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FORMULA 1
TALENT SCOUT
Marco Zecchi
Ho conosciuto Daniel Ricciardo a Perth, in
Australia, città dove sono cresciuto. Amici
comuni, mi parlarono del signor Joe Ric-
ciardo che aveva un figlio che correva in
kart, un vero fenomeno suggerivano. Gli
stessi amici mi organizzarono un incontro
a casa di Joe Ricciardo, vero appassionato
di corse e di Ferrari, affinché lo potessi
conoscere e dargli qualche consiglio sul
futuro agonistico del figlio. Il padremi par-
lò della carriera di Daniel in Australia e
onestamente il livello del karting era ed e
ancora un po’ lontano rispetto all’Europa.
Mi disse poi, che l’anno successivo Daniel
avrebbe corso nella Formula BMW Asia e
mi chiese cosa ne pensassi. Difficile dare
una risposta su due piedi, ma visto il costo
e il numero di gare, di cui una concomitan-
te con la F.1 a Sepang, pensavo che fosse
una buona idea anche perché se arrivava
nei primi tre del campionato, poteva acce-
dere alle Finali BMW a Valencia. Nel 2006
il rapporto tra me e la famiglia Ricciardo
iniziò ad aumentare, Loro mi informavano
sui risultati di Daniel e via dicendo. Quel-
l’anno seguivo Robert Doornbos, terzo
pilota alla Red Bull. Alla gara della Male-
sia, Daniel si era qualificato non bene per
problemi tecnici. La gara si svolse sul
bagnato e la vidi dal box della Red Bull, con
il Dott. Marko. Daniel fece una mega
rimonta arrivando terzo. Nel campionato
si piazzò terzo e a Valencia, con un team di
medio valore, arrivò in finale e concluse
quinto.
L’ACCORDO MANAGERIALE
CON LA FAMIGLIA
Durante l’inverno feci un accordo di mana-
gement con Joe Ricciardo per seguire
Daniel in Europa. Non e mai facile la con-
vivenza con i genitori di un pilota, ma chia-
rimmo subito le cose ed io insistetti per
fare correre Daniel nel campionato Italia-
no di Formula Renault 2.0 perché in quel
momento era senza ombra di dubbio la
prima serie nazionale al mondo di maggio-
re qualità, mentre il Padre di Daniel voleva
farlo correre in Inghilterra, una malinco-
nia che hanno gli australiani… Fece quindi
un test con RP Motorsport e andò subito
forte ripetendosi anche nelle prove succes-
sive. Alla fine, Joe mi diede ascolto e con
un budget minimo trovammo un accordo
con la RP Motorsport, dove da tempo
conoscevo l’ingegnere di pista e sapevo che
era un ottimo elemento. Daniel dall’Au-
stralia si trasferì tutto solo a Vidigulfo,
ridente località nell’hinterlandmilanese. Il
team trattò Daniel inmaniera impeccabile,
mettendogli a disposizione tutto quello
che potevano. Ho trovato nella mia carrie-
ra poche squadre nelle formule minori in
grado di avere così tante attenzioni per il
proprio pilota. Intanto, con i mezzi a
disposizione non certo paragonabili ai top
team, Daniel cominciava ad andare vera-
mente forte. In quel anno in Formula
Renault Italia c’erano diversi piloti Red
Bull…
L’AVVICINAMENTO
ALLA RED BULL
Partiamo dal presupposto che sapevo sin
dal primo incontro che Ricciardo era spe-
ciale, quindi feci tutto quello che era nelle
mia facoltà per piazzare Daniel in un Dri-
vers Academy. Red Bull certo, ma all’epoca
c’era anche Toyota molto attiva con i gio-
vani e altre realtà che potevano garantire
un futuro agonistico per lui, anche perché
la famiglia e i pochi sponsor non potevano
sopportare un altro anno di investimenti.
Il padre fu chiaro su questo punto. Parlai
con Toyota, ma mi sembravano troppo
“fenomeni”, quindi iniziai a lavorare per
cercare di far entrare Daniel nell’orbita
Red Bull, sebbene molti manager o pre-
sunti tali mi sconsigliarono questa strada,
dicendo che Red Bull ad un certo punto
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