Michele Montesano
116 anni: questa è l’età complessiva dei tre piloti saliti sul podio del Rally di Montecarlo. Ad abbassare la media, delle oltre 38 primavere, è stato il terzo arrivato Craig Breen grazie ai suoi 31 anni. Infatti, a dominare la scena sulle strade insidiose del ‘Monte’, sono stati i vecchietti del WRC Sebastien Loeb e Sebastien Ogier, che all’anagrafe segnano rispettivamente 47 e 38 anni. Parafrasando il titolo di un film, una domanda sorge spontanea: ma il Mondiale Rally, con le sue vetture ibride, non è un paese per giovani?
Loeb e Ogier: piloti dagli orizzonti più ampi
Vedendo l’evolversi del weekend e la classifica finale, la risposta sembrerebbe scontata, ma forse c’è qualcosa di più. Infatti, sia Loeb sia Ogier vengono da esperienze, più o meno intense, affrontate con vetture a propulsione elettrica o ibrida. Nello specifico, l’alsaziano è uno dei piloti più eclettici in circolazione: basti pensare alla recente esperienza della Dakar sul Buggy realizzato da Prodrive, o ai SUV elettrici dell’Extreme E. Inoltre, Loeb ha preso parte a diverse stagioni del WRX (Mondiale RallyCross), ha vinto la cronoscalata della Pikes Peak con la Peugeot 206 T16 (un prototipo in grado di bruciare lo 0-100 km/h in 1”8), senza tralasciare le partecipazioni alla 24 Ore di Le Mans. Da parte sua Ogier può vantare il test effettuato con l’HyperCar Toyota GR 010 Hybrid, oltre a svariate ore trascorse al simulatore.
Per Loeb (nella foto sopra) quindi le Rally1 ibride non sono state una vera e propria novità: “Non è stato difficile controllare la spinta dell’ibrido, c’è davvero tanta potenza – ha detto il nove volte iridato – te la puoi godere ogni volta che si esce dalle curve lente. Solamente quando non l’hai più a disposizione puoi capire quanto sia la coppia elettrica extra. Alcuni piloti hanno affermato che queste vetture sono più dure da guidare. È vero ma, pur non avendo guidato ultimamente nel WRC, ho trovato subito il giusto feeling.”
Più sopra le righe il commento di Ogier: “Prima del via scherzavamo dicendo che sarebbe stato meglio correre il ‘Monte’ con le R5, le incognite erano tante. L’ibrido somiglia un po’ alla prima volta: molto intenso ma, dopo un secondo, è finito tutto!”.
Esperienza e affidabilità veri punti chiave per la corsa al titolo
Già perché a pesare sul bilancio degli altri piloti è stata proprio la scarsa esperienza in ambito ibrido. A differenza dei campioni francesi, i protagonisti del WRC non hanno avuto modo di cimentarsi in altre specialità. Vuoi per la giovane età, o per essersi focalizzati troppo sulla disciplina del traverso, ma questa trasversalità è sempre venuta meno.
Inoltre, in diversi casi, a fare la differenza è stata l’affidabilità delle Rally1. Sia dal punto di vista meccanico che su quello della novità elettrica, diverse Rally1 si sono mostrate ancora acerbe. Questo sarà uno dei punti cardine su cui si svilupperà l’intera stagione del mondiale. Le vetture però, sono state promosse a pieni voti in ambito sicurezza, basti vedere il tremendo incidente di Adrian Fourmaux e come ha retto la cellula di sicurezza dell’abitacolo (foto sopra).
Breen e Rovanpera i veri contendenti del Mondiale Rally?
È sicuramente troppo presto per dirlo, una gara atipica come il Montecarlo non vale certo come un verdetto definitivo. Ma Breen (nella foto sotto) e Kalle Rovanpera sono stati i primi fra i piloti che affronteranno l’intero campionato. L’irlandese ha dalla sua esperienza e un team focalizzato su di lui. Il terzo posto finale è stato oscurato dalla vittoria di Loeb, ma la sua gara è stata solida. Non correndo sulle strade del ‘Monte’ dal 2018, Breen ha optato per una tattica prudenziale che alla fine ha pagato anche grazie ai guai altrui. Un punto jolly per l’irlandese è quello di aver corso di recente con le vetture R5, più simili a livello di guida e meccanica alle nuove Rally1.
Più tribolato il weekend di Rovanpera. A dir poco traumatizzante l’avvio del giovedì, quando sul Col de Turini è stato surclassato addirittura dalla Citroën WRC2 di Eric Camilli. Il finnico ha lottato con la sua Yaris senza trovare il bandolo della matassa per tutto il venerdì. La svolta, fra il sabato e la domenica, è stata lampante, tanto che Rovanpera ha iniziato a segnare anche diversi scratch e la vittoria nella Power Stage. In Toyota hanno parlato genericamente di modifiche all’assetto, ma il finlandese aveva lamentato anche problemi all’ibrido nelle fasi iniziali.
Con la Toyota Yaris che è apparsa la Rally1 più in forma del lotto, Elfyn Evans (nella foto sotto) è stato il primo a non saper sfruttare il suo potenziale. Seppur velocissimo sulle PS, il gallese non ha perso il vizio di commettere errori grossolani in momenti chiave così come accaduto nelle ultime due stagioni, quando ha buttato alle ortiche due possibili mondiali. L’alfiere Toyota deve cambiare assolutamente approccio e stesura di note, per non rischiare di compromettere anzitempo anche questo campionato.
Greensmith - Fourmaux: il gioco delle coppie
Con il team M-Sport rivitalizzato da una Ford Puma competitiva, anche Gus Greensmith (nella foto sotto) pare stia in procinto di sbocciare. Dopo un 2021 vissuto tutto in salita, l’inglese ha finalmente ritrovato se stesso. Quella vista a Montecarlo è senza dubbio la sua prestazione migliore da quando milita nel WRC. Escluso Loeb, Greensmith è il pilota che ha macinato meno chilometri sulla Puma nel pre-stagione. Ciò nonostante in alcune speciali è risultato più veloce dei suoi compagni di scuderia, tanto da vincere la sua prima PS. Il prossimo obiettivo, quello di salire sul podio, sta diventando sempre più realizzabile.
Come contraltare c’è Fourmaux che rischia di entrare in un loop negativo. Il francese viene da una striscia di incidenti preoccuparti, ben tre in altrettanti rally. In Spagna ha pagato a caro prezzo un taglio, mentre a Montecarlo ha replicato lo stesso errore commesso a Monza, sbattendo prima contro il ciglio della strada per poi essere scaraventato dal lato opposto. È indubbio il suo potenziale, ma Fourmaux rischia di scavarsi un fosso con le sue mani. A dirlo anche il Team Principal M-Sport Richard Millener: “Deve capire che in alcune situazioni deve avere un approccio più misurato, e non cercare di correre al massimo anche dove non ha sufficiente esperienza. Ora servono risultati”.
Hyundai sull’orlo del baratro?
La situazione attuale, in Hyundai Motorsport, non lascia spazio ad interpretazioni. Il team con base ad Alzenau ha avuto una preparazione stagionale a dir poco travagliata. Dopo aver iniziato i test in ritardo, l’uscita del Team Principal Andrea Adamo e, come se non bastasse, la battuta d’arresto causata dall’incidente di Thierry Neuville nelle fasi di sviluppo.
Il verdetto è stato impietoso: la i20N, oltre ad essere stata la Rally1 più lenta, è stata costantemente bersagliata da problemi. Solamente in una PS, grazie a Neuville (nella foto sopra), la vettura coreana è riuscita a salire in cima alla lista dei tempi. Poi una sfilza interminabile di cedimenti, malfunzionamenti e incidenti. Assetto, sospensione anteriore destra e differenziale per il belga. Oliver Solberg, prima di uscire il sabato mattina, è stato rallentato dai gas di scarico che hanno invaso l’abitacolo. Per non parlare di Ott Tanak, costretto a guidare senza l’ausilio del motore elettrico per gran parte del Rally, prima di gettare definitivamente la spugna rallentato da una foratura e da un contatto contro la roccia.
L’indice non può essere puntato sui piloti, anche se magari in questa prima frazione del campionato servirebbe la presenza di una figura esperta come Daniel Sordo anziché Solberg. A mancare è la vettura, oltre ad un uomo di punta in grado di saper indirizzare e motivare il team sia sui campi di gara che soprattutto nello sviluppo della i20N. La reazione deve essere immediata e tangibile già nel prossimo Rally di Svezia, ma i presupposti ci sono?