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FORMULA 1
KEVIN MAGNUSSEN
Stefano Semeraro
«La McLaren è stata parte della mia vita
sin da quando ero piccolo. Mio papà Jan
è stato un test driver del team e ha corso
anche un GP con loro, nel 1995. Ho sem-
pre sognato la McLaren: sarà davvero spe-
ciale correre con questa macchina e la
scritta ‘Magnussen’ a fianco dell’abitaco-
lo». Kevin Magnussen, l’ultimo dei figli
d’arte che approda nel Circus, in queste
settimane è un ragazzo che vive il sogno
della vita. Ma che si ritrova addosso una
pressione non indifferente. Nel 2014
sostituirà Sergio Perez in una delle scude-
rie mito della F.1, si troverà a correre a
fianco di un campione del mondo come
Jenson Button, con il compito non espli-
cito, ma che corre insistentemente sotto
traccia, di far rivivere il ricordo di Lewis
Hamilton. Cioè dell’ultimo rookie a corre-
re, e con quali risultati, su una McLaren.
«Il fatto che Lewis abbia fatto esattamente
quello che ho fatto io è una buona cosa per
me - sostiene Kevin - perché significa che
il team ha già vissuto una esperienza simi-
le, ha già dovuto preparare un debuttante
al suo primo GP. Il fatto che poi Lewis
abbia fatto così bene non è un problema,
dimostra anche questo che è una cosa fat-
tibile, che un rookie può cavarsela bene
all’esordio». Una mentalità decisamente
positiva. Il campione in carica della
Renault 3.5 dovrà fare i conti con una pre-
parazione decisamente ridotta rispetto a
quella del suo dotatissimo predecessore:
Hamilton prima di debuttare ebbe modo
di percorrere almeno 10.000 chilometri
sulla sua McLaren di allora, oggi le limi-
tazioni dei test ne concedono decisamente
di meno. Ma la cosa non sembra preoccu-
pare troppo Magnussen junior.
«Se fossimo nel 2005 direi che non sono
ancora pronto - spiega tranquillo - ma
oggi non ha neanche senso dire se uno è
pronto o no, perché non ci sono abbastan-
za test per prepararsi. Diciamo che date le
circostanze, sarò pronto per quanto oggi
sia possibile esserlo». Qualcuno sostiene
che un sedile in F.1 avrebbe potuto trovar-
lo anche un anno fa, ma su questo Kevin
taglia corto: «Un anno fa non valeva nep-
pure la pena parlarne. Forse ero già abba-
stanza veloce, ma non ero ancora al giusto
livello mentale, dovevo crescere». Parole
assennatissime, che del resto vanno d’ac-
cordo con il ritratto dipinto ad Autosport
dal suo ex “principale” nella Renault 3.5,
il boss della DAMS Jean-Paul Driot:
«Kevin ha un grande futuro, perché è a
posto mentalmente e questa è la cosa più
importante. Sa come gestire l’attenzione
che c’è su di lui. E’ molto concentrato e
non credo si farà distrarre da tutto quello
che la F.1 si porta dietro. Questo è il suo
forte».
Anche Jonathan Neale, il direttore esecu-
tivo dellaMcLaren, è convinto che l’ultima
stagione abbia contribuito a svezzare il
talento del ragazzo. «Nel 2013 - sostiene
Neale - Kevin ha cambiato marcia. Ha ini-
ziato a mostrare tutte le qualità che, nel
giusto tempo, faranno di lui un grande
pilota. Per vincere le World Series by
Renault devi essere uno completo: saper
lavorare con gli ingegneri, capire la tecno-
logia, mostrare carattere per superare gli
inevitabili alti e bassi. Negli anni scorsi,
Kevin aveva mostrato di avere la velocità
pura e l’aggressività giusta, ma quest’anno
ha come preso il controllo di tutto. Ora sa
quando deve spingere e quando preoccu-
parsi di portare a casa la macchina. E’ sta-
ta questa disciplina che gli è valsa una
grande vittoria nel campionato». Eppure
alla DAMS, all’inizio, c’era stata qualche
scintilla con il team, come conferma
Driot: «Kevin ha un carattere molto forte,
è a volte un po’ testardo nel suo modo di
lavorare, e anche da noi c’erano delle per-
sonalità decise. Quando abbiamo capito
che dovevamo aprirci, aiutarlo e non met-
terci in lotta con lui, le cose sono miglio-
rate. Anche perché Kevin è molto profes-
sionale, lavora moltissimo sui dettagli. E
ha una grande capacità: quella di dare il
meglio in tutti i settori di una pista nello
stesso giro di qualificazione».
Un percorso che potrebbe ripetersi alla
McLaren, come spera Neale: «Kevin ha 21
anni, deve imparare ancora molto, e sta a
noi proteggerlo dagli inevitabili alti e bassi
del suo mestiere. Ma è anche pieno di
energia, ha tanta voglia di fare bene e que-
sto ha elettrizzato tutto il team. Kevin è
uno affamato, ma anche molto controlla-
to». A spiegargli che essere veloci, giovani
e competitivi non è sufficiente a primeg-
giare sul suo nuovo palcoscenico, è stato
anche Martin Withmarsh, il team princi-
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