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Carlo Baffi
Domenica 24 ottobre 1976. Mentre in
Italia sono da poco passate le 5, dall’al-
tro capo del mondo la Formula Uno si
appresta a vivere l’ultimo atto di un cam-
pionato destinato ad entrare nella
memoria degli appassionati. Una stagio-
ne dai due volti, dominata nella prima
parte dalla Ferrari 312 T2 del Campione
del Mondo uscente Niki Lauda. L’au-
striaco conquista cinque vittorie e firma
tre pole; un ruolino di marcia che lo lan-
cia verso la riconferma sul trono iridato.
Ma il 1 agosto nel corso del 2° giro del
G.P. di Germania (10a prova) in pro-
gramma sul temibile Nurburgring, Lau-
da è vittima di un gravissimo incidente,
che lo lascia sospeso tra la vita e la mor-
te per alcuni giorni. Fortunatamente il
ferrarista, che gode di una tempra fortis-
sima, riesce a riprendersi e dopo un mese
torna in pista nel G.P. d’Italia. Nel frat-
tempo però, l’inglese James Hunt ha
recuperato terreno e al volante della
McLaren è ormai divenuto un serio peri-
colo nella lotta al titolo. Da Monza in
avanti, Lauda incamera solo 7 punti in 3
GP, contro i 22 di Hunt, vittorioso in
Canada ed in Usa-Est. Così alla vigilia del
duello finale il vantaggio di Niki è di soli
3 punti: 68 a 65.
MISTICO
FUJI
Il palcoscenico è quello del Gran Premio
del Giappone, in una località carica di
misticismo. Il circuito sorge infatti alle
pendici del monte Fuji, un vulcano alto
3.776 metri, ritenuto un luogo sacro per
gli appartenenti alla religione scintoista.
E’ una sorta di sfida nella sfida, perché
pone di fronte due uomini profonda-
mente divisi dal carattere e dalla filoso-
fia di vita: metodico e calcolatore l’au-
striaco, esuberante e imprevedibile il
britannico. Un “bad boy”, che s’è guada-
gnato il soprannome di “Hunt the
shunt”, ovvero “lo schianto”. Alla vigilia
dello scontro però, i due sono all’oppo-
sto anche nello stato d’animo. Se Hunt è
carico, Lauda è stremato, perché alla
normale stanchezza fisica che accompa-
gna i piloti a fine stagione si sono
aggiunte le conseguenze del rogo al Nur-
burgring (a Monza corre con un casco
particolare per vie delle ferite ancora
aperte). Una condizione non certo idea-
le per sopportare la pressione psicologi-
ca di una lotta al titolo. Al termine delle
qualifiche, disputate sotto il sole, Mario
Andretti firma la pole, seguito da Hunt,
che partirà al suo fianco in prima fila.
Lauda, terzo, è in seconda fila insieme a
Watson. Una situazione che nulla fareb-
be presagire al peggio, invece il destino
è in agguato. Sin dalle prime luci dell’al-
ba, lo scenario è radicalmente cambiato.
Oltre ad essere avvolto in una coltre neb-
biosa, il circuito è battuto da una piog-
gia sempre più fitta e violenta. Un meteo
implacabile che in breve rende la pista
inguidabile, complici i rivoli d’acqua che
si formano su un asfalto che non riesce
a drenare l’acqua. Il warm-up si svolge
regolarmente, con le monoposto che pur
procedendo lentamente faticano a stare
in pista, Jarier, Pace e Stuck finiscono in
testa coda, Larry Perkins distrugge la
sua Brabham-Alfa Romeo alla curva
300R. Lauda non intende prendere
rischi inutili, compie così solo un giro e
rientra. Parla subito con Daniele Audet-
to, direttore sportivo del Cavallino, il
quale interpella subito gli altri piloti cir-
ca la possibilità di non correre. Viene
indetta una riunione col direttore di
gara, dove la maggioranza dei piloti non
intende prendere il via. Lauda ovvia-
mente è tra questi, sa che per correre
sotto l’acqua bisogna far ricorso ad una
determinazione supplementare, visto le
insidie ed i pericoli; e lui è ormai in
riserva.
LA RIUNIONE NELLA
ROLLS-ROYCE
Nel frattempo l’acquazzone s’è trasfor-
mato in un vero e proprio diluvio, tale da
indurre la direzione gara a ritardare di
due ore la partenza. Terminata la riunio-
ne, Lauda si rinchiude in una delle Rolls-
Royce che l’organizzazione ha messo a
disposizione per gli spostamenti dei con-
correnti. Riceve i colleghi ed insieme a
Fittipaldi e Pace, convoca un nuovo
incontro, in cui si chiede l’annullamento
del GP. A questo punto però spuntano i
contrari. Sono due piloti di casa Norita-
ke Takahara e Masahiro Hasemi, seguiti
da Vittorio Brambilla (piede pesante sul
bagnato), Ronnie Peterson, Hans Stuck e
Clay Regazzoni. Si proprio il compagno
di Niki; una presa di posizione che la dice
lunga sul rapporto ormai logoro tra i due
alfieri del Cavallino. E’ presente anche
Bernie Ecclestone, patron della Brabham
e già ai vertici del Circus, il quale sotto-
linea che a breve si chiuderà la finestra
col satellite e che una mancata partenza
comporterebbe problemi di inadempien-
za contrattuale. La soluzione potrebbe
essere quella di prendere il via, al fine di
incassare il premio di partecipazione e
poi di rientrare ai box dopo aver percor-
so poche tornate. E’ d’accordo anche
Hunt, che fin dall’inizio ha dichiarato
alla stampa inglese che i piloti non
vogliono partire. Dunque Hunt sarebbe
disposto a deporre le armi e consegnare
il titolo al rivale, in nome della sicurez-
za? Sarebbe un grande gesto di sportivi-
tà.
Al Fuji nel 1976 andò in scena uno dei più drammatici GP della storia della F.1. Fra le “paure “ di Lauda,
reduce dal fuoco del Nurburgring, e le vendette dei suoi colleghi, la gara si disputò sotto l’acqua dopo
violente discussioni. Anche Regazzoni si schierò contro il compagno di squadra, il risultato fu che da allora si
ruppe il rapporto fra Lauda e il Drake. Ma chi fu il vero colpevole?
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