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FORMULA 1
PETER REVSON
Alfedo Filippone
Tra i tanti personaggi, grandi e irrepetibi-
li, degli Anni ’70, il periodo affascinante e
terribile che fa da cerniera in F.1 tra i tem-
pi eroici e quelli del professionismo, ce n’è
uno, che a distanza di tanto tempo, merita
di essere ricoperto e rivalutato: Peter Rev-
son, uno dei pochissimi statunitensi a vin-
cere un GP (gli altri furono Phil Hill,
Andretti, Ginther e Gurney), e uno che
dovette sudare non poco per giungere al
vertice, ribellandosi sia al destino voluto
per lui dalla famiglia che all’etichetta di
figlio di papà e playboy che gli cucirono
addosso. Ci riuscì, ma venne falciato quan-
do il bello era appena iniziato...
Nato a New York nel 1939, Revson era
potenzialmente ricchissimo: il padre e gli
zii erano i fondatori della Revlon, il colos-
so dei cosmetici e Peter fu cresciuto secon-
do gli usi dell’élite americana, frequentan-
do i college più esclusivi e la Columbia Uni-
versity, forgiandosi il carattere col baseball
e il football americano, e divertendosi fra
feste e uscite in barca nel Rhode Island.
Era, insomma, stato ‘programmato’ per
diventare un businessman di successo nei
piani alti dell’establishment della East
Coast. Salvo che la sua passione erano le
macchine da corsa e giunto il momento
delle scelte importanti, disse che voleva
fare il pilota, dopo essersi cimentato nelle
prime gare con una Morgan 4 alle Hawaii,
dove era stato mandato per un corso post-
universitario. Per cui, come nelle migliori
storie, sbatté la porta di casa e se ne andò
in Europa, perché il ragazzo, aggiungendo
difficoltà alla sfida, si era messo in testa di
sfondare nel Vecchio Continente, che con-
siderava la culla dell’automobilismo vero.
In tasca aveva tutti i suoi risparmi, 12.000
dollari guadagnati facendo il modello per
un’agenzia di pubblicità, cioè usando le
migliori armi di cui disponeva a quel
momento, la faccia e il fisico.
Sbarcato in Inghilterra nel 1963, comprò
una Cooper F.Junior con cui corse in ogni
dove, pettinando l’Europa in lungo e in lar-
go e vivendo nel furgone col quale traina-
va la monoposto. ‘Il mio status era decisa-
mente cambiato, ma almeno ero e mi sen-
tivo libero’. Anni intensi in cui fece un po’
di tutto, confusamente: vinse il GP di
Copenaghen di F.Junior nel 1963 e sbancò
il GP di F.3 a Montecarlo due anni dopo, si
cimentò due volte alla 24 Ore di Le Mans,
con la Ford GT40 di un’altro American boy
pazzo, Skip Scott, e nel mentre, non si
lasciò sfuggire l’occasione di debuttare in
Formula 1, disputando una manciata di GP
con una Lotus-BRMprivata di Reg Parnell,
che lo aveva preso in simpatia. Le sue con-
dizioni di vita erano leggermente migliora-
te e ora condivideva con Mike Hailwood e
Chris Amon un appartamento a Londra. Il
neozelandese, oggi unico superstite di quel
pericolosissimo trio, confessa: “Meno
male che le mura di Ditton Road non pos-
sono parlare...”
Dopo cinque anni di vita e di carriera bohé-
mienne, Peter si rende conto di non aver
raccolto granchè ed è anche molto prova-
to dalla scomparsa del fratello Douglas,
che lo aveva imitato in tutto ed era morto
in una gara minore in Danimarca nel 1967.
Per ‘Revvie’ suonò l’ora del ritorno negli
States, non all’ovile, bensì alle gare ame-
ricane, nella Trans-Am, grazie di nuovo a
Skip Scott.
Le storie, specie in America, possono
velocemente cambiare segno. La ‘botta di
culo’ che Revson aspettava arriva nel
1969, quando è quinto e miglior rookie
alla 500 miglia di Indianapolis, la gara più
in vista. Quello stesso anno vince la sua
prima gara USAC, sempre a Indy. E nel
1970, con le Sport è protagonista sfortu-
nato dell’edizione più memorabile della
storia della 12 Ore di Sebring: insieme
all’attore Steve McQueen, su una Porsche
908, fu battuto sul filo della lana dalla
Ferrari 512 di Giunti, Vaccarella e uno
scatenato Mario Andretti, autore di
un’icredibile rimonta finale. Ma ormai le
porte del professionismo e della celebrità
sono aperte, e con esse arriva anche la
riconciliazione col padre. Da pilota uffi-
ciale McLaren, Peter è secondo a Indy nel
1971 dopo aver fatto segnare la pole, e vin-
ce cinque gare e il titolo Can-Am, la pre-
stigiosa serie per sport con mostri che
sfiorano i mille cavalli. Peter è sulla ram-
pa di lancio ma pensa a una cosa sola: la
Formula 1 e tornare in Europa. Tyrrell lo
fa correre nell’ultimo GP del 1971, a Wat-
kins Glen, e poco dopo giunge l’assunzio-
ne in McLaren, dove ritrova come mana-
ger Teddy Mayer, un’altro americano che,
da pilota, era stato compagno di gavetta
in Europa.
Revson in pole a Indianapolis nel 1971
1...,42,43,44,45,46,47,48,49,50,51 53,54,55,56,57,58,59,60,61,62,...88
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