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SPECIALE
IL CUORE NELLE CORSE - 8A PUNTATA
di Indy è semplice, negli anni sempre uguale
a se stesso: gli attori, cioè i piloti, gli ingegne-
ri e il pubblico stesso, cambiano nel tempo
ma di questo Mito sono ministri, cioè servi-
tori. Rutherford, Unser, Foyt, Andretti, Par-
nelli Jones, Mears, e tanti altri piloti pluri-
vincitori della 500 Miglia, quando a India-
napolis camminano nei garage non cercano
le inquadrature delle telecamere, ma sono
timidi testimoni del loro incontro con la glo-
ria e la morte».
Esistono, fra Europa e Usa, anche due
modi contrapposti di a la interpretare
l’engineering motoristico?
«Rispetto ai circuiti europei, i circuiti ame-
ricani sono più sconnessi, la manutenzione
dell’asfalto e delle strutture è più approssi-
mativa: per questo gli ingegneri nelle gare
americane lavorano di più sugli ammortiz-
zatori, sulle regolazioni meccaniche, sull’af-
fidabilità, sulla riduzione degli attriti e sul
raffreddamento piuttosto che sui dettagli
dell’aerodinamica. Gli ingegneri ed i mecca-
nici americani hanno un rapportomolto for-
te con i propri piloti i quali sono realmente
parte del team senza finzioni e senza artifici
perché gareggiano per numerosi anni nello
stesso team e frequentemente restano nelle
officine a scherzare con i meccanici e ad
accogliere i visitatori occasionali».
Il recente film di Ron Howard,
“Rush”, è il tributo di un regista holly-
woodiano ad una categoria in fondo
poco popolare negli Usa come la For-
mula 1. Vorrei sapere se il filmti è pia-
ciuto e se ne hai tratto qualche consi-
derazione sull’argomento.
«Sì, il filmmi èpiaciutoperché coglie il cuore
delle corse, che è per me la sfida tra uomini.
Il film mi è piaciuto perché offre pochi o
minimi cenni al budget, al motore o alle
gomme, all'aerodinamica o alle sospensioni,
tutti aspetti tecnici che scolorano nel tempo.
Solo le imprese degli eroi muovono e com-
muovono, al di là del fatto di guidare una
McLaren o una Ferrari (con buona pace di
Enzo Ferrari).
Il successo di Dallara negli usa è inve-
ce la prova che fra i due mondi ci pos-
sono essere rapporti profondi e profi-
cui:cispieghicomeènataeincosacon-
siste la “chimica” fra Varano e gli Sta-
tes ?
«La chimica del nostro successo? La profon-
da convinzione che la stima viene prima degli
affari. Se, per forzareunbuonaffareper tema
cattivo per la controparte, svendi la stima, in
un sistema chiuso e limitato quale la comu-
nità delMotorsport e all’occasione successiva
sei messo fuori dal giro. Forse gli Inglesi di
Lola, Reynard e GForce erano visti con il pre-
giudizio timoroso dei coloni verso gli impe-
riali dominatori di Sua Maestà Britannica,
certo è che noi di Dallara ci siamo sempre
messi al livello dei nostri clienti e talvolta
anche un po’ sotto. In quindici anni di gare
americane, di fronte alle scelte più delicate,
ho sempre chiesto a me stesso: questa deci-
sione alternativa è nell'interesse della comu-
nità IndyCarnel lungo termine?Se la risposta
era positiva, anche se la strada comportava
vantaggi inferiori perDallara, hosempreade-
rito con convinzione e il tempo ha pagato con
una misura “piena, scossa e traboccante”
come si recita canta nel Salmo. A questo pro-
posito vorrei confrontare le due teorie econo-
miche del prezzo, il “prezzo di mercato” e il
“giusto prezzo”. La teoria del “prezzo di mer-
cato” vale per prodotti di massa in mercati
aperti o in forte espansione, in cui non cono-
sci personalmente il tuo cliente e il tuo cliente
non conosce il prodotto bene quanto te: pen-
siamo ad esempio a prodotti come un televi-
sore, un telefono, una lavatrice o un personal
computer. In questo tipo di mercato devi lot-
tare per il fatturato, i volumi, rinforzi il mar-
chio, combatti i concorrenti e solleciti i forni-
tori per cercare un vantaggio competitivo in
un oceano di prodotti simili; qui il prezzo è
basato sullapercezionedel valoredapartedel
cliente e per migliorare questa percezione fai
leva sulmarchio. La teoria del “giustoprezzo”
si applica invece inmercati limitati o indecre-
scita. Le domande fondamentali per ricono-
scere inqualedei due contesti si trovi ilMotor
Racing sono due e molto semplici: “Conosci
personalmente i tuoi clienti?” e “Il tuo cliente
conosce il prodottomeglio di te?”. Nell’ambi-
to del mercato a “giusto prezzo” il fornitore
non sfrutta, ma rispetta il cliente: pensiamo
all’artigiano di “Madame” nel suo “atelier” a
Parigi nel ‘700 o a Michelangelo che nel ‘500
dipingeva la Cappella Sistina per il Papa. Io
vedo il Motor Racing come un mercato per
cui per lo più vale la teoria del “giusto prezzo”
perché le macchine da competizione non
sono prodotti di massa, perché i fornitori
conoscono personalmente i clienti (“le squa-
dre corse”) e perché i clienti conoscono il pro-
dottocomeepiùdelfornitoreperchésololoro
usano in pista le macchine da corsa.
Daqui discende che secondomeDallara èpiù
simile all’artigiano nel suo atelier che ad una
fabbrica. Così Dallara oggi come l’artigiano a
Parigi nel ‘700 che lavorava nell’atelier a
fianco del palazzo, fa damoderatore del con-
sumo eccessivo, decide le piccole scorte
tenendo conto della realtà della propria
clientela che conosce molto bene e personal-
mente. Nel definire il prezzo, l’artigiano
segue il concetto di "giusto profitto", per
sopravvivere con dignità e lasciare in eredità
ai figli l’attività; non può seguire la teoria del
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