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FORMULA 1
IL RICORDO
che sarà poco appagante, per la scarsa com-
petitività dell’Alpine. A consentirgli di fare
una seconda stagione in F.3 sono i fratelli
Pederzani, titolari della bolognese Tecno,
che ne intuiscono il talento e gli affidano
una delle loro vetture, con la quale vince il
titolo francese nel 1968. Sempre con la Tec-
no, disputa tre stagioni in F.2, vincendo tre
gare, e debuttando in F.1
al GP di Germania del
1969 (a quei tempi, le gri-
glie di F.1 venivano com-
pletate ogni tanto con del-
le F.2). Alla vigilia della
stagione 1970, Johnny
Servoz-Gavin, la grande
promessa francese alleva-
ta dall’Elf, decide improv-
visamente di rinunciare
alle gare. C’è un posto
libero alla Tyrrell, e Fran-
çois Guiter, il patron
dell’Elf scommette su
Cevert, suscitando perplessità in Tyrrell e
polemica in Francia, dove si ritiene che ci
sianopiloti piùmeritevoli di quel giovanotto
quasi sconosciuto. Ma François smentisce
tutti velocemente, compiendo una buona
stagione d’esordio sulla non compe-
titivissima March di Ken Tyrrell, che
nel 1971 esordisce come costrutto-
re. Per François, che chiude ilMon-
diale al terzo posto dopo aver conse-
guito i primi podi e vinto l’ultimo GP, è la
stagione della conferma. Nel 1972, le Tyrrell
subiscono la legge della Lotus ma l’anno
dopo si rifanno e Cevert
è sei volte secondo, nel
ruolo di spalla perfetta di
Stewart. In parallelo,
Cevert ha corso molto
con i Prototipi, come tutti
i grandi piloti dell’epoca,
ovviamente
per
la
“nazionale” francese che
è la Matra. E’ secondo a
Le Mans nel 1972, l’anno
della doppietta Matra, e
vince la 1000 km di Val-
lelunga del 1973, la sta-
gione trionfale del titolo
mondiale per le barchette blu.
Quarant’anni dopo la sua scomparsa, il
ricordo di Cevert, esempio di classe e di
lealtà, è ancora vivissimo. In Francia è un
mito sentito anche da chi allora non era
ancora nato (Jean-Eric Vergne
ha corso quest’anno a Montecar-
lo con il celebre casco blu-giallo-
rosso di François), gli hanno inti-
tolato vie e piazze, di recente anche
una scuola, mentre si sprecano articoli di
ricordo, documentari e libri. L’ultimo, bel-
lissimo, lo hanno scritto a quattro mani
Johnny Rives, lo storico inviato de L’Equi-
pe, e Jacqueline Beltoise, la sorella di Fran-
çois, che per l’occasione ha rotto un tabù e
aperto la valigetta porta-documenti che
François aveva con sé al Glen e che aveva
custodito per quarant’anni senza osare toc-
carla.
Colpisce che ancor oggi chi conobbe Fran-
çois fa fatica a parlarne senza commuover-
si. Fra questi, forse chi l’ha descrittomeglio
è Helen Stewart: “Esistono persone ecce-
zionali, che hanno tutto e un magnetismo
particolare. Nel corso di una vita ne incon-
tri due o tre al massimo, e lo capisci subito,
perché sono persone che conquistano subi-
to tutti quelli che hanno attorno e riempio-
no con la loro presenza lo spazio in cui si
trovano. Ecco, François, che per noi è stato
uno di famiglia, era uno di questi”. Una
cometa, ma che brilla ancora.
Con il prototipo Matra
Cevert privato: sopra al piano, a destra con Brigitte Bardot
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