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so delle prove di quello che venne ufficial-
mente denominato 1° G.P. d’Europa. Cin-
que anni dopo è la volta di Emilio Materas-
si su Maserati, la cui uscita di pista causa
27 morti e 21 feriti. Nel ’33 perdono la vita
ben tre piloti, Giuseppe Campari, Baconin
Borzacchini ed il nobile polacco Stanislas
Czaykowski. Nel 1955, per la precisione il
26 maggio, una tragica e misteriosa uscita
di pista sarà fatale ad Alberto Ascari, men-
tre compie alcuni giri sulla Ferrari 750
Sport dell’amico Castellotti. Drammatico il
G.P. del 1961. Al termine del secondo pas-
saggio, in prossimità della staccata della
curva Parabolica, la Lotus di Clark urta la
Ferrari di Wolgang Von Trips facendola
decollare tra il pubblico assiepato a bordo
pista. Perdono la vita 14 spettatori ed il
campione tedesco. Nove anni più tardi,
mentre si svolgono le qualifiche del sabato,
la Lotus-Ford di Jochen Rindt, vola fuori
pista all’imbocco della Parabolica, causa un
cedimento meccanico. Uno schianto fatale
che non lascerà scampo all’austriaco, a cui
verrà assegnato il titolo iridato postumo.
Nuova tragedia nel 1978, durante le fasi di
partenza, quando all’imbuto della prima
variante si presentano troppe vetture.
Alcune di esse entrano in collisione e ne
scaturisce una paurosa carambola. La
Lotus di Ronnie Peterson s’incendia e gra-
zie al pronto intervento dell’antincendio, il
pilota viene estratto dai rottami cosciente,
ma con alcune fratture alle gambe. Resta
coinvolto nel botto anche l’idolo di casa Vit-
torio Brambilla, che perde conoscenza
dopo esser stato colpito al capo da una
gomma. Se il monzese si rimetterà al più
presto, lo svedese si aggraverà durante il
ricovero a Milano e gli sarà fatale un’embo-
lia grassosa. E arriviamo al 10 settembre
2000, quando dopo la partenza le vetture
giungono lanciate alla Roggia ed entrano in
contatto. Nella mischia volano parti di
monoposto come proiettili. Dalla Jordan
del tedesco Heinz Harald Frentzen si stac-
ca una ruota, comprensiva del gruppo pin-
za-freno e si abbatte su Paolo Gislimberti,
un volontario della CEA in servizio dietro
le barriere. Vani risulteranno i soccorsi
portati dai medici rianimatori.
V, COME VELOCITÀ
E’ sempre stata una peculiarità della pista
brianzola. Il disegno del tracciato con i lun-
ghi rettilinei ha permesso alle vetture di
raggiungere medie elevatissime. Logico
quindi l’appellativo di “Tempio della Velo-
cita’”. Il primo record viene addirittura
stabilito nell’anno di nascita, il 1922.
L’impianto viene infatti costruito in soli
110 giorni, grazie al lavoro di oltre 3.500
operai. Altro primato si registra il 5 set-
tembre del 1971, quando all’ultimo giro si
presentano appaiati sul rettilineo d’arrivo
cinque concorrenti in lotta per la vittoria:
sono gli inglesi Peter Gethin e Mike Hail-
wood, il francese François Cevert, il neo-
zelandese Howden Ganley e lo svedese
Ronnie Peterson. La spunta Gethin su
BRM alla media di record di 242,620
km/h. La cinquina taglia il traguardo rac-
chiusa in un solo secondo. A tempo di
record, è da considerarsi anche il recupe-
ro del campione austriaco Niki Lauda, che
nel 1976 torna in pista a Monza a soli 40
giorni dal terribile incidente occorsogli al
Nurburgring, in cui rimane gravemente
ustionato. I giri più veloci sono invece
detenuti da Rubens Barrichello al volante
della Ferrari. Sua infatti la pole record del
2003, con 1’20”089 ed il giro più veloce
siglato nel G.P. del 2004, con 1’21”046.
Per quanto concerne la velocità di punta,
il colombiano Juan Pablo Montoya ha toc-
cato i 372,2 km/h con la McLaren Merce-
des MP4/20 nel corso dei test privati del
24 agosto 2005; record però non ufficia-
le. Sempre dello stesso anno e con la stes-
sa monoposto, è invece la punta massima
raggiunta dal finlandese Kimi Raikkonen,
che in gara ha fatto registrare i 370,1
km/h.
Juan Pablo Montoya detiene il record di velocità
ottenuto nel 2005 a 372,2 km/h con la McLaren