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GP MALESIA

Ferrari

Elegante, educato, corretto, ha incassato con grande fair-play la penalizza-

zione di tre posizioni che sconterà in Giappone, insieme ai due punti sulla su-

perlicenza. Ma quel sorriso mesto dipinto sul volto che si porta dietro da

ormai troppi GP e che la dice lunga sulla disillusione che regna in Ferrari. Il

team che secondo Maurizio Arrivabene, l'addetto all'ottimismo, trasuda en-

tusiasmo e voglia di riscatto, ma che da fuori sembra sempre più sconfortato

e deluso ad ogni uscita in pista. Vettel ha sbagliato, è vero, e ora riemergono

inevitabili i dubbi sulle sue doti di combattente, di condottiero dai nervi saldi.

In parte giustificate, perché Seb è uno che rende meglio quando sente at-

torno fiducia e ottimismo, ma che non rendono onore al suo talento e al suo

coraggio.

E’ la Ferrari che

deve aiutare Vettel

Quest'anno non è al primo passo falso. In Russia ha scontato l'irruenza di

Kvyat – sarà l'anno dei 'pazzi'? - ma già Cina e in Belgio se non era andato

oltre la prima curva è stata anche colpa sua. Sorride meno, sorride diverso,

Sebastian, e quando chiude la visiera sente che tutti da lui si aspettano il mi-

racolo, il triplo carpiato, un apriscatole, un'idea, una speranza di andare oltre

la mediocrità del solito podio mancato. Che fosse pronto al tutto per tutto

lo si era capito alla vigilia, quando aveva detto fissando il vuoto: «Conterà

molto la partenza». Sergio Marchionne aveva promesso – avventatamente -

una stagione vincente, il crollo delle illusioni, con la Red Bull che ormai ha

messo le mani anche sul secondo posto fra i costruttori, ha tirato giù anche

lui. Forse troppo giù, considerata l'esperienza e i quattro Mondiali vinti. Da

un campione del genere ci si aspetterebbe più freddezza, più controllo – forse

anche un filo in più di paraculaggine. Ma è ingiusto crocifiggerlo. E' arrivato

a Maranello da Predestinato, da erede di Schumi (che pure impiegò cinque

anni a vincere un Mondiale con la Rossa), ed era sbagliato. Troppo facile,

troppo scontato ora trasformarlo in uno sfigato. Non è lui che deve salvare

da solo la Ferrari, è la Ferrari che deve aiutarlo a ritrovare la verve dei giorni

migliori, affidandogli una macchina competitiva, mettendolo in grado di bat-

tersi ad armi pari. Salavate il soldato Vettel, o sarà la disfatta per tutto l'eser-

cito vestito di rosso.