16 Lug [11:44]
IL PERSONAGGIO
Juho Hanninen, il nuovo “flying finn” cerca spazio
Gli dicono che ha corso e vinto alla Loeb e lui sgrana gli occhi e scuote la testa. Per chiarire che il paragone più ancora che scomodo è esagerato, invita gli incauti a prenderla un filino più bassa. È fatto così, Juho Hanninen. È fatto bene.
In attesa di tagliare il traguardo dei ventisette anni, il finlandese ha tagliato per primo quello del Russia Rally. “È stato un bel fine settimana”, dice a cose fatte. Dopo aver stretto mille mani e firmato qualche decina di autografi. Dopo aver ringraziato Marc Van Dalen per avergli messo a disposizione una Peugeot 207 – la stessa che Patrick Snijers aveva usato a Ypres – molto ben curata e Lasse Lampi per averlo seguito nella trasferta russa. La gioia per un risultato ipotecato fin dal primo tratto cronometrato e consolidato con autorità strada facendo la esprime distribuendo sorrisi e frasi al miele. Senza dare l’impressione di doversi trattenere per evitare di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Anche se c’è da credere che ne avrebbe parecchi.
Non ha avuto una carriera facile il ragazzo della Carelia dell’est. Ha cominciato a sbattersi quando aveva diciotto anni e ancora seguita a farlo. Cercando un volante, un ingaggio, uno sbocco. Ha vinto nelle sue terre e anche su quelle di altri. Pure in Svezia lo scorso inverno, battendo con un’onesta Mitsu, il fenomeno locale – presunto, molto presunto – Patrick Sandell che pure aveva fra le mani una 207. E non è la stessa cosa.
“Sono auto diverse”, osserva. Non aggiunge altro: da qui a poco ritroverà la giapponesona e non è il caso di parlarne male. Del resto, non parla male neppure di quei commissari che lo buttarono fuori nella Grande Corsa di Jyvaskyla per via di un sottotuta non omologato. Anche se spezzarono il suo sogno di salire con una vuerrecì sulla passerella finale davanti all’orribile centro congressi della cittadina finlandese.
Non ha perso le speranze di trovare un posto stabile nella serie iridata, ma sa che riuscire a fare quello che s’era prefissato da ragazzino non è impresa facile. “Noleggiare una top car – fa notare – costa tanto, troppo per me e per i miei sponsor”. Palla lunga e pedalare, allora. Sempre e comunque. Come ha fatto intorno a Vyborg.
Guido Rancati