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Ti sorprenderebbe arrivare in fondo
al GP di Melbourne?
«No, anzi, mi aspetto di farcela. Quello è
l’obiettivo. Sarebbe stupido sedersi nella
griglia pensando: “be’, che importa, tanto
prima di metà gara sarò fuori…”. Non
avrebbe senso volare fin laggiù solo per riti-
rarsi. E lamacchina che correrà aMelbour-
ne sarà solo esteriormente uguale a quella
che ha girato nei test, tutto ciò che sta sotto
la carrozzeria sarà diverso. Abbiamo capito
alcune cose, ma per modificare la vettura
serve un po’ di tempo. Solo in una realtà di
cartone tutto va bene fin dall’inizio».
Già all’inizio della stagione dei test
hai sostenuto che la Formula 1 è
cambiata immensamente. Puoi dir-
ci qual è per te il cambiamento più
grande?
«Be’, non è un segreto che non ho ancora
avuto modo di ‘assaggiare’ la vettura come
avrei dovuto, quindi qualcuno può avere
l’impressione che parli per sentito dire. Ma
questo è sicuro: trovo abbastanza triste che
le nuovemonoposto di F.1 non facciano più
un rumore da vetture di F.1. E’ una vergo-
gna! Persino nell’abitacolo c’è un gran
silenzio, e probabilmente questo è l’unico
vantaggio di queste macchine ‘mute’: le
comunicazioni radio con i box sono molto
chiare.Nessuno quest’anno potrà giustifi-
carsi sostenendo che non ha capito cosa gli
stavano dicendo dal muretto».
L’impressione è che nel 2014 i piloti
multi-tasking, capaci di occuparsi di
più cose contemporaneamente,
saranno favoriti. E’ la verità oppure
in realtà dovrete badare solo a qual-
che bottone e si è esagerato molto al
riguardo?
«Non si tratta tanto di spingere due o più
bottoni, probabilmente ci sono meno pul-
santi dello scorso anno, ma di gestire l’in-
tero sistema, e sotto questo aspetto i piloti
ora si trovano marginalizzati. Tutti dovre-
mo imparare».
Quindi i piloti useranno di più la
radio? Sono finiti i tempi in cui Raik-
konen poteva urlare al muretto di
lasciarlo in pace?
«Al momento sono molto contento che ci
sia qualcuno dall’altra parte del microfono
che mi passa le informazioni. E’ una gran
faticaccia capire come funzionano tutte le
varie componenti e cosa fare per ricavarne
il massimo possibile entro i limiti stabiliti.
Sono sicuro che nel corso della stagione le
cose diventeranno più chiare e il rapporto
fra abitacolo e muretto tornerà alla norma-
lità».
Perquattroannihai iniziato lastagio-
ne da favorito. Ti ci eri abituato?
«Niente affatto. Credo che dipenda tutto
dalle tue aspettative. Ovviamente le nostre
erano molto alte negli ultimi due anni, spe-
cie dopo i primi test nei quali avevamo capi-
to che tuttoper noi andavanella giustadire-
zione. Ma è solo dopo le prime gare che si
stabiliscono gli obiettivi per il campionato.
Non bisogna mai permettere che le buone
impressioni - o quelle cattive, come sta
accadendo ora - ti conducano a conclusioni
premature».
Per quello che hai potuto capire fino
adora, quantosonodivertenti lenuo-
vemonoposto?Negli ultimi anni ave-
vi sviluppato dei rapporti molto per-
sonali con le tuemacchine, arrivando
a battezzarle con nomi esotici…
«Va abbastanza bene, ma solo per quello
che posso giudicare dopo pochissimi giri.
C’è stato un passo indietro, le F.1 di que-
st’anno sono più lente, ma quanto più lente
lopotremocapirequandoavremounamac-
china che ci permetta di lavorare sulla velo-
cità».
Hai un nuovo compagno di squadra,
Daniel Ricciardo. Cosa hai capito del
rapporto che esiste fra compagni di
squadra? Fino a che punto la F.1 può
essere uno sport di squadra e quanto
invece resta un esercizio di egoismo?
«La nostra è una coppiamolto forte. Daniel
è nuovo nel team ma sono sicuro che mi
darà filo da torcere, e io cercherò di fare lo
stesso con lui. Sarà anche una buona occa-
sione per noi per imparare a lavorare insie-
me e entrare in sintonia come tutti gli altri.
Ma alla fine dei conti, e cioè in gara, prima
di tutto baderò a stare davanti al mio com-
pagno di squadra».
Avere un nuovo compagno a fianco
cambierà qualcosa per te?
«Non cambia un granché, si tratta di una
persona nuova con un nome nuovo, ma il
team è abituato a lavorare con gente diver-
sa. Certamente il primo anno sarà difficile
per lui e per il team conoscersi bene, e io
potrei avvantaggiarmene, ma Daniel ha
molto talento, è intelligente e sono sicuro
che impiegherà poco ad adattarsi. Il team
farà di tutto per aiutarlo, quindi alla fine
saremo il team più forte possibile».
Hai preso parte a 120 gare di F.1 e ne
hai vinte 39. Ti ricordi qual è stata la
più difficile?
«La gara in cui sono arrivato allo stremo
delle forze dal punto di vista fisico è stata la
mia prima a Indianapolis con la BMW. Non
era particolarmente lunga, e non faceva poi
così caldo, ma ero del tutto esaurito. Ovvia-
mente non l’ho dato a vedere, volevo dimo-
strare che ero pronto per correre in F.1, ma
il giorno dopo mi doleva ogni centimetro
del corpo. E’ stato tempo fa, e non si è mai
più ripetuto».
Frapocoricomincerai a fareedisfare
la valigia ogni due settimane. Sei
sempre tu a preparartela?
«Certo! Voglio sapere cosa mi porto dietro.
Se nonme la preparassi da solo sono sicuro
che prima o poi mi ritroverei a lamentarmi
di qualcosa - e a un tedesco è facile che suc-
ceda… - quindi preferisco continuare a fare
da solo».
Le tante trasferte e un calendario fit-
tissimo fanno di te il tipico acquiren-
te on-line. E’ così?
«A dire il vero sono abbastanza vecchio sti-
le. Se devo comprarmi un vestito preferisco
andare in un negozio e provarlo di persona.
Nonsonounoche riescea capiredaunapic-
cola immagine sullo schermo del computer
se una certa cosami andrà bene. Se compro
qualcosa voglio subito vedermi allo spec-
chio!».
Che tipo di frequentatore di internet
sei? E’ noto che non ami tanto i social
network.
«Seguo lo sport, soprattutto calcio e tennis.
Do un’occhiata ai giornali,ma è tutto. Cerco
di non sprecare troppo del mio tempo al
computer».
Da sette settimane sei diventato papà
di una bambina. Come riesci a conci-
liare la vita familiare con la tua car-
riera?
«Come ho sempre fatto: mantenendo pri-
vato ciò che è privato!».
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