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FORMULA 1
GP SINGAPORE
Stefano Semeraro
Non c’è più niente (o quasi) da fare. E’ stato
bello sognare. Anzi: illudersi. Dopo i primi
Gran Premi della stagione che lasciavano
intravedere la fine del tunnel, all’uscita delle
arcinota galleria del vento (che non funzio-
na). «Era iniziata così bene in Australia, poi
avevamo vinto in Cina, e in Spagna», si è
immalinconito così Fernando Alonso, che
dopo aver fatto di tutto, e forse di più a Sin-
gapore – partenza fulminante con quattro
posizioni quattro recuperate in un amen,
rincorsa forsennata, strategia perfetta, pit-
stop impeccabili – ha definitivamente
ammainato la bandiera dell’ottimismo. Del
“dobbiamo crederci” a tutti i costi. Le quali-
fiche tristi di sabato, i nuovi pezzi che come
sempre non funzionano mai, e poi la gara
hanno cancellato l’ottimismodi facciatadalle
facce dei ferraristi. Sebastian Vettel e la sua
RedBull inAsia hanno preso a schiaffoni tut-
ti, il mondiale è andato. Solo l’aritmetica non
condanna la Ferrari e Alonso, che ormai ha
60 punti di distacco da un avversario che
invece di rallentare continua ad aumentare il
vantaggio.AMarinaBay, èvero, unaRedBull
si è rotta: quella sbagliata. «Laprossimavolta
si potrebbe romperequelladi Sebastian, enoi
dobbiamo essere lì pronti per ogni evenien-
za», prova a consolarsi Stefano Domenicali,
ma è chiaro che ormai non ci crede neppure
lui.
«E’ vero–annuisceNando–e il nostrodove-
re è di provarci fino alla fine, ma siamo rea-
listi: per il mondiale servirebbe troppa fortu-
na. Sebastian dovrebbe rompere in Corea,
poi in Cina, in India, ad Abu Dhabi…Noi più
di così nonpossiamo fare, sapevo cheparten-
za e strategia erano le chiavi dellagara, e tutto
è andatobene: ioho azzeccato lo start, il team
il momento per farmi rientrare per il cambio
gomme. Dovevamo rischiare, loabbiamo fat-
to. Fino ad ora è stata una stagione perfetta,
senzaerrori(mah,nonesattamente,ndr),noi
di più non possiamo fare, purtroppo non
basta. Nello sport vince il migliore, e noi al
momento non lo siamo». Lo spagnolo si è
consolato con un podio «che vale una vitto-
ria», con l’affetto che gli hanno dimostrato i
fan, ovvio che il magone rimane. I rimpianti
adesso si chiamano Pirelli («quando sono
cambiate le gomme noi abbiamo salutato il
mondiale»), ma recriminare serve a poco, e
non fa bene neppure all’immagine della scu-
deria più amata del mondo. Che dametà sta-
gione inpoi hapersosmaltoe fibra, e chepro-
prio per mettere fine alla serie nera da setti-
mane, mesi ormai, è impegnata nel “merca-
to” piloti e in quello dei tecnici per provare a
riconquistare il primato da troppo tempo
smarrito.
Dal prossimo GP, sfighe altrui a parte, si
comincerà a correre verso il mondiale del
2014. Lo ha ammesso persino Domenicali
(«al 99 per cento la squadra sarà concentrata
sulla prossima stagione»), lo predica Alonso,
che peraltro alla vigilia ha reso noto i colloqui
impostati con il team per concludere la car-
riera aMaranello. Questomondiale inRosso,
si è detto Fernando, s’ha da vincere. «E nel
2014 si ripartirà da zero, con nuovi regola-
menti – ha aggiunto l’hombre delle Asturie –
una occasione che non possiamo farci sfug-
gire di colmare il distacco che c’ènei confron-
ti della Red Bull». E un mantra che si ripete,
e che un po’ scoraggia. Fernando con il podio
di ieri ha ottenuto il suo 36° secondo posto in
carriera, su 211 GP disputati, meglio di Alain
Prost e peggio solo di Michael Schumacher
(43) che però qualche soddisfazione in più
onestamente se l’è presa. Di arrivare secondi,
a Maranello, ormai dovrebbero essersi stan-
cati. Tutti, non solo Fernando.
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