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SPECIALE
IL CUORE NELLE CORSE - 8A PUNTATA
Cerchiamo allora anche noi, per quanto
possiamo, di sfrondare e di liberare il cuore
dalla tecnologia inutile che brucia il nostro
tempo personale in videogiochi e altri pas-
satempi passivi. I benefici di questo spirito
di “partecipazione”, poco comprensibile
per noi europei, sonomolteplici: lo sponsor
vede la macchina inquadrata in televisione
e ne è contento; il pubblico celebra il mito
dell’ “underdog” , dell’ “outsider” che tal-
volta vince e comunque sempre convince;
il pilota e la squadra tutta dimostrano spi-
rito combattivo “against all odds where
every position counts” perché al termine
delle gare americane tutte le posizioni dan-
no diritto a dei punti! Questo messaggio
penetra positivamente nello spirito dello
spettatore americano perché conferma la
parte ottimista della nostra realtà quotidia-
na: nelle gare automobilistiche, così come
nei film americani, non ci si arrende mai:
la gara è contro se stessi per fare il meglio
data qualunque circostanza e nonostante
gli ostacoli che tutti prima o poi incontria-
mo. Ti confesso che in quindici anni di cor-
se americane non ho mai visto nessuno, sia
davanti sia dietro le telecamere, gioire se e
quando l’avversario si ritira. Al calare della
bandiera a scacchi ciascuno ha fatto il pro-
prio meglio e su questo è misurato nel pun-
teggio e nella considerazione dei tifosi; una
vittoria in cui l’avversario si è ritirato non
è una vittoria piena e il valore di una vittoria
è determinato dal valore dell’avversario…A
me, questa mentalità di misurarsi con se
stessi e non contro qualcun altro piace tan-
tissimo e ne abbiamo già parlato nelle pun-
tate precedenti: se sprechi energia e pen-
sieri ad odiare il tuo avversario e gioisci del
suo male, sei un misero. E questo vale
anche tra aziende che sprecano energie e
soldi per conquistare, ad ogni costo!, quote
di mercato invece di cercare nuove strade e
sviluppare i propri prodotti».
E, come accennavo all'inizio,
nell'”american way” è soprattutto il
pubblico a godere i vantaggi di una
impostazione diversa delle gare...
«Giungo ora al punto della tua citazione:
chi finanzia, Chi paga il Motor Racing? La
risposta è semplice: il pubblico, chi paga il
biglietto e l’abbonamento alla televisione
via satellite e alle riviste specializzate, chi
colleziona “merchandise” (più prosaica-
mente mercanzia). Se il pubblico finanzia e
paga, allora il pubblico è padrone e Re e il
Re vuole essere divertito dallo spettacolo e
pretende la precedenza. Chi è pagato for-
nisce “servizi”, cioè “serve” e quindi non è
sempre libero di fare quello che vuole e
come vuole. Il Motor Racing è quindi uno
spettacolo che diverte il Re-pubblico e il
pubblico siamo noi. Siamo noi che finan-
ziamo lo spettacolo a cui partecipiamo e lo
finanziamo in modo selettivo acquistando
un prodotto piuttosto che un altro; bibite,
telefoni, automobili, orologi, carburanti.
L’acquisto selettivo degli appassionati di
automobili è guidato ovviamente dagli
investimenti pubblicitari per cui le sponso-
rizzazioni hanno il ritorno dell’investimen-
to degli acquisti: nessuno sponsor fa bene-
ficenza.
Per gli americani questo concetto è più
diretto e palese; per gli europei è più indi-
retto e celato perché in Europa chi fornisce
“servizi” cerca di sfruttare (propriamente
staccare i frutti dall'albero senza pensarci
troppo), di far leva sugli aspetti tecnici dello
spettacolo per caricare lo spettacolo stesso
di suggestioni e quindi vendere i prodotti
derivati. Non vedo tanto una contrapposi-
zione tecnica-spettacolo, quanto un rap-
porto più o meno diretto tra chi fornisce lo
spettacolo e chi paga per goderlo. Da qui
discende un diverso rispetto per il pubbli-
co; si, penso che esista una diversa cultura
del rispetto. Gli Americani sono inclusivi e
sopra tutto rispettano il pubblico: ad esem-
pio hanno una regola che definisce l’altezza
massima delle attrezzature in pit lane affin-
ché la vista dalle tribune non ne sia ostrui-
ta; le tribune sono incredibilmente vicine al
tracciato; i muretti in corsia box a Indiana-
polis sono così bassi che si scavalcano age-
volmente.
I piloti devono partecipare alle “Autograph
Sessions” finché c’è uno spettatore in coda.
Tutte le frequenze di comunicazione radio
tra i piloti e il muretto sono disponibili sul
giornale locale e su Internet. I piloti, al ter-
mine della giornata di prove e qualifiche,
con la tuta da gara vanno nei supermercati
a firmare autografi senza scorta, senza tele-
camere e spiegano semplicemente: “sto
facendo il mio lavoro”. Gli Europei sono
esclusivi, sono attenti al marchio e lo usano
per sopravvalutare la percezione del prezzo
dei prodotti (macchine di lusso, accessori,
profumi, pelletteria e vestiti): hai notato
quanto siano rari i marchi americani nel
settore del lusso? Gli Americani in generale
giustificano la tecnologia solo se riduce il
prezzo dei beni a pari servizi, come è evi-
dente per gli elettro-domestici o “domestici
elettronici”, quali l’aspirapolvere, la lava-
trice, il telefono, la televisione; se questo
non succede, gli Americani non si vergo-
gnano di continuare ad usare quello che
hanno. Per la mia esperienza nel settore
Motor Racing americano, osservo che se a
distanza di cinque/dieci anni si discute la
fornitura di una nuova macchina, gli ame-
ricani pretendono una riduzione di prezzo
e non sempre comprendono i costi aggiun-
tivi legati alla ricerca, alle nuove tecnologie
di progettazione e calcolo, alle procedure di
controllo qualità.
Gli americani non impediscono l'accesso
nel paddock, anzi il biglietto di accesso al
paddock ha un prezzo inferiore a quello di
qualunque tribuna perché dal paddock non
si vede lo spettacolo; gli Europei invece
hanno creato nel paddock delle aree ospi-
talità il cui invito è indice di esclusività e di
prestigio. In America il proprietario dello
Speedway di Indianapolis si mette in coda
al chiosco per comperare in contanti un
“hot dog” nel giorno della gara vestito di
una T-shirt anonima, non per trascuratezza
ma come segno di rispetto perché non vuo-
le porre distanze; inoltre si mette regolar-
mente in coda per imbarcarsi sul charter
che riporta a casa piloti e meccanici dal
Giappone o da Long Beach e si siede a fian-
co di chi capita e con lui parla tranquilla-
mente. In Europa ciò è impensabile.