15 Mag [15:13]
GUIDO IO
A.A.A. chilometri perduti cercansi
Guido Rancati
E come si leggeva nei romanzi d'appendice, facciamo un passo indietro. Neppure troppo lungo, giusto per tornare alla vigilia del primo appuntamento stagionale del Campionato Italiano Rally. Quando i “ragazzi del coro” si dicevano indignati perché qualcuno osava mettere in dubbio che quello che andava a iniziare sulle strade garfagnine sarebbe stato “il campionato più bello del mondo”.
Da allora sono passati solo un paio di mesi, di acqua sotto i ponti non ne è passata mica tanta e la serie che assegna il più importante dei molteplici titoli tricolori a disposizione di chi corre su strada ha archiviato metà degli otto appuntamenti previsti. Senza troppe sorprese, con i tre protagonisti annunciati in fuga. Paolo Andreucci precede di sei lunghezze Umberto Scandola che precede di mezza lunghezza Simone Campedelli.
In attesa che a qualcuno venga l'idea di usare questi numeri per giustificare il proprio entusiasmo verso un campionato che da tempo (quasi) immemorabile non riesce più a fare da trampolino di lancio per chi lo frequenta, altri numeri fanno riflettere. Per dire, i quattrocento e ottanta chilometri scarsi che i piloti in servizio permanente effettivo nel tricolore hanno – nel migliore dei casi – macinato fin qui: i 175 e spiccioli del Ciocco, i 176 e spiccioli del Sanremo, i 30 scarsi della Targa Florio stoppata dopo tre piesse per dare modo a tutti di esternare il proprio cordoglio e i neppure 100 dell'Adriatico.
I cui organizzatori hanno fatto sapere alla vigilia che una buona fetta delle prove sarebbe stata accorciata. E non serve essere particolarmente abili a far di conto per scoprire che Ucci e compagni hanno girovagato dieci giorni con i numeri sulle portiere per affrontare un chilometraggio di prove speciali che avrebbero potuto percorrere in tre giorni. E non può essere una cosa seria, neppure se veramente fosse “il campionato più bello del mondo”.