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di Stefano Semeraro
In F.1 da un paio di stagioni sono tornate le
emozioni. Sorpassi, colpi di scena, finali di
stagione mozzafiato. Brividi. Anche di pau-
ra.
Eh sì, e ad ammetterlo, un po’ a sorpresa, è
stato persino un insospettabile come Fer-
nando Alonso. «A volte ho paura quando
guido queste monoposto – ha dichiarato
alla tv tedesca Rtl prima del GP del Nurbur-
gring – specie quando piove e c’è poca visi-
bilità, e poi recentemente quando le gomme
hanno dimostrato di cedere all’improvviso:
sono momenti in cui senti rispetto per la
velocità a cui vai, e avverti un senso di peri-
colo». Giusto: solo i fessi non hanno paura.
Anche se sentirlo dire da un bi-campeon
come Nando fa sempre un certo effetto.
Per lunghi anni ci eravamo abituati ad una
F.1 quasi anestetizzata. Pochi sorpassi,
nuovi circuiti sempre più sicuri, monopo-
ste dominate dall’elettronica con le quali
sembrava diventatomolto difficile sbaglia-
re. La sterzata imposta da Bernie Ecclesto-
ne, con l’introduzione del Drs tre anni fa e
soprattutto con la politica delle gomme-
saponetta ha come risvegliato emozioni
primarie. Gomme che si afflosciano, esplo-
dono, si delaminano. Gomme che rimbal-
zano nella pit-lane perché gare sempre più
pazze e frenetiche richiedono strategie
esasperate, variabili di giro in giro, e pit-
stop al limite dell’umano. Alonso e altri
piloti non hanno nascosto il disagio di
affrontare test su coperture non affidabili,
mentre la reazione dopo l’incidente che è
costato fortunatamente “solo” una spalla e
qualche costola al cameraman inglese al
Nurburgring è stata sintomatica: via i gior-
nalisti dalla pit-lane. Tutti al coperto, fuori
gli elmetti. Il sentimento non detto, non
confessato, è che come in passato – o come
quest’anno a Le Mans se preferite - una
tragedia possa tornare a turbare lo
show. «Chi ha vissuto come me il caos di
qualche decennio fa, quando nella pit-lane
non c’erano limiti di velocità – ha raccon-
tatoMartinWhitmarsh – in quel momento
ha annusato un odore che conosceva bene:
quello del pericolo».
Ma i pericoli non sono solo fisici. C’è anche
la paura delle grandi Case di sprecare inve-
stimenti milionari senza ottenere risultati e
facendo infuriare sindacati e azionisti (vedi
la Mercedes), e il timore dei piccoli di team
di non riuscire a farcela, di essere costretti
ad abbandonare una F.1 che nel buio della
crisi mondiale pare un mostro mangiasoldi
e nel quale, in un futuro forse nemmeno
troppo lontano, rischieremo di applaudire
solo i petroldollari arabi e russi.
In fondo è la vecchia contraddizione delle
corse, come l’ha spiegata bene l’ingegner
Toso su queste pagine, in una puntata de “Il
Cuore nelle Corse”. Ci battiamo per avere
corse sempre più sicure, più protette, ma
poi è il rischio, il brivido, l’emozione brutale
ad attirarci attorno ad un circuito.
Rassegnamci, senza abbassare la guardia.
La Formula Paura è una categoria che vivrà
fino a quando ci sarà qualcuno disposto a
rischiare la vita a bordo di una macchina. E
qualcuno disposto a pagare per guardarlo
sfidare la morte.
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