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FORMULA 1
LA TECNICA – V8 1. PUNTATA
Testi, foto e disegni di Paolo D’Alessi
o
Col recente Gran Premio del Brasile, che ha visto l’ennesima trionfale affermazione di Seba-
stian Vettel non è andata in archivio solo una delle stagioni più scontate e noiose della storia
della Formula 1, ma si è anche chiuso un ciclo tecnico, iniziato otto anni fa. Quello degli otto
cilindri aspirati di 2.400 cc, voluto alla fine della stagione 2005 dalla Federazione dell’auto
per i soliti motivi: aumentare lo spettacolo e ridurre i costi. Per questo, come detto, nel 2006
la cilindrata massima viene ridotta da 3.000 cc a 2.400 cc e il numero dei cilindri passa da 10
a 8. In termini di prestazioni pure, questo vuol dire perdere non meno di 200 CV, passando
da valori prossimi a 920/940 CV a 720/740 CV massimo, con regimi di rotazione e stress dei
materiali impiegati decisamente più contenuti. Dal punto di vista agonistico la Formula 1 a
otto cilindri può invece essere idealmente divisa in due distinti periodi: una prima fase, che
va dal 2006, al 2009, caratterizzata da un certo equilibrio tra le forse in campo, mentre la
seconda, dominata dalla Red Bull è vissuta sulle imprese di una sola scuderia, l’unica che abbia
saputo approfittare di una relativa stabilità regolamentare ed esasperare la ricerca aerodina-
mica per dominare la scena. Con una Federazione che per quattro anni di fila non ha saputo,
o non ha voluto, modificare i regolamenti per ristabilire un certo equilibrio tra le forze in cam-
po. Di tutto questo parleremo in una serie di articoli, che ripercorrendo la storia della Formula
1 recente, analizzano gli eventi tecnici che l’hanno caratterizzata, le contraddizioni e le pole-
miche, che mancano mi nella categoria regina dell’automobilismo mondiale.
2006
ALONSO DI UN SOFFIO
Il cambiamento regolamentare fa bene alla F.1. L’entusiasmante duello al vertice tra Ferrari
e Renault, tra Fernando Alonso eMichael Schumacher spazza via l’immagine di una categoria
soporifera, noiosa, prevedibile e sconfessa tutti quelli che, al termine della stagione 2005,
avevano pronosticato l’inizio di un nuovo periodo nero per le rosse di Maranello e l’ipotesi
di uno Schumacher sul viale del tramonto, di un campione demotivato. Nulla di tutto ciò: il
mondiale 2006 è una delle stagione più incerte e combattute degli ultimi anni. Il merito,
come detto, va a due piloti e due team, Renault e Ferrari, che monopolizzano letteralmente
la scena. La compagine diretta da Flavio Briatore, forte di unamonoposto versatile, affidabile
e perfettamente a suo agio con le radiali Michelin di nuova generazione, detta legge nelle
prime gare in calendario, ma a partire dalla gara di Indy le Bridgestone rilanciano
le rosse di Maranello, costringendo la Renault in difesa. Per tre mesi e
mezzo Alonso e Fisichella disertano il gradino più alto del podio,
mentre Schumacher azzera il divario di 25 punti che in Canada
lo separava dalla prima guida Renault. A fine campionato, per
il secondo anno consecutivo, la
matematica premia il
binomio
Alonso-
Renault ma, se in
Formula 1 vales-
sero di ex-
aequo, sareb-
be più corret-
to assegnare
il titolo piloti
e
quello
costruttori a
Ferrari
e
Renault e ad
Alonso e Schu-
macher.
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