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L’INTERVISTA
JARNO ZAFFELLI
Silvano Taormina
Quando nasce Studio Dromo?
Studio Dromo nasce nel 2000 con l'intento
di progettare e costruire un autodromo a
Reggio Emilia, la mia città, che poi purtrop-
pononha trovato compimento. Fino al 2007
mi sono occupato di progetti che son rima-
sti sulla carta fino a quando, nel luglio del
2008, mi ha richiamato il cliente con il qua-
le stavo progettando l'autodromo di Reggio
Emilia chiedendomi di spostare il progetto
inVeneto. Nel 2009 sono stato contattato da
Misano per una consulenza e per la prima
volta ho utilizzato il sistema DroCas. Da li in
poi sono arrivate altre chiamate da Imola,
Mugello, di nuovo Imola e infine Varano.
In che cosa consiste esattamente il
sistema DroCas e come funziona?
Si tratta di un sistema certificato che, a par-
tire da un modello tridimensionale della
pista, calcola le probabilità di caduta o inci-
dente in un determinato punto del tracciato
e inparticolarmodo di prevedere dove si fer-
meranno il pilota e il mezzo. In questomodo
è possibile progettare l'ampiezza delle vie di
fuga, la superficie necessaria d'asfalto e di
ghiaia, la distanza delle barriere e il posizio-
namento dei marshall per un intervento
tempestivo ed efficace. Per sviluppare Dro-
Cas sono stati presi in esame oltre trentami-
la incidenti.
Questo sistema è stato utilizzato con
successo a Termas de Rio Hondo, il
tracciato che di recente ha ospitato
per la prima volta la MotoGP. Come è
nata la collaborazione con gli organiz-
zatori argentini?
Con una semplice telefonata. Una volta
venuto a conoscenza del fatto che laMotoGP
avrebbe fatto tappa in Argentina, ho contat-
tato gli organizzatori proponendomi per la
ristrutturazione del tracciato già esistente.
Da li è nata la nostra collaborazione.
Quali sono le particolarità di Termas
de Rio Hondo?
Ci sono alcune curve uniche nel loro genere.
La curva 2, progettata interamente da Stu-
dio Dromo, ha un banking variabile con
quattro tipi di inclinazione diversa. La 3
invece è una curva negativa, ovvero il ban-
king va a scalare verso l'esterno e, in caso di
errore, il pilota ne paga le conseguenze in
termini di perdita di velocità nel lungo retti-
lineo successivo. Infine l'ultimo tornante ha
le linee di una "traiettoria ideale" di un tor-
nante tradizionale, pertanto si presta a
diverse interpretazioni.
In effetti, durante la gara, si è avuta la
percezione chepiùdi una curva si pre-
sta ad essere interpretata con diverse
traiettorie. In che modo avete cercato
di raggiungere questo obiettivo?
In genere i progettisti hanno una filosofia
diversa nel disegnare curve in grado di offri-
re più traiettorie, ovvero allargare la larghez-
za in uscita. Per me l'ideale è progettare una
curva in grado di trarre in inganno, che non
sia perfetta. Talvolta anche con una visibili-
tà in entrata non proprio ottimale. Parados-
salmente preferisco creare delle piste "peri-
colose", il pilota deve avere paura di sbaglia-
re. Non deve essere il layout ad essere sicu-
ro, ad esempio spezzando i rettilinei con del-
le chicane, ma ciò che c'è oltre le curve, ovve-
ro le vie di fuga in asfalto, quelle in ghiaia, le
barriere di protezione e quant'altro.
Rio Hondo
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