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FIA FORMULA 3

Il punto

Tante realtà

un unico obiettivo

Potendo vivere da dentro la realtà della Formula 3, si scopre

che gli spunti interessanti sono molti. E anche se la riserva-

tezza, in una serie dove tutte le vetture sono simili e ogni pic-

colo elemento può portare vantaggio, la fa da padrona, c’è

tutto un mondo che merita attenzione. A partire dai piloti. Non

smette mai di impressionare come ragazzi della stessa età a

spesso da background simili, di buona famiglia, possano avere

caratteri così diversi. Da chi sembra “piccolo”, ma ha la testa

di un consumato veterano, a chi vive come il nuovo James

Hunt, magari un filo meno estremo. Con un team Prema pluri-

campione nelle stagioni precedenti, si vive la sfida di vere e

proprie corazzate costruite con l’obiettivo di far venire meno

la supremazia tricolore. Dal team Carlin alla riscossa grazie

anche a Lando Norris, sul quale si è investito tantissimo (e lo

stesso inglese ha investito nella squadra), al Van Amersfoort

Racing che vede la partecipazione del canadese Guy Laliberté

(l’uomo del Cirque du Soleil), il cui figlio Kami corre in Formula

4. Fino al team Motopark, con Joel Eriksson che si è messo in

mostra come il pilota forse più completo di tutta la categoria,

al secondo anno della serie. O la HItech che ha in Mazepin il

massimo sostenitore dallo scorso anno.

Parola chiave

lavoro lavoro lavoro

Tutta la preparazione tecnica delle squadre ruota attorno alla

“legality” ovvero ai piani di riferimento che la FIA mette a di-

sposizione e che vengono utilizzati per le verifiche. Ogni mo-

difica all’assetto, ogni idea di set-up va verificata per assicurarsi

di mantenersi all’interno dei parametri regolamentari, ed evi-

tare sgradevoli sorprese. Dalle 8 alle 22, il lavoro è continuo

per le squadre di meccanici, anche per via di un programma di

gara che spesso e volentieri spezzetta molto l’attività. Per con-

verso, la vita del pilota è fatta di briefing e di sessioni con gli

ingegneri nel tentativo di trovare quel briciolo di differenza che

può voler dire vincere o restare perfino fuori dal podio. Dati e

onboard camera, è tutto buono, con l’aiuto dei coach driver

che tentano, per quanto possibile, di osservare e far trovare ai

loro “assistiti” qualche nuova idea o far loro limare millesimi

preziosi. Briefing e riunioni, roba all’apparenza noiosa ma che,

vista con gli occhi di un fan, potrebbe offrire un potenziale stra-

ordinario.

Ambiente bello

ma “filtrato”

Certo, c’è anche il momento del divertimento. Contrariamente

a quanto si possa pensare, quasi tutti i piloti sono dei veri ap-

passionati. Non solo dei droni focalizzati sul proprio campio-

nato e sulla propria performance in quel momento, ma anche

persone alla mano per di più competenti in fatto di auto

“vere”. Purtroppo, tutto ciò sparisce nel mondo del cliché del-

l’iper-professionismo di oggi, in cui non si può dire una parola

di troppo, né fare nulla di controverso. Un atteggiamento forse

comprensibile in Formula 1, ma oppressivo quando al centro

ci sono dei teenager che non possono, non gliene viene data

Se i piloti fanno tardi all’appello possono essere obbligati ad aiutare i

commissari la mattina dopo. Lando Norris, Jehan Daruvala, Nikita Mazepin e

Ferdinand Habsburg hanno dovuto posizionare a Budapest gli estintori a bordo

pista. Anche per il ritardo alla sessione autografi si rischia di essere “pizzicati”