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13 Ago [19:17]

L'Intervista - Luca Betti

Quelle domeniche da solo in un cortile, a passeggiar... Cercava l’estate, Luca Betti. E l’estate è arrivata, più o meno puntuale. Ma non scorre come se l’era immaginata, come l’aveva programmata.

Niente Madeira e niente Barum, perché?
“La rottura del cambio alla fine della prima tappa del Rally di Bulgaria mi ha di fatto tolto ogni possibilità di vincere il Campionato d’Europa e mi ha costretto a riflettere. Mi sono chiesto se era il caso di continuare a combattere una battaglia ormai persa e ho deciso che era meglio fermarsi un attimo e lavorare per preparare un futuro sempre migliore. E’ vero che, insistendo, avrei ancora potuto finire sul podio continentale, ma, francamente, un seocndo o un terzo posto non era quello che volevo o che avrebbe potuto aprirmi qualche porta: anche in termini economici, solo il primo posto serve a trovare qualche aiuto, a convincere qualche organizzatore ad aprire i cordni della borsa”.

Dopo l’appuntamento nella Repubblica Céca, ne restano altri quattro...
“L’Elpa, in Grecia, non era nei miei programmi e non ci sarò, in compenso sarò certamente sia ad Antibes che al Valais. Per quel che riguarda il Principe de Asturias, mi piacerebbe esserci, ma ancora non ho preso una decisione definitiva: lo farò solo a fine mese, quando tutti io miei collaboratori saranno rientrati dalle vacanze”.

Agosto, rally miei non vi conosco. Quest’anno per te è così.
“In un certo senso, sì. Però, pur se non sto correndo, i rally sono costantemente nei miei pensieri e non solo, visto che gran parte del tempo lo sto trascorrendo nella struttura che ho creato a inizio anno: di cose da fare ce ne sono sempre tantissime e il tempo non basta mai. Siamo una squadra giovane, ma vogliamo crescere e allora anche questa sosta serve a consolidare le basi. Diciamo che per noi è ancora il tempo della semina, poi verrà quello del raccolto”.

A proposito: com’è che ti è venuta l’idea di metterti in proprio?
“Ero un po’ stanco di discutere con squadre e preparatori vari e allora ho pensato di sfruttare l’esperinza accumulata correndo per costruire qualcosa”.

L’hai chiamata Kimera Motorsport, perché?
“La storia è lunga: quando scelsi di correre in modo professionale, da professionista, nessuno in famiglia fece i salti gioia e men che meno mia madre che aveva altri progetti per il mio futuro. Solo che la mia passione era più forte di ogni altra considerazione e così decisi di andare diritto per la mia strada: keeping my road. Quello che era il mio motto mi venne in mente mentre l’atelier e la squadra cominciavano a prendere forma. La kappa, la emme e la erre mi tonzavano in testa e alla fine mi venne in mente Kimera che è un animale mitologico, ma è anche un sogno...”.

Il primo bilancio?
“E’ chiaro che avrebbe potuto essere migliore, però sono abbastanza soddisfatto di quanto abbiamo fatto in pochi mesi partendo da zero. Il biacchiere, insomma, lo vedo mezzo pieno e sono convinto che fra un anno lo sarà. Ripeto: questo è ancora il tempo della semina”.

Guido Rancati

Nella foto, Luca Betti (Photo 4)