Altro che brodino. Altro che gallina vecchia. Per capire bene quanto vale Vale, il fenomeno dei nove mondiali, ormai conviene guardargli il lato B. Il retro della maglietta che portava a Sepang, sul podio del suo nono iride, col pennuto incazzereccio che faceva il verso ai coccodè autoironici del davanti. Il lato B della sua personalità, che nel corso degli anni è cambiata, si è evoluta e frastagliata, complicata e completata. Rossi in apparenza resta il solito ragazzino irriverente e prendingiro, un pulcinone tutto magate e sarcasmi cresciuto dentro la sua stessa tuta e il suo stesso mito.
Ma appena sotto la pelle dei sorrisi a tutto bulbo oculare, dei baci slinguati alla telecamera, dei siparietti con il fan club, è diventato un uomo più saggio, meno impulsivo. Sempre capace di fare spettacolo, ma sempre più abile a far di calcolo. A ragionare con il limite, invece che a scherzarci sopra. I campionati, il Rossi prima maniera era abituato a vincerli dominando, schiacciando, irridendo, rifilando sorpassi con la linguaccia. Quest’anno ha vinto soffrendo, prendendosi poche gare, almeno per i suoi standard, appena sei, ma navigando con arte e tigna fra gli errori, suoi e del suo team, invece di cavare lepri infinite dal cilindro profondissimo del talento. Certo, ha sverniciato Lorenzo all’ultima curva a Montmelò – ma lo ha fatto perché doveva. A Sepang invece, sotto il diluvio che avrebbe potuto costargli uno scivolone imperdonabile, all’inizio ha tirato una frenata “che non sembrava finire più”. E alla fine, quando ha capito che il podio era già conquistato e che tanto bastava a muovere un passo in più verso la leggenda, per sua stessa ammissione “ha tirato i remi in barca”.
Del resto a 30 anni suonati certe maschere iniziano a diventare strette, urge venire a patti con nuove curiosità e nuove saggezze, con traguardi ulteriori. Senza perdere il gusto della vita, ma lasciando i lazzi più corrosivi a chi può permetterseli, al clan, agli amici, ai fan. Il vecchio Valentino, il “burdell” riccioluto forgiato dalla “cava” e dalle minimoto, è evaporato definitivamente durante i mesi cupi dello scandalo fiscale, arso da quella improvvida diretta televisiva.
Il nuovo Valentino, quello maturo, è nato da una placenta anche dolorosa, fatta di sconfitte e di dolori, pubblici e privati. Impenna sempre, l’uomo che fu Rossifumi, ma ha imparato a usare più diplomazia. Con Biagi erano sportellate e schiaffoni, con Stoner c’è stato rispetto, e premura quando l’australiano è sprofondato nel mistero; con Lorenzo fermezza, ma anche ovatta: il ruolo del bimbo pestifero non è più il suo. Rossi è ormai salito sulla nuvoletta stratosferica dei serial winner, dei Cannibali totali. Dei Federer (15 Slam nel tennis) e dei Nurmi (9 ori olimpici nel mezzofondo), delle Latynina (32 medaglie olimpiche nella ginnastica), dei Redgrave (5 ori olimpici e 9 mondiali nel canottaggio) e dei Carl Lewis (9 titoli olimpici in dodici anni). Fenomeni di longevità, oltre che di bravura. Non lampi di genio, ma generatori costanti di meraviglia.
Valentino è un balsamo nazionalpopolare e interclassista, con le ultime imprese ha disintegrato la concorrenza esterna e messo a tacere anche la dissidenza interna, quella degli italiani che per un paio d’anni hanno stentato a perdonargli lo caduta di stile fiscale. Valentino santo subito, ha scritto qualcuno, ma il Beato di Tavullia di trasformarsi in reliquia non ne ha ancora voglia. Superati i record di Hailwood (vittorie ottenute) e di Ubbiali punta a raggiungere quelli di Agostini, che però ai suoi tempi correva il doppio di gare ad ogni stagione.
Gallina vecchia? Figuriamoci: “Correrò ancora per la Yamaha nel 2010, poi vedremo, potrà succedere tutto o niente”, ha detto a Sepang. “Lorenzo sarà pericoloso anche l’anno prossimo, ma per ora nei duelli ho vinto sempre io”. Maturo, ma corrosivo. Di contorno oggi c’è la passionaccia per i rally (correrà in Messico l’anno prossimo), l’invaghimento per la Rossa (“A Domenicali ho già detto che vorrei provarla di nuovo”). C’è soprattutto un metabolismo dei desideri che, quello sì, stenta a rallentare, a invecchiare: “Battermi adesso vale il doppio, ma resta difficile perché a me perdere mette di cattivissimo umore. Posso correre fino a 34-35 anni. Non sono più un ragazzino, ma vivo in un piccolo Paese e da giovane mi innervosivo perché la gente non mi lasciava tranquillo, adesso ho capito che fa parte del gioco, e che sarà così anche quando smetterò di correre. Quindi tanto vale che continui a correre, no?”. Regalaci ancora tanti ovetti, Campione.
Stefano SemeraroNella foto, Valentino Rossi
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Magazine Italiaracing n. 59