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le sono da sempre molto legati:

vogliamo analizzare meglio in che

modo?

“L’equipaggio (in francese “equipe” rende

benissimo l’idea) dei “marinai Dallara” che

ha progettato e costruito il trapano eramol-

to snello: abbiamo lavorato alla progetta-

zione e alla costruzione del trapano al di

fuori del normale orario di lavoro. C’era il

Responsabile della Produzione, Italo Mon-

tanari, ora in pensione, uomo dal grande

senso pratico di cui mi ricordo sempre le

metafore del mondo contadino, robusto e

semplice, applicate all’esplorazione spazia-

le, Matteo Serventi un giovane progettista

mago delle superfici ora padre di due bam-

bini, due un bravissimi meccanici Mario

Spirelli e Andrea Bernazzoli ed io, nessun

manager: … interessante, vero? Ci gestiva-

mo da soli tra tanti altri progetti così urgen-

ti e così importanti che…adesso proprionon

ne ricordo più nessuno. Questo progetto del

“trapano spaziale” era delicato, sobrio, con

un così profondo respiro del tempo che for-

se resterà nella memoria del genere umano

come atto coraggioso di conoscenza; così

come fece Galileo che osò scrutare la luna e

i pianeti per scoprire che questi non erano

perfettamente sferici come i filosofi e i teo-

logi pretendevano di imporre per dogma di

fede; come fece Werner von Braun il quale,

dopo gli anni terribili in Germania dedica-

ti allo sviluppo della micidiale V2, fu accol-

to dagli Americani e, grazie alla sua espe-

rienza con gli strumenti di morte, addirit-

tura guidò il programma spaziale che con-

quistò la Luna all’Umanità.

A un ingegnere come te viene mai la

tentazione di progettare una vettura

da corsa tele-guidabile come una

astronave?

“Forse avevo questa tentazione, o meglio

questa presunzione, vent’anni fa quando

pensavo che i meriti dei successi in gara fos-

sero principalmente da ascrivere agli inge-

gneri.. Poi ho avuto la possibilità di guida-

re una piccola monoposto nei corsi di pilo-

taggio di Henry Morrogh e mi sono reso

conto che il pilota è quasi tutto. Anche die-

tro la missione Rosetta trovi i piloti: sono

gli uomini del centro di controllo di Dar-

mstadt, del Politecnico di Milano e di tante

altre aziende. Rosetta da sola non rappre-

senta nulla, è solo un oggetto perso nello

spazio”.

In questi giorni esce sugli schermi il

kolossal americano “Interstellar”,

che narra la ricerca di un habitat

alternativo alla terra a grandissima

distanza da noi. Oggi disponiamo di

una tecnologia adatta a questo com-

pito?

La tecnologia c’è, ovviamente; manca il

sogno. Scriveva EmilyDickinson una bellis-

sima poesia:

Per fare un prato basta un filo d’erba

e un’ape

Un filo d’erba e un’ape

E un sogno

Un sogno può bastare

Se le api sono poche

Se pensi che l’uomo ha camminato sulla

Luna quasi cinquant’anni fa, senza super

computer, Internet, GPS, carbonio, proces-

sori real-time, quanto meglio potremmo

fare oggi!!… Cercare un habitat alternativo

significa che dobbiamo scappare da qui, che

abbiamo riempito di rifiuti questo nostro

mondo ( Mondo vuol dire proprio “pulito”)

e l’abbiamo reso nocivo a noi stessi.

Pensa per un attimo all’isola di Pasqua,

un’isola così lontana dal continente che

per millenni non c’è stata la possibilità di

comunicare con altri: gli abitanti hanno

distrutto tutti gli alberi e tutti i prati per

spostare ed erigere inutili idoli di pietra

fino a causare la morte di tutti. Ora esten-

di la dimensione dell’isola di Pasqua al

Mondo e ritrovi la stessa dinamica: sia-

mo limitati e finiti, ci conviene avere cura

dell’unico Mondo che ci è dato… “Conser-

viamo quello che non possiamo genera-

re!”

Perché questa missione ?

“Perché solo andando indietro nel tempo

possiamo capire chi siamo e possiamo usa-

re la fionda del tempo per avanzare verso il

futuro. Da soli con i nostri mezzi non arri-

veremo mai; se ci basiamo solo sulla forza

dei nostri remi dopo un po’ ci stanchiamo;

se invece alziamo la vela e la sappiamo

governare, voliamo nel vento e arriviamo

dove vogliamo.

Le comete, così come gli asteroidi sono

detriti di collisioni avvenute al tempo della

formazione del sistema solare. Dall’analisi

dei campioni di suolo cometario troveremo

amminoacidici, ammoniaca o cristalli pri-

mordiali e capiremo meglio la sostanza del-

le stelle, del Cosmo ( che significa letteral-

mente il Bello Eterno ) e di noi stessi. “Noi

siamo fatti della stessa sostanza delle stel-

le!”.