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FORMULA 1
LA CRITICA
UNA SUPERIORITÀ ARTIFICIALE
Partiamo, e non poteva essere altrimenti,
dal caso Red Bull. Da anni vince, anzi no,
domina la scena e tutti a tessere le lodi della
monoposto del “bibitaro” austriaco e di quel
geniacciodi AdrianNewey, il progettista più
pagato e tra i più creativi della storia della
F.1. Ma è tutta gloria quella che circonda il
poker iridato di Vettel e delle sue “RB”, o c’è
dell’altro? Sul fatto che leRedBull delle ulti-
me stagioni siano state le migliori macchine
del lotto non ci sono dubbi, molte perples-
sità sorgono invece sul come si siano potute
imporre per tanti anni di fila. Newey, lo
ripetiamo, è uno dei migliori progettisti di
tutte le epoche, senza dubbio il numero uno
dei tecnici in circolazione. Un progettista
che sa sfornare soluzioni vincenti ogni anno
e, cosa non trascurabile, sa far crescere le
sue creature senza soluzione di continuità,
apportando significative modifiche ad ogni
gara, cosa che ad esempio non accade in
casa Ferrari, dove ad ogni Gran Premio ven-
gono testati nuovi pezzi, ma quelli che poi
funzionano veramente sono un numero esi-
guo. Ma Newey, è doveroso sottolinearlo, in
questi anni è stato anche aiutato da un “for-
mat” che sembrava fatto apposta per esal-
tare le doti della Red Bull, da regole talvolta
miopi, più spesso poco ponderate, che han-
no portato ad una vera e propria dittatura
tecnica delle monoposto austro-inglesi.
Regole che hannomonopolizzato l’attenzio-
ne dei tecnici sulla componente aerodina-
mica, ed inparticolare sulla parte posteriore
della monoposto, alla ricerca di una depor-
tanza che è diventata l’obiettivo primario
dei progettisti. E’ stato così fin dal 2009, da
quando cioè la Federazione ha rimescolato
le carte, imponendo la grande ala anteriore
a tutta larghezza, la riduzione di quella
posteriore e il ritorno alle gomme slick. In
rapida successione abbiamo avuto il doppio
diffusore del 2009, l’assetto “rake” del 2010,
gli scarichi “soffiati” del 2011, e lo sfrutta-
mento dell’effetto Coanda di queste due
ultime stagioni. Tutte soluzioni che, lo ripe-
tiamo, hanno riguardato il fronte aerodina-
mico e, in particolare, l’asse posteriore della
monoposto dove, con vari artifici, era pos-
sibile recuperare una spinta verso il basso
simile a quella che si aveva ai tempi delle
famigerate minigonne. Il tutto sotto lo
sguardo compiacente della Federazione
che, pur rendendosi conto della cosa, non è
intervenuta o è intervenuta solo con piccoli
aggiustamenti, e i risultati sono sotto gli
occhi di tutti. Ora, ha ancora senso parlare
di categoria regina dell’automobilismo
mondiale, se la buona parte della ricerca si
concentra sul fronte aerodinamico, trascu-
rando le altre componenti della monopo-
sto? Ha senso parlare di sofisticazione tec-
nica se tutto si riduce ad una mera sfida tra
uomini delle gallerie del vento? Tra un
ristrettissimo numero di addetti ai lavori?
Probabilmente no, ma tant’è, per anni si è
andati avanti così, salvo poi rendersi conto
che nel 2014 la questione scarichi verrà
azzerata dall’ubicazione di questi ultimi alla
base della presa d’ariamotore. Cosa che, per
la cronaca, in GP2 accade da tempo imme-
morabile. Peccato che nessuno se ne sia
accorto, dando vita a quattro stucchevoli
edizioni del mondiale che, sia ben chiaro,
Vettel e la sua Red Bull hanno strameritato,
ma non hanno certo contribuito ad incre-
mentare la popolarità della Formula 1.
Anzi....
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