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B, COME BRIVIDI
Numerosi incidenti, fortunatamente senza
conseguenze per i piloti, sono rimasti nella
memoria degli appassionati. Nel 1981,
John Watson si schianta all’uscita della
seconda curva di Lesmo dividendo in due
la scocca della sua McLaren. Il nord irlan-
dese ne esce illeso, grazie anche all’abilità
degli avversari che riescono ad evitare i
detriti in pista. Nove anni dopo sarà un
altro pilota di SuaMaestà, DereckWarwick
a vivere attimi terribili. Al termine del pri-
mo giro, esce alla Parabolica. La sua Lotus-
Lamborghini si distrugge contro le barrie-
re e ritorna in pista capovolta. Nemmeno il
tempo di arrestare la folle corsa che il pilo-
ta sgancia le cinture, esce dall’abitacolo e si
precipita ai box, rincorso ed intervistato al
volo da Ezio Zermiani, per salire sul mulet-
to e ripartire al secondo start. Altro brivido
è targato Minardi nel 1993, quando all’ul-
timo giro Christian Fittipaldi, nipote del
grande Emerson, tampona il compagno
Pier Luigi Martini in piena velocità sul ret-
tilineo di fronte ai box. La monoposto del
brasiliano decolla e dopo aver compiuto un
looping atterra sulle quattro ruote sfioran-
do la vettura gemella. Sono attimi di terro-
re, ma il pilota è incolume.
C, COME CHAMPAGNE
E’ un aneddoto curioso quello che Clay
Regazzoni racconta in merito al G.P. d’Ita-
lia del 1971. Malgrado parta in quarta fila
con l’8° tempo, il ticinese scommette con
un amico ticinese, che alle curve di Lesmo
transiterà in prima posizione al primo giro:
in premio, una bottiglia di champagne. La
partenza viene ancora data manualmente
con la bandiera a scacchi e Regazzoni sa che
il direttore di gara Gianni Restelli è solito
calare il drappo dopo che le sole monopo-
sto della prima fila si siano fermate nelle
loro piazzole sulla griglia. Così, rallentando
nel giro di ricognizione, Clay si presenta al
via ancora in movimento e quando la cor-
sa parte, guadagna parecchie posizioni pre-
sentandosi sulla sua Ferrari alla curva
Grande, in seconda posizione dietro alla
BRMdel connazionale Siffert. Ricordando-
si della scommessa, il ferrarista tira una
staccata al limite sopravanzando il batti-
strada e vincendo la bottiglia in palio.
D, COME DELUSIONE
E’ l’11 settembre 1983, quando in pole posi-
tion parte il nostro Riccardo Patrese al
volante della Brabham BT52 spinta dal
potente turbo BMW. Prima della gara, il
team chiede al padovano di dare una mano
a Nelson Piquet, suo compagno e prima
guida in lotta per il mondiale, che parte solo
in 4^ posizione. Patrese si rifiuta, volendo
ben figurare nella gara di casa. Morale: la
corsa dell’italiano durerà solo due passag-
gi causa rottura del motore, mentre Piquet
vincerà la gara. Decisamente amaro il Gran
Premio del 1999 per il finlandese Mika
Hakkinen, che scatta dalla pole forte di una
McLaren-Mercedes che fa il vuoto sin dal-
le prime battute. Ma la marcia trionfale del
battistrada, a caccia del secondo titolo
mondiale si arresta improvvisamente al
30° passaggio, quando nell’affrontare la
prima variante, Hakkinen inserisce lamar-
cia sbagliata, s’intraversa e finisce fuori
pista. Una volta uscito dalla vettura, il fin-
nico getta a terra i guanti e corre verso il
bosco, dove gli occhi indiscreti della TV e
l’obiettivo del fotografo Ercole Colombo, lo
scovano in preda ad una crisi di pianto.
I, COME ITALIA
Il 4 settembre 1966, è rimasta una data sto-
rica per i colori italiani a Monza. Il torine-
se Ludovico Scarfiotti firma il successo al
volante della Ferrari 312 F1, grazie anche
ad un ottimo gioco di squadramesso in atto
dal compagno , l’inglese Mike Parkes. A 14
anni dal trionfo di Alberto Ascari su Ferra-
ri, un altro italiano torna sul gradino più
alto del podio nel G.P. d’Italia. Da allora,
nessuno pilota tricolore riuscirà più ad
affermarsi nel G.P. di casa. L’ultima pole
position firmata da un italiano, risale inve-
ce al 1986, quando il milanese Teo Fabi
sigla il miglior tempo in qualifica con la
Benetton B186, spinta dal motore BMW.
J, COME JELLA.
Solitamente si tende a nominarla il meno
possibile, onde farla comparire, ma è diffi-
cile sintetizzare con un'altra parola quanto
accaduto alla Ferrari nel Gran Premio del
1995. Al 32° giro, mentre le 412T2 sono al
comando ed i ferraristi sognano la doppiet-
ta, in prossimità della variante della Rog-
gia, accade l’incredibile. Dalla rossa guida-
ta dal francese Jean Alesi, si stacca la mini-
telecamera montata sul profilo laterale del-
l’ala posteriore, che come un proiettile cen-
tra in pieno la sospensione anteriore della
Ferrari del compagno Gerhard Berger. Per
l’austriaco gara finita e tanta paura. Per
Alesi invece continua la cavalcata in solita-
rio verso il traguardo. Troppo bello per
essere vero. A 7 tornate dal termine, un
cuscinetto della ruota posteriore andato in
fiamme costringe il transalpino ad un ama-
ro ritiro. Vincerà l’inglese Johnny Herbert
su Benetton, al suo secondo trionfo in F.1.
K, COME KAISER
Ovviamente il titolo imperiale teutonico, si
riferisce al sette volte iridatoMichael Schu-
macher. Il tedesco è infatti il pilota che con-
ta più vittorie nel Gran Premio d’Italia: ben
cinque. Il primo trionfo è datato 1996, al
primo anno con la rossa. Seguono poi le
affermazioni targate 1998, 2000, 2003 e
2006. Nella corsa del 2003 a bordo della
F2003 GA, Schumi fece registrare il record
della media in gara, 247,585 km/h.
M, COME MONDIALI
Sono ricordi indelebili i mondiali vinti dal
Cavallino a Monza. Su tutti citiamo quelli di
Lauda e Scheckter. E’ il 7 settembre 1975
quando Niki Lauda su Ferrari 312T, grazie al
3° posto dietro a Fittipaldi e al compagno
Regazzoni, riporta il titolo iridato aMaranel-
lo, 11 anni dopo quello di Surtees. Quattro
stagioni dopo, il 9 settembre 1979, il sudafri-
cano Jody Scheckter trionfa davanti all’altra
Ferrati 312T4 del canadese Gilles Villeneuve.
Il Cavallino è di nuovo mondiale.
P, COME POLE POSITION
Il 1982 è uno degli anni più neri per la Ferra-
ri. Alla tragica scomparsa di Gilles Villeneu-
ve a Zolder, si aggiunge il grave incidente che
ad Hockenheim pone fine alla carriera del
francese Didier Pironi. Viene così ingaggiato
un altro francese, Patrick Tambay, purtrop-
po alle prese con problemi cervicali e per il
G.P. d’Italia, Ferrari decide di affiancargli un
valido compagno. La scelta ricade su Mario
Andretti, italo-americano giàpilotadella ros-
sa nel biennio ’71-’72, con la quale vinse
all’esordio inSudAfrica. Andretti varca i can-
celli di Monza a bordo di una Rolls-Royce,
accolto calorosamente dai tifosi del Cavalli-
no e una volta salito sull’ottima 126C2 Tur-
bo, mantiene fede al soprannome di “Piedo-
ne”. Nelle qualifiche del sabato, compie un
giro da manuale, stampando il tempo di
1’28”473 che gli garantisce la pole position.
L’ultima della sua gloriosa carriera.
L’ultima vittoria di un pilota italiano sulla pista monzese risale al 1966 con Ludovico Scarfiotti
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