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MONDIALE RALLY
Italia/Sardegna
Guido Rancati
“Non voglio dire niente che alimenti in qualche modo la pole-
mica”. Sébastien Ogier va a cogliere il suo ventottesimo oro in
un rally iridato e chiarisce subito di non essere disposto a rac-
cogliere la provocazione di chi gradirebbe sentirgli ribattere
cosa pensa della regola che impone al meglio piazzato della
classifica mondiale di spazzare le strade il primo giorno e, se
nessuno dei big s'è fermato per strada, pure in quello se-
guente. Ha vinto, il francese della Volkswagen, e oltre ai ven-
ticinque punti della vittoria si è messo in saccoccia pure i tre
destinati al più veloce della Power Stage e tanto gli basta per
decidere di non ripetere il suo (legittimo) scontento per una
norma pensata e scritta per rendergli la vita più difficile possi-
bile. Per cercare di impedire al più forte di uccidere troppo pre-
sto il campionato. E il più forte, di questi tempi, è lui. Senza se
e senza ma. Lo si sapeva da almeno un paio d'anni, la caval-
cata fra pietre, pietrone e pietracce della terra sarda l'ha solo
ribadito.
Attento a non cadere in nessuna delle mille trappole dissemi-
nate sul percorso, il più dotato dei rallisti di questo scorcio del
terzo millennio ha atteso un po' per affondare il colpo vincente.
Non ha esagerato neppure quando s'è trovato a mettere le
ruote su tratturi che Kris Meeke, Robert Kubica, Andreas Mik-
kelsen e Dani Sordo, costretti ad arrendersi il venerdì e quindi
a occupare i primi quattro posti nell'ordine di partenza del sa-
bato, si incaricavano di pulire per lui. Con quella calma che è
pur sempre virtù dei forti veri, ha eroso poco alla volta il van-
taggio che Hayden Paddon s'era costruito con una giornata
perfetta. Poi, sul far della sera del sabato, ha messo la freccia
ed è passato davanti. Definitivamente. Senza mai dare l'impres-
sione di andare a palla, sfruttando al meglio un drittino del ri-
vale e, soprattutto, i capricci del cambio della i20 non
incautamente affidata al neozelandese da Michel Nandan.
Tanta roba, roba da grandi veri.
A bocce ferme, davanti a una classifica mondiale che a Mads
Ostberg, ad Andreas Mikkelsen, a Jari-Matti Latvala e agli altri
che seguono in ordine più o meno sparso non lascia grandi – e,
verosimilmente, neppure piccole – speranze, il pluridecorato
delle Hautes Alpes non si fa problemi a rendere omaggio al-
l'unico che veramente gli ha complicato la vita: “E' stato pro-
prio bravo”, dice senza enfasi. Aggiunge: “Presto, molto
presto, avrò un avversario in più dal quale guardarmi in ogni
gara”. Facile che abbia ragione.
Craig Breen