infar-
cita di bei sogni. Le cose serie ancora do-
vevano cominciare e il venerdì si annunciava
tosto: per cominciare, i cinquantun chilome-
tri e novecentonovanta metri della Agua de
Oro-Asochinga. Meeke li ha sfruttati per co-
struire il suo trionfo: più veloce di tutti, s'era
piazzato sull'attico di una classifica nella
quale Dani Sordo, il meno lontano degli av-
versari, era a mezzo minuto e spiccioli, tal-
lonato da Jari-Matti Latvala che a sua volta
era seguito da Mads Ostberg. Una classi-
fica nella quale non c'era più traccia di
Ogier. Non era in una botte di ferro, non
ancora. Era messo bene, molto bene, ma
metro dopo metro, prova dopo prova, si
rendeva conto di non doversi confrontare
solo con lo spagnolo con la Hyundai, il fin-
landese con la Volkswagen e il norvegese
Terzo al traguardo
Tonino Di Cosimo