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SPECIALE
IL CUORE NELLE CORSE - 9A PUNTATA
Spinoza sono “omnia praeclara rara”); per
gli americani il “valore” è convenienza, faci-
lità di acquisto, comodità. Parlare di “Valo-
re” o di “valore” può generare equivoci cul-
turali.
Riscaldato il motore da queste premesse,
partiamo allora e insieme analizziamo
come si “vende” e come “ci si vende” nel
mondo delle corse. Una domanda brutale :
Oggi quanto conta l’immagine di un pilota?
«“Storia”, nell’italiano antico “historia” vie-
ne dalla radice (v)id da cui vedere, video e
idea. Per millenni e fino all’avvento della
fotografia e della televisione, ciò che si
vedeva con i propri occhi era per forza vero
e quindi diventava storia. Solo da pochi
decenni le immagini, gli effetti speciali, i
film possono essere costruiti e modificati a
piacere, per cui la realtà vista con gli occhi
non è più necessariamente vera. Di questo
alterazione della realtà non siamo sempre
consapevoli: l’immagine è così importante
perché il nostro inconscio millenario crede
ancora che sia vero tutto quello che vedia-
mo. L’immagine di un pilota è tutto, pro-
prio perché noi la riteniamo vera e così le
interviste, le fotografie, le sequenze video.
L’immagine di un pilota è poi amplificata
da esperti di comunicazione e caricata di
emozioni che impregnano i nostri sensi: la
velocità, la paura della morte, il rumore del
motore, i colori della tuta e del casco, il tim-
bro della voce. Pensiamo alle corse se non
ci fossero immagini: ascolteremmo per due
ore la radiocronaca di una gara di Formula
1? L’immagine del pilota è tutto e le corse
sono in buona sostanza “storie” di piloti,
più che di macchine e tecnologie. Senna ha
vinto con Williams e McLaren, Schuma-
cher ha vinto con Benetton e Ferrari, Alon-
so ha vinto con Renault e Ferrari. Pochi si
ricordano se i motori fossero turbo o aspi-
rati e le gomme Michelin o Bridgestone o
Pirelli oGoodyear. Il nostro cuore delle cor-
se batte per gli eroi, non per le macchine
meravigliose che spesso portano al traguar-
do. Vettel è un super eroe e se le Formula 1
fossero tutte verniciate con lo stesso colore,
la maggior parte dei tifosi non saprebbe
distinguere la Ferrari dalla Mc Laren».
Un tempo però i piloti giravano da
soli, al massimo con un amico-mec-
canico. Oggi già dalle categoriemino-
ri si vedono campioncini (o caricatu-
re di campioncini), accompagnati da
uno stuolo di agenti, manager, pro-
curatori: secondo te quali di questi
ruoli sono giustificati da un’esigenza
reale?
«Lo stuolo che “circonda” il pilota deve
garantire che l’immagine (dichiarazioni
stampa, fotografie, video, twitter, et cetera)
sia appropriato; questo guscio di protezione
però allontana il campione dai tifosi. Il cam-
pione intelligente, maturo, sicuro di sé non
esita però a uscire dal guscio per mostrarsi
come è, e Papa Francesco ne è un esempio:
la sua responsabilità è molto più impegna-
tiva di quella di unpilota di Formula.Micro-
foni e telecamere convergono sempre accal-
candosi sui piloti come le mosche si accal-
cano su quello che piace allemosche; i piloti
in parte li assecondano e in parte li ignorano
così come i tori con le mosche, come chi è,
molto abituato a microfoni e telecamere, li
sa ignorare e rimanere padrone di sé».
Quale attenzione, secondo te, è
opportuno che un team riponga nel
marketing? E Dallara come costrut-
tore?
«Partiamo dal team. Ogni spazio disponibi-
le sulla macchina ha valore commerciale,
così gli spazi in officina, il sito web, il mer-
chandising, fino alle tute dei meccanici.
Questo è ciò che il team può fatturare e
aggiungere alla sponsorizzazione portata
dal pilota per completare il budget: compito
del marketing è allora procurare alla squa-
dra un fatturato per coprire spese di parte-
cipazione alle gare, noleggio dei motori,
acquisto di gomme, automobili e relativi
ricambi, personale e attrezzature. Il marke-
ting genera fatturato, ma questo fatturato è
a sua volta un costo per lo sponsor: lo spon-
sor continuerà a finanziare la squadra se
questo costo è giustificato da un fatturato
“misurabile”, cioè dall’aumento delle vendi-
te dei prodotti pubblicizzati. Gli aspetti
marketing sono così importanti che, ad
esempio, per una squadra Indycar di circa
30persone, almeno 5 sonodedicate a tempo
pieno per trovare, intrattenere e trattenere
gli sponsor. A questo proposito segnalo un
curioso esempio di competizione in campo
marketing tra le squadre Indycar: per la sta-
gione 2014 LaNational Guard, cioè la Guar-
dia Nazionale degli Stati Uniti, che già ha
sponsorizzato nei cinque anni precedenti
una squadra della categoria, ha deciso di
rinnovare la sponsorizzazione per altri cin-
que anni ed ha contattato tre squadre diver-
se chiedendo loro cosa offrissero: macchine
in esposizione nelle caserme, visite dei piloti
alle cerimonie commemorative, discorsi
motivazionali. Ha vinto la squadra che ha
proposto le cose più interessanti per un
cliente così particolare. Dallara? Dallara
nonha sponsor, Dallara nonha una squadra
corse e il fatturato del Motor Racing provie-
ne dalla vendita di macchine e ricambi. Dal-
lara è una società di ingegneria, con una
buona officina meccanica di precisione e
adeguate attrezzature di progettazione, spe-
rimentazione, ricerca e sviluppo. Dallara
non è troppo attiva nel marketing del Motor
Racing perché alcuni grandi costruttori di
veicoli stradali cercano la consulenzadi Dal-
lara in quanto il nostro nome non è inmodo
troppo ingombrante per il loro marchio. A
noi sta bene così».
Secondo la tua esperienza, quali
sono le strategie più efficaci per con-
vincere uno sponsor ad investire su
un pilota, una categoria o un team?
«Ci sono libri interessanti sull’argomento
soprattutto in lingua inglese, libri disincan-
tati, essenziali e obiettivi. Ne consiglio uno:
“Sports Sponsorship: A Professional's Gui-
de
” di BrianSims. Brianè stato fondatore del
MIA (Motorsport Industry Association),
pilota, direttore del circuito di Kyalami,
direttore sportivo di Lola e Benetton F1, ora
consulente per l’Università di Oxford Broo-
kes per innescare opportunità di collabora-
zione tra Università e aziende. Ecco alcuni
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