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GP F.1 supereranno di poco le 30 mila uni-
tà nel 2009. E poco successo hanno avuto
anche altri eventi motoristici, quali il
WTCC, la MotoGP, il mondiale FIA GT, la
World Series Renault. Segnali inequivoca-
bili di un mancato interesse locale per il
motorsport, che decreterà la dipartita del
Circus.
POCA LUNGIMIRANZA
CON IL GP DI VALENCIA
Il progetto “Valencia Street Circuit” è stato
varato nel 2008 quando Ecclestone pareva
orientato verso i circuiti cittadini, per avvi-
cinare maggiormente la F.1 al pubblico. La
nuova pista era ricavata nella zona del por-
to, totalmente da riqualificare, dove si tro-
vavano le strutture utilizzate dai sindacati
che hanno preso parte all’edizione della
Coppa America di vela. Il progetto è stato
realizzato grazie ai finanziamenti della
Comunità Valenciana, che ha aperto i cor-
doni della borsa sulla spinta del partito
popolare locale. La Spagna è arrivata così
ad ospitare due GP, quello nazionale e quel-
lo d’Europa. Ecclestone vedeva infatti nel-
l’emergente economia iberica, una preziosa
gallina dalle uova d’oro. Ma le aspettative
della nuova corsa in riva al Mediterraneo
verranno via via disattese, l’interesse del
pubblico è stato sempre minore, così come
gli investimenti. I guai giudiziari dei politi-
ci fautori del progetto, decreteranno la fine
del circuito cittadino di Valencia dopo soli
cinque anni. Abbandonata a se stessa, l’in-
tera struttura è tuttora in stato di profondo
degrado.
LA F.1 PORTA SOLDI
ALL’ECONOMIA LOCALE?
Attualmente le new entry in calendario che
possono sorridere sono Abu Dhabi, Singa-
pore ed Austin. I primi due riguardano real-
tà ricche sotto il profilo finanziario, mentre
quanto concerne la terza, va precisato che
negli Stati Uniti il motorsport ha una tradi-
zione solida e questo aiuta. Resta il fatto che
i fallimenti di cui sopra, invitano a porsi
qualche interrogativo. Ad esempio, la pre-
senza di questa F.1 in un determinato Pae-
se, funge sempre da volano per l’economia
locale? In realtà, quanti anni devono tra-
scorrere prima che la F.1 prenda realmente
piede? Anche nei Paesi europei, con una
tradizione motoristica radicata e con un
certo interesse degli appassionati, il bilan-
cio non è certo dei migliori: le crisi di cir-
cuiti come Spa, Hockenheim e Nurbur-
gring, per non parlare del fallimento di
Magny-Cours, la dicono lunga. Di sicuro, i
nuovi lidi dorati soddisfano molto bene le
finanze del Circus (non solo di Ecclestone)
nel breve termine. Una sorta di pronta cas-
sa che poi sul lungo periodo mostra tutte le
sue problematiche, costringendo “Mister
E” a migrare verso altre realtà da spolpare.
“PIANETI” DA DEPREDARE
E’ QUESTA LA F.1 DI OGGI?
E’ una situazione che paradossalmente ci
porta alla mente la trama di un film fanta-
catastrofico del 1996, “Indipendence Day”,
dove la terra viene invasa da una specie alie-
na che vaga per la galassia alla ricerca di
pianeti a cui depredare tutte le risorse
disponibili. Ora, senza paragonare le hospi-
tality del paddock alle astronavi madre e le
monoposto a dischi volanti a propulsione
nucleare, va però sottolineato che la terra
bruciata lasciata con alcune cattedrali nel
deserto è preoccupante. In questi giorni,
Ecclestone ha lanciato messaggi molto
chiari sia all’Autodromo Nazionale di Mon-
za circa la rinegoziazione del contratto in
scadenza nel 2016, sia all’Automobile Club
d’Italia. Malgrado la sua posizione sia inde-
bolita, vuoi per il processo in Germania,
vuoi per l’audience sempre più in calo del-
la F.1, “Mister E” fa ugualmente la voce
grossa, minacciando di togliere Monza dal
calendario e magari anche la F.1 in Italia.
Circa il Mugello, tanto invocato da Monte-
zemolo, Ecclestone ha dichiarato testual-
mente di non aver ricevuto alcuna propo-
sta. Imola pare invece finita nel dimentica-
toio. E non sappiamo fino a che punto con-
ti quella tradizione storica di cui il traccia-
to brianzolo si può vantare. Ecclestone si fa
forte paventando una lunga fila di governi
che bussano alla sua porta per ospitare il
Circus. Dopo la Russia che esordirà que-
st’anno, si parla della Thailandia, del Mes-
sico, dell’Azerbaidjan e dello stato america-
no del New Jersey, che ogni anno torna alla
ribalta e viene sempre rimandato. Qualcu-
no sostiene perfino che buona parte di que-
ste candidature siano degli specchietti per
le allodole utilizzati da “Mister E”, per far
lievitare i prezzi dei contratti in scadenza
coi vari autodromi. Se così fosse, si confer-
merebbe la strategia del “tutto e subito”, di
sicuro conveniente oggi, ma sul futuro?
Inoltre, il valore del prodotto F.1, ha ragio-
ne di essere pagato le cifre astronomiche
avanzate da Ecclestone? Da anni i GP sono
orfani di grandi costruttori come Honda,
BMW, Toyota, con la Renault che s’è limi-
tata a fornire solo i motori. Al di là di Mer-
cedes, Ferrari, Red Bull e McLaren, quanto
vale una griglia riempita con scuderie dalle
finanze border line? Tanti interrogativi in
attesa di risposta.
ti problemi. I lavori procedevano a rilento,
al punto da mettere a rischio la disputa del
GP. La scarsa presenza di spettatori ed il
canone richiesto da Ecclestone, hanno
indotto gli organizzatori a chiedere una
riduzione economica, ma il “Supremo” è
stato inamovibile. Oltre alle continue perdi-
te ingenti, che pare abbiano superato i 26
milioni di dollari, naufragava anche l’idea di
edificare l’area. Il GP di Corea si è fermato
così alla terza edizione delle sette previste
inizialmente dall’accordo con Ecclestone.
AI TURCHI LE CORSE
NON INTERESSANO
Un po’ più longeva è la sorte toccata alla
Turchia. Nel 2005 si è alzato il sipario sul-
l’Istanbul Park, una delle più belle creazio-
ni di Tilke, che si sviluppa lungo numerosi
saliscendi e curve impegnative. Le tribune
hanno una capienza complessiva di circa
125mila spettatori, ma in sette edizioni del
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