Italiaracing.net Magazine - page 32

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SPECIALE
IL CUORE NELLE CORSE - 6A PUNTATA
Dopo una risposta così articolata,
“pensata”, colta – e per quanto mi
riguarda condivisibile – non è facile
procedere. Ma ci provo, sforzandomi
di usare solo termini italiani per non
incorrere nella tua censura, ma pro-
vando ad avvicinare i nostri lettori
meno esperti agli strumenti di “bot-
tega” dell’ingegnere. Che cosa è esat-
tamente, ad esempio, un "banco pro-
va"?
«Un banco prova è essenzialmente un’at-
trezzatura di laboratorio che verifica e
misura un componente mentre funziona in
condizioni reali. Su un banco provamotore,
ad esempio, il motore funziona realmente,
è alimentato dal carburante e genera i gas
di scarico, l’albero di trasmissione è colle-
gato ad un torsiometro (“o freno”) che
misura giri e coppia; in questo modo si
“misura” in laboratorio la curva di coppia e
il consumo di unmotore. Analogamente, su
un banco prova trasmissione si misura la
prestazione del cambio completo di diffe-
renziale e dei semiassi. Altri banchi prova
misurano il rendimento effettivo di interi
gruppi sospensione, ammortizzatori, freni,
frizione, cuscinetti ruota, etc. I banchi pro-
va inoltre permettono di misurare la pre-
stazione di un componente o di un com-
plessivo sottoposto a carichi e movimenti
reali e aiutano a migliorarne l’efficienza
attraverso programmi di sviluppo dedicati;
è tipico infatti studiare su un banco prova
la corretta lubrificazione, il consumo di car-
burante, l’affidabilità sotto carico, gli attri-
ti, i rendimenti meccanici e termici, le
vibrazioni causate da organi in movimen-
to».
Sentiamo spesso parlare di galleria
del vento. Come va usata, e che
dimensioni deve avere per dare indi-
cazioni corrette?
«Mi collego alla risposta precedente: la gal-
leria del vento è in effetti un banco prova
del campo aerodinamico. Esistono gallerie
del vento in scala naturale (cioè 1:1 ) che
misurano la resistenza e la deportanza della
macchina reale; in generale le gallerie del
vento permettono di riprodurre, in varie
scale, il campo di moto dell’aria intorno ad
un corpo. La scelta della scala è dettata da
considerazioni economiche non solo dei
costi di installazione (al crescere della scala
aumentano la dimensione del fabbricato, i
servizi accessori di movimentazione e la
potenza necessaria del motore) ma anche
dei costi di gestione (riproduzione dei det-
tagli, entità dei carichi aerodinamici gene-
rati dal flusso d’aria sul modello, vibrazioni
e deformazioni, costi di produzione dei pez-
zi sperimentali). I costi e i ricavi, in termini
di migliorate prestazioni, e del budget
disponibile in base al contesto di un cam-
pionato più o meno competitivo, determi-
nano la scelta del tipo di impianto».
Hai accennato all’inizio all’impor-
tanza acquisita dal computer. Oggi
esistono softare raffinatissimi che
consentono non solo di progettare
macchine e componenti, ma adirittu-
ra di testarli virtualmente. In che
rapporto stanno gli esperimenti nel-
la galleria del vento e la progettazio-
ne al computer?
«La galleria del vento e' uno strumento spe-
rimentale per studiare l'aerodinamica. La
CFD (Fluidodinamica Numerica) e' lo stru-
mento teorico che affianca e completa la
galleria del vento per studiare la stessa
materia. La CFD richiede investimenti
pesanti e continui in tecnologie, ma com-
porta il rischio di tenere gli ingegneri lon-
tani dalla realtà delle cose perché si è ten-
tati di delegare la vera scienza allo strumen-
to. Penso che la galleria del vento sia uno
strumento più sfidante e coinvolgente: una
piccola/media galleria del vento in mano
ad un bravo aerodinamico puo' fare faville.
E' la qualità delle nostre idee che conta;
chiediamoci allora come vengono le idee?
Davvero sono nostre le idee o sono unDono
di Qualcuno al di sopra di noi, di cui siamo
umili custodi e responsabili? Se l’idea fa la
differenza, davvero investiamo il nostro
tempomigliore per allenarci a riconoscerle,
a considerarle, a rispettarle, a condividerle,
a vagliarle con discernimento? ( vedi il
vocabolario alla fine di questo capitolo). La
forma sviluppata emigliorata in galleria del
vento o studiata con la Fluidodinamica
Numerica è poi passata ai progettisti per
verificare gli ingombri, la smontabilità,
l’abitabilità del pilota, il rispetto del rego-
lamento, la robustezza etc.. Questo proces-
so è iterativo, cioè il progettista interagisce
con l’aerodinamico e il veicolista, i respon-
sabili della produzione, degli acquisti. Qui
è il segreto del successo di un’azienda del
nostro settore: quanto più sincera, diretta
semplice e anticipata nel tempo è l’iterazio-
ne tra gli esperti dei vari settori, tanto
migliore è la prestazione finale e minori i
costi totali del progetto.
Hai citato la CFD, dandocene già una
breve illustrazione. Cosa si nasconde
dietro l’altra sigla FEM, e come fun-
zionano nel dettaglio queste tecnolo-
gie?
«Speso dietro l’uso di acronimi di uso
comune si nasconde l’ignoranza del signi-
ficato. Cosa si cela dietro DVD e Wi-Fi?
CFD è l’acronimo di “Computational Fluid
Dynamics”, in Italiano si traduce Aerodina-
mica Computazionale: si tratta di una gal-
leria del vento virtuale. Sia la superficie del
corpo tridimensionale sia il campo di moto
intorno ad esso sono riprodotti al calcola-
tore tramite una “mesh”, o griglia, costitui-
ta da centinaia di milioni di celle; data la
mesh, il calcolatore provvede a calcolare
per tutto il volume circostante al corpo i
valori di velocità e pressione. La CFD si
affianca quindi alle misure sperimentali
condotte in galleria del vento: permette una
visualizzazione estremamente dettagliata
dei calcoli, evidenzia dettagli da studiare e
aiuta nella ricerca di soluzioni migliori.
Ovviamente la qualità dei risultati dipende
dalla qualità della “mesh” e dalla bontà del-
le ipotesi sui vincoli (definizione della scia
e delle singolarità anche transitorie ).
FEM significa “Finite Element Modeling”,
cioè lamodellazione ad elementi finiti di un
corpo. Parente del FEM è il FEA, “Finite
Element Analysis”, l’analisi agli elementi
finiti che in Italiano traduciamo semplice-
mente come Calcolo Strutturale. Dato il
modello a elementi finiti, cioè la suddivisio-
ne di un corpo in milioni di piccoli solidi
elementari quali cubi e tetraedri, il calcolo
strutturale applica vincoli e distribuzioni di
forze e coppie esterne, derivate dall’espe-
rienza o da misure sul campo e calcola la
sollecitazione (propriamente “lo stato di
tensione”) in tutto il corpo oggetto di stu-
dio, e valuta la eventuale criticità di alcuni
dettagli della sua geometria. E’ fondamen-
tale condurre questa valutazione prima di
costruire un pezzo nuovo o modificare un
componente esistente. In questo modo, se
il modello è descritto bene e se i vincoli e i
carichi esterni sono realistici e precisi, il
componente è dimensionato in modo otti-
male»..
Quali sono i margini di errore di que-
ste tecnologie?
«Albert Einstein ripeteva spesso a sé ed ai
suoi colleghi che “tutto dovrebbe essere
reso il più semplice possibile, ma non più
semplice”. La qualità dei risultati dipende
in ultima analisi da noi stessi e dalle ipotesi
che adduciamo per descrivere o modellare
la realtà; spesso gli ingegneri con scarsa
esperienza ed i dilettanti credono ai risul-
tati senza ponderare le ipotesi costitutive,
e incolpano il software di errori e scarsa
precisione. Ho spesso visto e usato modelli
semplici che colgono meglio l’essenza del
fenomeno e producono risultati più precisi
de quelli generati da modelli complessi ma
semplificati in modo sbagliato. Modelli
costruiti da tecnici inesperti che hanno eli-
minato il cuore del problema e hanno spre-
cato tempo nei dettagli».
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