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Penske, Ganassi, Andretti, Cheever, Herta,
Foyt. Cultura militare, cultura di sfruttare
il limite del regolamento, attenzione agli
sponsor cioè alle entrate, attenzione al
marketing cioè alle vendite, attenzione ai
costi o infine team familiare... ci sono molti
stili, molti di questi funzionano. Le organiz-
zazioni sono robuste e funzionano nel
medio-lungo termine quando sono messi
alla prova dalla carenza di risultati...».
Ecco allora che si pone una questione stret-
tamente connessa a ciò che dici: la diatriba
fra chi sostiene che il motorsport sia uno
sport individuale, dove il protagonista è
essenzialmente il pilota, e chi invece lo con-
sidera uno sport collettivo, dove i giochi di
squadra hanno diritto di cittadinanza. Tu
da che parte ti schieri?
«Non ho mai visto vincere un pilota che non
andasse d'accordo con il proprio team,
l'esempio di Valentino Rossi in Ducati è fre-
sco davanti ai nostri occhi. Secondo me,
come già abbiamo avuto modi di riflettere
nelle puntate scorse, il pilota è solo l’elemen-
to visibile di un team. (vedi fotografia ). Il
concetto di Sport collettivo nel Motor racing
non implica necessariamente giochi di squa-
dra, a meno di considerare una squadra for-
mata da due o più piloti. Nel mondo ameri-
cano Nascar o Indycar) ad ogni squadra cor-
risponde un pilota con sponsor dedicati e
particolari; più “squadre” possono apparte-
nere ad uno stesso proprietario - evidente è
il casodiAndretti con i pilotiMarcoAndretti,
Ryan Hunter Reay e James Hinchcliffe - e
non è raro assistere a battaglie entusiasman-
ti e serrate tra piloti di squadre che appar-
tengono ad uno stesso proprietario perché
ogni pilota e tutto il team rispondono delle
prestazioni in ultima analisi al proprio spon-
sor. Questo aspetto è difficilmente compren-
sibile e condivisibile per la mentalità euro-
pea più maliziosa e calcolatrice».
Una differenza importante, indubbiamen-
te, e avremo modo di riparlarne nelle pros-
sime puntate. Focalizziamoci ora sul pilota.
Quali sono le scuole, teoriche e pratiche,
che si offrono a chi voglia diventare pilota
di alto livello?
«Sul piano pratico , penso che le categorie
più formative siano il go-kart e la Formula
3: dalla Formula 3 alla Formula 1 il passo è
possibile, se pensiamo ad Hakkinen e
Hamilton. Sul piano teorico penso che i
simulatori di guida professionali possano
essere un buon filtro, obiettivo e spesso
impietoso, per scoraggiare o sostenere le
aspettative di carriera di piloti e per far
risparmiare ai loro genitori molti soldi
accumulati in una vita di sacrifici».
Vogliamo divertirci a creare il pilota ideale
scegliendo una ad una le qualità migliori
dei grandi piloti della storia, soprattutto di
quelli che hai avuto modo di conoscere di
persona?
«Schumacher è stato unico per la visione
della gara durante la gara: sapeva dove era-
no gli altri concorrenti e in quale strategia.
Senna per la correttezza verso di sè e verso
gli altri, compresi piloti, meccanici tifosi e
sponsor.
Gil de Ferran e Dario Franchitti perché
hanno una guidamentalmente e fisicamen-
te efficiente in quanto esprimono il massi-
mo della loro prestazione solo quando è
necessario, in qualifica o nei periodi finali
delle gare.
Hornish per l’aggressività combinata al
rispetto dei propri limiti sui circuiti ovali ad
altissima velocità.
Emanuele Pirro per la preparazione tecnica
e l’onestà. Michele Alboreto per la sempli-
cità d'animo e la conseguente semplicità
della vita, Lauda e Zanardi per la determi-
nazione a tornare a vincere dopo aver supe-
rato incidenti inimmaginabili».
Mettiti ora nei panni di un team principal:
come si sceglie il pilota giusto per il proprio
team? L'intuito ha ancora importanza o
conta soltanto la valigia?
«I piloti con la valigia innescano un circolo
vizioso che porta a risultati inferiori, a
sponsor più insoddisfatti e irrequieti, ad
aspettative inferiori, quindi a piloti più sca-
denti e infine a risultati ancora inferiori.
Scegliere un pilota sbagliato è come cercare
di ottenere risultati con persone incapaci
dal carattere problematico: se davvero sia-
mo convinti che le persone siano fonda-
mentali, la scelta sbagliata del pilota è il
peggior errore di un “team principal” per-
ché i danni che può arrecare ai rapporti
interni tra i componenti del team e ai rap-
porti esterni con gli sponsor e con le squa-
dre concorrenti possono portare in breve
termine alla chiusura del team stesso. Dare
importanza alla valigia significa avere una
visione “stagionale” delle corse. Al di là del-
la scelta del pilota, il Team Principal ha
anche la responsabilità di scegliere e trat-
tenere le persone del team. In questo senso
deve evitare di innamorarsi dei propri
SPECIALE
IL CUORE NELLE CORSE - 4A PUNTATA
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